episodio n. 22
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Xena era agitatissima, molto spaventata dal fatto che, pezzo dopo pezzo, il suo sogno stesse divenendo realtà; camminava nervosamente avanti e indietro per il bosco, prendendo ripetutamente a calci un piccolo ciottolo, mentre sovrappensiero ripercorreva mentalmente le varie tappe del suo sogno, analizzandole fin nel più piccolo dettaglio, alla ricerca di qualche elemento che potesse sbloccarle la strada per risolvere il problema. “ Il mio sogno era esattamente così…”, ripeteva più volte fra sé, quasi come se stesse vivendo in uno stato confusionale; guardò per un attimo verso est in direzione di quei tintinnii metallici violenti e ripetuti e poté intravedere l’uscita del bosco non molto lontana da lei; saranno stati all’incirca tre/quattrocento passi. Nell’osservare quel deserto e spettrale scorcio, reso ancora più abbrutito dalle fronde spoglie dei carpini, un nuovo flashback si impossessò di lei: “…Poté distinguere nitidamente urla, e stridori metallici di spade che si incrociavano: sicuramente oltre il bosco si stava svolgendo una battaglia… Decise di andare a vedere di cosa si trattasse, ma venne subito raggiunta da una donna vestita di pelle che le corse incontro barcollando ed urlando: - Aiuto, aiuto! - Appena la donna arrivò vicino alla guerriera, cadde a terra riversa ed esanime mostrando un pugnale conficcato nelle spalle…” Negli occhi di Xena, che scosse il capo violentemente come per liberarsi da quell’incubo, si dipinse una smorfia di orrore, e cercando volutamente di non pensare al proseguimento del suo oscuro presagio balbettò: - D… devo agire subito! Non posso aspettare che sbuchi dal nulla anche l’amazzone moribonda, rischierei di tardare troppo e ad Olimpia non rimane ormai molto da vivere se questo sogno dovesse tramutarsi interamente in realtà… - con un calcio scagliò definitivamente il sasso in acqua, poi si recò verso la piccola grotta nel quale era rimasta Argo, ma alle sue spalle udì un improvviso ed insistente fruscio, che catturò nuovamente la sua attenzione, ed allertò i suoi sensi. La guerriera fece correre la mano lungo la sua schiena, e strinse l’elsa della sua spada in essa, pronta al minimo accenno di pericolo a sfoderarla; dunque rimase immobile ad aspettare, mentre riusciva finalmente a scorgere qualcosa all’orizzonte.
Anche in quel momento però, le sue aspettative furono disilluse poiché all’orizzonte si faceva strada verso di lei una figura femminile barcollante che passo dopo passo faticava sempre di più ad avanzare, tanto da doversi appoggiare ai tronchi degli alberi per non cadere. Xena osservò la scena atterrita: una figura alta e slanciata, vestita di pelle nera, con amuleti di tipo amazzone collocati lungo la cintura stretta sulla sua vita… non c’erano dubbi: era proprio l’amazzone moribonda. - Oh no! - esclamò Xena guardando con panico la guerriera che si avvicinava annaspando sempre di più a lei.
Xena le corse incontro, e appena le fu abbastanza vicina, la prese tra le braccia, entro le quali l’amazzone si gettò senza più forze, provocando la caduta di entrambe.
- Aiutami! Aiutami te ne supplico… - sussurrò flebilmente l’amazzone che era scossa da profondi tremiti. La principessa guerriera la sollevò spostandola cautamente per accertarsi dello stato della ferita, e solo allora vide il pugnale che l’aveva trafitta alle spalle. “ Questa povera donna stava cercando di scappare quando è stata trafitta: quei codardi l’ hanno colpita alle spalle…”, pensò Xena, mentre constatò che alla malcapitata non rimaneva ormai molto da vivere perché la lama penetratale nel dorso, le aveva squarciato il polmone destro. La guerriera la adagiò delicatamente per terra posizionandola sul fianco sinistro e le sussurrò addolorata: - Mi spiace non poter far altro che assisterti nella tua agonia… la tua situazione è critica… - l’amazzone le sorrise con molta fatica, rassegnandosi così al suo destino.
- Se non puoi far nulla per me salva almeno il mio popolo… - disse con un filo di voce.
Xena le ripulì un fiotto di sangue che le scendeva dalle labbra mentre un improvviso colpo di tosse la colse; poi si soffermò a notare che quell’amazzone era molto bella e giovane, ma anche alquanto inesperta se aveva voltato le spalle al nemico con così tanta facilità, così colma di compassione le disse carezzandole il viso: - Sei un’amazzone giusto? - la donna annuì. - Qual è il tuo nome? -
- Lelia… - fu il sussurro appena percettibile della donna.
- Tu? Chi sei? - le domandò la moribonda affannando, contorcendosi con una smorfia di dolore. - Xena… - le rispose la guerriera.
L’amazzone sussultò tirando un sospiro di sollievo, quindi perfettamente conscia raccolse tutte le sue ultime forze e disse : - Xena: Olimpia è in pericolo! - e cercò con la sua mano la mano della guerriera, desiderando un ultimo conforto. Xena intuì il gesto dell’amazzone così le prese la mano e gliela strinse forte: - Olimpia dov’è ora? Ti supplico dimmi dove si trova! -
- Nella radura: sta combattendo… Tu devi correre! Devi aiutarla o per lei… - ma mentre Lelia stava rispondendole, la morte sopraggiunse, e la giovane, esalando l’ultimo ansimante respiro, si abbandonò completamente ad essa, rilassando i muscoli della faccia ed allentando la presa della mano.
- No… No! Non puoi essere anche tu l’ennesimo pezzo del mio sogno che si realizza… Ti prego svegliati, svegliati! - le disse con le lacrime agli occhi Xena, dispiaciuta dalla sua orribile morte, ma soprattutto con la rabbia di chi sapeva di avere ragione, e la consapevolezza che solo lei poteva aiutare la sua amata, mentre muoveva leggermente l’amazzone nella speranza che fosse solo priva di sensi.
Non molto dopo la guerriera realizzò che ormai tutto si stava compiendo ed osservando le spoglie mortali della donna da lei ricomposte disse: - Non temere Lelia, io corro come il vento per salvare la donna che amo… Non voglio vederla fare la tua atroce fine… Olimpia vivrà… - Ma nel più profondo del suo cuore, lo spavento e l’apprensione per Olimpia si facevano sempre più strada perché Xena era ormai ossessionata dall’ultima parte del sogno: quella in cui Olimpia veniva trafitta da Cinno, e disperata realizzò: - Non ho più molto tempo ormai! Olimpia sta per morire, non posso permettere che uno sporco mercante mi porti via la donna che amo! Ho tante cose da dirle, tante domande da porle, voglio dirle che la amo, e ci devo riuscire! Stavolta neppure il tempo mi batterà! -
La donna quindi, rientrò frettolosa nel rifugio, entro il quale legò Argo alle radici aeree di un albero; prese qualche ampollina di medicinale dalla bisaccia, e si rimise la mantella indosso, perché la pioggia aveva ricominciato a scendere abbondante.
- Amica mia, sta buona qua mi raccomando: non uscire allo scoperto per nessun motivo! - parlò Xena alla cavalla carezzandole teneramente il muso in segno di congedo. Argo nitrì come per incitare Xena a sbrigarsi. - Si, hai ragione: vado a riprendermi Olimpia! Lei tornerà con noi te lo prometto, e potrete ancora farvi i dispetti a vicenda… perché so che nonostante le vostre scaramucce tu e lei siete molto legate! - Argo per tutta risposta leccò affettuosamente la mano che sfiorava delicatamente la sua criniera, poi nitrì nuovamente. Stavolta Xena le rispose con più decisione: - Vado! - e si apprestò ad uscire dal meandro, rivivendo immediatamente un ultimo flashback: “ L’uomo alto e robusto, lanciò un fendente con la sua spada, Olimpia lo scansò, ma perse l’equilibrio cadendo in ginocchio, e perdendo la spada con la quale stava lottando; cercò ancora di difendersi afferrando una spada infilzata nel terreno che tirò con molto vigore, ma il guerriero, era così forte che la disarmò in un attimo. Ebbe l’idea di tirare il chackram per soccorrere la sua amica; fece dunque correre la mano lungo il fianco, ma non lo trovò appeso alla sua cintola, ed immediatamente si ricordò che era rimasto nella bisaccia di Argo…”
- Eh no, stavolta non mi faccio fregare! - esclamò Xena che tornò immediatamente nel rifugio e prese il chakram, che effettivamente aveva dimenticato nella bisaccia di Argo.
Corse poi con molta fretta verso l’uscita del bosco, sistemandosi meglio che poteva il chackram alla cintola, mentre nel suo cuore che batteva all’impazzata, più dall’ansia e dallo spavento, che dalla fatica della corsa, si cominciò ad illuminare la tenue speranza che sarebbe riuscita a salvare Olimpia, speranza che diventava sempre più concreta ad ogni passo che percorreva.

ATTO 2

Lo scontro tra la regina amazzone ed il rude guerriero era furioso e cruento: entrambi combattevano senza risparmio di energie, mentre tutt’attorno vi era solo la desolazione. Paradossalmente Olimpia e Cinno erano rimasti gli unici due contendenti a lottare ancora, mentre tutto il resto era solo morte.
La fatica di Olimpia nell’attutire o parare i colpi del suo terribile avversario fu sempre maggiore, a mano a mano che aumentava la fatica, finché non sentì che le sue gambe stavano per cedere, ma doveva continuare: non poteva permettersi di abbassare la guardia nonostante fosse allo stremo. La pioggia battente la bagnava procurandole talvolta dei brividi di freddo, mentre la sua frangetta biondo dorato le cascava pesantemente umida, sulla fronte candida. - “Devo farcela per le amazzoni… per Xena… per me!” - pensò tra sé Olimpia, incrociando nuovamente a mezz’aria la sua spada con quella di Cinno, per difendersi dai suoi micidiali attacchi.
Anche il terribile guerriero cominciò ad un tratto a dare i primi segni di stanchezza, regalando alla sua avversaria un paio di occasioni per chiudere il duello, occasioni che naturalmente Olimpia non seppe sfruttare a suo appannaggio a causa dell’inesperienza. Ciò che però più colpì Cinno fu la tenacia della piccola e fragile avversaria che, nonostante la sua gracilità, nonostante i numerosi graffi e lividi procuratigli dalla lotta e le condizioni ambientali avverse, stava battendosi per la libertà; ciò destò molto stupore nell’uomo, tanto che quasi gli dispiaceva in cuor suo dover eliminare un’avversaria così caparbia e volitiva.
Improvvisamente però, complice la pioggia battente che si frangeva al suolo con tonfi pesanti, ignaro del pericolo, Cinno fu colpito alle spalle da una donna che sopraggiunse in picchiata su di lui, con passo svelto e felino. Non avendo altre armi al di fuori che un pugnale, la donna riuscì solo a ferirgli un braccio.
Cinno dolorante si voltò verso la donna, guardandola furioso negli occhi, mentre si reggeva il braccio con l’altra mano. Si spostò quindi leggermente e lasciò la visuale scoperta ad Olimpia, che poté vedere chi la stava aiutando: era Tara.
La regina le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine chiedendole sorpresa: - Tara, come mai sei tornata indietro? - ma la gratitudine scemò quando l’amazzone le si rivolse implacabile dicendo: - Non credere che ti abbia salvato per rispetto del tuo rango. Questo animale è mio ed io devo vendicare la morte della mia Artemia! - la voce di Tara era piena di disprezzo nei riguardi di entrambi.
Cinno, che nel frattempo aveva strappato un pezzo di stoffa dalla veste di un’amazzone morta pochi passi più in là, tentò di tamponare alla meglio la ferita, poi si parò dinnanzi a Tara, guardò prima in direzione dell’amazzone, poi della regina dunque disse arrogante: - Regina amazzone, hai appena guadagnato qualche attimo di vita in più. Pura formalità però: il tempo di schiacciare questo minuscolo insettino e poi sono di nuovo tutto tuo! - rise spietato, facendo roteare abilmente la spada a mezz’aria e puntandola contro Tara.
- Va via da lì Tara: è un suicidio! - le gridò Olimpia.
- Sta zitta! Io non prendo ordini da te! - le intimò Tara scagliando il pugnale in terra.
Cinno allora iniziò il combattimento tirandole un fendente che Tara molto abilmente riuscì a parare; con uno scatto l’amazzone guizzò fuori dalla mira di Cinno e rotolò per terra verso un soldato sul quale appoggiò un piede ed estrasse dal corpo morto una spada.
- Me la pagherai sporca bestia! Ti è piaciuto torturare la persona più importante della mia vita eh? Ti è piaciuto straziarla, frustarla e violentarla vero? Ma me la pagherai bastardo!! Fosse anche l’ultima cosa che faccio in questa vita! - urlò furiosa Tara, scagliandosi contro di lui con una bordata di colpi a destra e manca che Cinno riuscì a scansare a fatica.
- Voi amazzoni siete tutte fuori di senno! I vostri ideali patetici vi rendono vulnerabili e fragili! Ed è per questo che avete bisogno di una bella lezione! - la derise Cinno, cominciando ad attaccarla a sua volta.
- I nostri ideali ci differenziano dalle bestie come voi! - controbatté Tara, e le loro spade si incrociarono all’altezza della gola dei due. L'amazzone fece forza con la sua spada contro quella che Cinno impugnava nel braccio ferito, che lentamente stava cedendo. In questo modo stava accorciando sempre di più le distanze fisiche con il suo avversario, segno che aveva intenzione di finire il duello.
- Tara, non avvicinarti così incautamente a lui! - le urlò Olimpia seriamente preoccupata dalla sua strategia lacunosa ed irruenta, mentre riprese in mano la spada, pronta a combattere per difendere anche quella donna così ingrata nei suoi riguardi.
- Sta zitta tu! Me la cavo benissimo da sola! - le ripeté Tara, che sentiva di avercela quasi fatta, ma in una fulminea frazione di secondo, la situazione si ribaltò, e Cinno che sembrava stesse soccombendo, si liberò dalla presa dell’amazzone puntando saldamente i piedi in terra e spingendo contro lei con tutte le forze rimastegli. La spinta fu così forte che Tara cadde subito all’indietro, mentre la spada che la armava volò qualche metro più in là.
- Allora, amazzone, credevi davvero di avermi in pugno? Pensavi sul serio di riuscirmi a sconfiggere da sola? Neanche la forza di dieci donne tutte insieme possono piegarmi! - parlò Cinno avanzando minaccioso verso di lei con la spada puntata alla sua gola. Tara indietreggiava velocemente aiutandosi con le mani e le gambe, finché un masso non arrestò la sua inutile fuga.
- Oh no! Tara!! – disse Olimpia che assisteva poco distante, atterrita alla scena, finché non le ritornò alla mente un flashback: “… Vedeva Tara stringere sul suo cuore, più forte che poteva, la sua amata, quasi come se fosse consapevole che stava per andarsene, ma non voleva lasciarla scappare; ciò le provocò una fitta al cuore.
L’amazzone, disperata, nel frattempo continuava a ripulire dalle numerose macchie rosse il corpo della sua donna, facendo attenzione a non farle prendere freddo; successivamente si tolse il copriabito per avvolgervi la compagna…”
Ed alla fine la regina pensò: “Quanta sofferenza c’è dietro la sconsideratezza dei tuoi gesti, Tara… Tu amavi molto Artemia e per colpa della mia superficialità ti è stata tolta… ti è stata negata la possibilità di vivere una vita felice con la donna che amavi… quanto sei simile a me in questo momento… disperata perché senza la tua guida accanto ti senti smarrita e sola… perché senza Artemia tu sei niente… perché senza Xena io sono niente!”, ed una grossa lacrima bagnò il suo volto, confondendosi con la pioggia, che incessante ed impietosa continuava a precipitare.
“La tua donna si è sacrificata per il popolo amazzone, si è sacrificata perché tu vivessi più a lungo, si è sacrificata perché credeva nella sua regina… La sua regina non la deluderà!”, concluse Olimpia che gettò in terra la spada e guardò verso i due contendenti.
In un gesto di estremo coraggio Olimpia prese a correre dicendo mugugnando soltanto a bassa voce: - Perdonami Xena! -

Cinno era ormai pronto ad infliggere a Tara il colpo di grazia. Il guerriero poteva leggere negli occhi della donna tutta la paura che ella aveva nel sentire avvicinarsi la sua ora, e insaziabile, infierì dicendole: - Visto cosa significa combattere per dei sentimenti e dei valori superiori? Non esiste amore che non sia amore per la guerra per la ricchezza e per il potere! Questi devono essere gli unici ideali di un uomo! E comunque si mi sono proprio divertito a torturare la tua amica amazzone! -
Così dicendo alzò la spada al cielo e senza indugio la sferrò contro la donna indifesa.
Tara chiuse gli occhi sperando che la sua fine arrivasse il più presto possibile senza troppa agonia, ed il suo ultimo pensiero fu per Artemia.
Cinno udì un fruscio proprio accanto a lui, ma fu troppo tardi per capire cosa fosse perché proprio mentre la spada stava per toccare Tara, la lama affondò nell’addome di Olimpia che si frappose fra i due.
- Ahhhh - fu l’unica esclamazione di Olimpia che si ripiegò su se stessa dal dolore, sotto gli occhi sbigottiti di Cinno e quelli esterrefatti di Tara.
Olimpia si accasciò al suolo finendo addosso a Tara che la raccolse prendendola tra le braccia e chiedendole confusa: - Perché l’hai fatto? - Olimpia aveva gli occhi chiusi, il dolore lancinante che provava la stava esasperando, ma non poté fare a meno di rispondere a Tara, quindi riaprendo gli occhi e portandosi una mano all’addome proprio nel punto dove era stata ferita per constatare l’entità del suo taglio, parlò a fatica, ansimando a tratti: - Per… perché Artemia non voleva che tu ti vendicassi! Non era quella la strada che lei avrebbe scelto per te! Artemia sapeva benissimo che questa era una guerra sbagliata, lo sapeva a talpunto che ha sacrificato la sua vita per consentirci un’opportunità in più di vivere la nostra e tu non stai rispettando il suo sacrificio! - le disse, ritirando dall’addome la mano imbrattata di sangue. Cinno che era stato a sentire la conversazione in silenzio stupito dalla situazione, a quel punto intervenne con tono molto ironico: - Oh che valore! Che coraggio regina! Regina amazzone tu sei la regina degli stupidi! Ti sei sacrificata per una donna che ti ha portato rancore ed odio per tutto questo tempo, che ha rifiutato i tuoi consigli preziosi, ed il tuo aiuto fino ad ora! Ed in cambio? Ora sei tu che hai i visceri bucati, non lei! E’ questa quella che voi chiamate potenza dell’amore? Se è così preferisco avere il cuore di pietra piuttosto che le budella a pezzi! - e sorrise cinico. - T…tu non capisci nulla! La tua bocca non è degna di pronunciare neppure, la parola amore! Io avevo un debito d’onore nei confronti della donna che questa amazzone amava… io i miei debiti li saldo sempre! - parlò infervorata Olimpia tentando di rialzarsi sulle sue ginocchia raccogliendo tutte le ultime energie vitali di cui disponeva. - Cosa fai, non alzarti, sta ferma! - le disse goffamente Tara con visibile preoccupazione. Olimpia la ignorò, e dopo moltissimo tentativi invani, finalmente riuscì ad alzarsi: - Comunque Cinno, il duello non è ancora finito! Io non sono morta! Ti ricordo che vinci solo se mi elimini completamente! - tuonò minacciosa Olimpia china sul lato destro del corpo per attutire il dolore che sentiva,mentre il sangue continuava a macchiarle i vestiti.
- Confermi l’ipotesi che mi ero fatto circa la tua stupidità! - la fissò Cinno sbeffeggiandola, per poi continuare: - Ma non vedi che non ti reggi neppure in piedi? Mi basta un soffio per farti crollare! - - Non mi sfidare Cinno, sai che sono un’avversaria piena di sorprese! - disse Olimpia mantenendo lo stesso tono di poco prima. - Come vuoi tu Regina Amazzone, sappi però che avrei voluto risparmiarti, ma se mi costringi a fare la parte del cattivo fino in fondo, allora non ho problemi! Sarà un giochetto per me toglierti di mezzo! - rispose l’uomo turbato interiormente dall’immensa forza di volontà racchiusa in un corpo così debole, stanco e ferito.
- Ma sei uscita di senno? - le disse Tara tirandola per un braccio. - N…no! - le disse Olimpia scotendo leggermente il capo verso destra e verso sinistra, malcelando il fatto che la sua vista si stesse offuscando. - Questo scontro è stato fatto perché solo uno di noi due resti in vita ed io lo so benissimo. Accetto la condizione però ti chiedo di lasciar andare via Tara! - disse poi Olimpia rivolgendo si a Cinno. - E sia! - approvò il guerriero, ripulendo dal sangue la lama della sua spada.
- Regina io… - balbettò confusamente Tara cercando di comunicarle il fatto che sarebbe rimasta con lei, ma Olimpia intuendo tutto le disse calma ma risoluta: - No Tara stavolta si fa come dico io! Va a Beos e vesti il lutto! Vivi una vita serena e felice e cerca di non cacciarti nei guai: è questo che Artemia avrebbe voluto per te! Ed è la tua regina che te lo ordina! -
- Regina Olimpia: grazie per avermi restituito la vita ed una ragione per vivere! - ultimò Tara, inchinandosi in segno di rispetto al rango della sua superiore e pian piano si allontanò, voltandosi solo di tanto in tanto indietro, per vedere come il combattimento proseguisse.
- Avevi più possibilità di cavartela se fosse stata l’altra a combattere regina! - parlò Cinno una volta che Olimpia rimase sola. - L… lo vedremo… - disse affaticata Olimpia, recuperando una lancia conficcata nel terreno, alla quale si appoggiò per qualche istante sentendosi mancare nelle ginocchia.
- Sai perché voi malvagi siete così animali? Perché vi mette in crisi il fatto che al mondo so ci siano tanti “stupidi” come me che cercano di contrastarvi anche a costo della loro vita! E questo vi spaventa terribilmente! - disse Olimpia impugnando la lancia. - E’ finita! - le disse Cinno scagliandosi violentemente contro di lei a spada tratta. Olimpia parò i primi colpi con molta fatica, stando ben attenta a non utilizzare mai la lama della lancia, ma solo il corpo di legno di questa, ma dopo poco a causa del dolore perse ogni sorta di concentrazione e il guerriero ne approfittò per riempirla di calci e pugni con tutta la rabbia che possedeva in corpo perché il contatto con quella persona lo spossava profondamente. Olimpia incassò senza mai controbattere, dato che nelle sue condizioni aveva solo la possibilità di difendersi; sapeva benissimo che non era abbastanza forte per sferrare un ultimo attacco, e questo le fu fatale; Cinno infatti riuscì nel giro di pochissimo tempo a disarmarla.
- E’ giunta la tua ora Regina Amazzone! Stavolta non sarò tanto clemente con te! - disse Cinno avvicinandosi minaccioso ad Olimpia che allo stremo delle forze cadde al suolo, cercando però di rialzarsi celermente: - “Xena, amore mio ho tanta paura e vorrei poterti avere qui con me… sicuramente troverei il coraggio necessario per andare avanti... Una vita senza te è una vita d’oblio e piuttosto che vagare per sempre alla tua ricerca preferisco la morte… Perdonami se non potrò più venirti a cercare per dirti che ti amo e che sono stata una stupida a lasciarti andare… Perdonami se ho gettato al vento i tuoi sentimenti, e non ho dato ascolto al mio cuore… Avrei dovuto capirlo fin dall’inizio che io e te abbiamo cominciato insieme la nostra avventura perché siamo state attratte l’una dall’altra… avrei dovuto capire che il nostro posto era insieme e che il nostro amore era più forte di qualunque ostacolo… invece l’ho capito solo adesso: Perdonami amore mio!” - fu il suo ultimo pensiero. - L’eroismo si paga con la vita! - esclamò Cinno interrompendo il corso dei suoi pensieri, sollevandola con i piedi per terra e facendo presa con una mano sotto al suo mento, mentre si preparò a trafiggere la giovane, che tuttavia ancora si divincolava per cercare di liberarsi dalla presa.

Una radura desolata colpita dalla pioggia battente; alcuni corpi senza vita, riversi nelle pozze del loro steso sangue; due figure alzate in lontananza molto vicine tra di loro, carri da guerra rovesciati e buche profonde aperte nel suolo: questo fu lo spettacolo che le si parò dinnanzi, quando Xena giunse a destinazione grazie alla sua corsa a perdifiato.
- Il mio sogno non mentiva! - constatò guardandosi attorno, mentre le figure in lontananza, ad ogni passo che faceva diventavano ai suoi occhi sempre più nitide: - E’ Olimpia quella! Siamo agli sgoccioli! Ora sono certa di poterla salvare! E’ ancora viva ed è questo l’importante! - disse concitata, e cominciò celermente a farsi strada tra tutta quella morte.
Un brivido corse lungo la sua schiena, quando la sua attenzione fu richiamata da una donna agonizzante che le si aggrappò alle caviglie. Xena impallidì, quando abbassandosi per prestarle soccorso, vide che questa era Anfitea, la quale agonizzante cercò di dirle, indicando il campo di battaglia con un dito: - Ol…Olim.. pia! - Xena guardò nuovo in direzione dei contendenti, così come le aveva suggerito Anfitea, e venne per un attimo paralizzata dal terrore che le impedì qualsiasi sorta di movimento; poté così vedere gli ultimi istanti dello scontro tra i due: pur essendo riuscita a divincolarsi dalla morsa dell’avversario, Olimpia ricadde stremata al suolo, mentre l’abilissimo guerriero, con la spada sguainata roteò due volte su se stesso, si arrestò un attimo, fece un passo all’indietro, e subito dopo uno scatto in avanti. Xena ebbe un visione: “ il guerriero roteò due volte su se stesso, si arrestò un attimo, fece un passo all’indietro, e subito dopo uno scatto in avanti, tirando un fendente dritto al cuore di Olimpia che fu centrata in pieno...” grazie al flashback, intuì perfettamente le mosse dell’avversario, dunque sbloccandosi dalla sua paralisi, la guerriera ebbe l’idea di tirare il chakram per soccorrere la sua amica: fece correre la mano lungo il fianco, e stavolta vi trovò l’arma alla cintola, la strinse forte tra le sue mani, tagliandosi inavvertitamente tanto era forte la sua stretta, poi con uno scattò felino lo sganciò e, mentre Cinno stava per affondare nuovamente la fredda lama nella carne rosea della regina ormai priva di sensi, Xena lanciò la sua lucente e rotante arma in direzione dell’uomo e il chakram, inesorabile, arrivò a colpire la spada del guerriero facendola cadere. Xena allora gli corse incontro sfoderando la sua spada, e gli urlò: - Cinno! Perché non provi un po’ a vedertela con me? - Cinno sorpreso di vederla replicò sarcastico: - Quale onore: la Principessa Guerriera! Cosa ci fai qua? -
Xena rispose con autocontrollo e calma: - Non ti azzardare a fare del male alla mia compagna, lurido verme, o giuro che non ti basterà neppure l’angolo più recondito della terra per nasconderti pur di scappare dalla mia terribile vendetta! - e così dicendo fu abbastanza vicina a lui per potergli puntare la spada alla gola. - Hai perso Cinno: arrenditi! Ti lascio due possibilità: o porti il tuo brutto muso fuori da questa radura nel giro del più breve tempo possibile, o ti infilzerò come si infilza un maiale prima di cuocerlo allo spiedo! Ora fa la tua scelta! Ma non tardare che potrei pentirmi di averti risparmiato la vita! -
Spaventato dalla reazione della Principessa Guerriera, ma anche dalla sua fama di distruttrice di nazioni, Cinno optò per la prima opportunità: - E va bene Xena, hai vinto tu! Me ne vado! Tieniti pure il cadavere della tua amichetta! - sorrise sardonico, mentre Xena si voltò un istante indietro per controllare lo stato di salute di Olimpia. Poi lo invitò ancora a sparire dalla circolazione, facendogli leggermente pressione con la lama alla gola.
- Me ne vado! Ma non finisce qui! - gridò l'uomo, allontanandosi con rabbia dalla radura, prendendo a calci qualunque oggetto si trovasse nei paraggi dei suoi piedi.
Xena gettò la spada in terra e molto celermente si avvicinò in ginocchio ad Olimpia, ma lo scempio che le si profilo dinnanzi fu atroce: la ferita all’addome aveva fatto infezione, mentre le numerose tumefazioni sul suo volto e sul suo corpo, le rendevano praticamente impossibile il riconoscimento del corpo della sua amata.
Xena la strinse forte a sé: - Amore, ma come ti hanno ridotto! Perché amore? Perché sono andata via? Il mio posto è qui con te nel bene o nel male, finché la morte non ci separi… - e grosse lacrime sgorgarono dai suoi occhi, bagnando in parte anche il viso di Olimpia.
- Amore, ti curerò io! Non temere tu vivrai! Vivrai perché altrimenti anche io morirò con te! - le sussurrò Xena ed immediatamente prese a pulirle la ferita.
Mentre Xena si affannava a curare la compagna, una voce cordiale ma sofferente sopraggiunse alle sue spalle dicendole: - Xena, Olimpia è in condizioni disperate, ma se facciamo in tempo possiamo portarla al villaggio amazzone per salvarla… - Xena si voltò di scatto, e vide che la sua interlocutrice era Anfitea, anch’essa estremamente ferita. Anfitea si reggeva in piedi grazie al forte sostegno della giovane Selicia, che coraggiosamente non aveva abbandonato le compagne in difficoltà.
- Ci vuole molto per arrivare al villaggio e non abbiamo tempo. I medicinali che ho qui basteranno si o no per qualche ora… - constatò Xena.
- Noi amazzoni più giovani conosciamo una scorciatoia che usiamo per sgattaiolare fuori dal villaggio quando non ci va di allenarci… - intervenne Selicia temendo una reazione negativa da parte di Anfitea, reazione che non arrivò, quindi la giovane continuò: - … Ma tu Xena sei disposta a guadare il fiume con Olimpia in braccio? - le chiese.
- Qualsiasi cosa, pur di salvarla! - fu la sola risposta di Xena.
- Allora seguimi! - le disse Selicia, abbandonando temporaneamente Anfitea per terra.
- Non ti preoccupare… - le disse Xena, - Manderò qualcuno a riprendere te e le altre amazzoni ferite! -
- Xena io non mi preoccupo! Ma tu fa in fretta per favore! Salva Olimpia: lei ti ama più della sua stessa vita! - le disse sorridendo l’amazzone, appoggiandosi con la schiena ad un enorme masso facendo attenzione a non sforzare né la sua gamba, né il suo ventre ferito.
- Lo spero Anfitea… lo spero vivamente… - disse preoccupata Xena cominciando a caricarsi Olimpia in braccio, e ad avviarsi verso la direzione che le indicava Selicia.

Dopo alcune ore di cammino, e la costante preoccupazione per la vita appesa ad un filo della sua compagna, Xena poté scorgere il villaggio amazzone pochi passi avanti a lei; mentre trasportava la sua donna in braccio, si scoprì a fare una cosa che difficilmente avrebbe creduto possibile in vita sua: pregare gli Dei per ottenere la protezione della sua compagna, e poi ancora il pensiero andò alla giovane esanime che ella teneva tra le braccia: “Olimpia, amore mio, resisti ancora un poco, siamo quasi arrivate, e qui potrò darti tutte le cure di cui necessiti! Non permetterò che tu mi lasci sola a questo mondo! Oh Dei vi prego, vi supplico: proteggete voi la mia compagna! Oh Dea dell’amore, proteggi la cosa più importante della mia vita… Non sono avvezza a rivolgermi a voi perché non ho una grande considerazione nei vostri riguardi… ma vi prego. non permettete che Atropo tagli il filo della vita di Olimpia…”
- Eccoci Xena siamo arrivate! - esclamò interrompendo il corso dei pensieri di Xena la giovane amazzone; Xena annuì pensierosa.
- Ti servirà aiuto Xena? - le domandò preoccupata Selicia.
- No Selicia, non mi serve nessun aiuto: Olimpia la curo io, tu cerca di organizzare una spedizione per riportare le amazzoni ferite al villaggio! - le disse Xena con tono autoritario.
- Xena ma io… Non… non so da dove cominciare! - ribatté impacciata ed inesperta la giovane. Xena fu tentata di dirle di sbrigarsela da sola, perché in quel momento aveva dei problemi ben più seri da risolvere, ma di fronte alla sua inesperienza e giovinezza non poté che arrendersi e dunque le suggerì: - Selicia, raduna le donne ancora presenti al villaggio e prendete i carri per la paglia dal fienile! Trasporterete le ferite lievi su quelli! Poi costruite qualche lettiga e legate ognuna di queste dietro un cavallo: questo trattamento sarà riservato solo alle ferite gravi! -
- Ai tuoi ordini Xena: per adesso sarai tu il capo del villaggio! - osservò la giovane.
- Non mi interessa essere la vostra capotribù: appena guarita Olimpia, io e lei probabilmente andremo via da qui! - la liquidò Xena, mentre con passo veloce si portò più in avanti rispetto a Selicia, dirigendosi senza ulteriore indugio nella tenda della regina.

Xena adagiò la sua amata sul giaciglio, poi richiuse le cortine della tenda dietro di se.
Accese qualche istante il camino per riscaldare l’ambiente, mentre scavando nel baule ai piedi del letto, tirò fuori delle vesti asciutte e pulite per la sua compagna.
Senza il benché minimo imbarazzo, la guerriera denudò celermente, facendo attenzione a non provocarle ancora più dolore, la sua compagna, per poi rivestirla per metà, lasciando dall’ombelico in su la sua pelle scoperta poiché doveva disinfettare meglio la ferita. - Ce la farai piccola! - le disse Xena carezzandole delicatamente i capelli ancora umidi che le scendevano scomposti sulla fronte, e sistemandole meglio il cuscino sotto il capo.
Afferrò poi la prima cosa di metallo che le capitò sotto tiro, ed il caso volle che fosse proprio la spada la cui lama la ferì prima di andare via dal villaggio. La osservò fugacemente, ricordando per qualche istante la sera del loro addio, poi scosse il capo come per scacciare via quei brutti pensieri e mise la lama nel fuoco; quindi aspettò che si arroventasse.
Pochi minuti dopo prese la spada rovente per l’elsa e si avvicinò ad Olimpia; sapeva che la giovane avrebbe sentito un dolore lancinante, ma doveva farlo se voleva sperare di recuperare la sua vita, indugiò un attimo, poi chiudendo qualche istante gli occhi, poggiò la lama sulla ferita di Olimpia che prese a sfrigolare in una nube di fumo; la ragazza che era ancora incosciente, avvertì comunque il dolore, e due grosse lacrime le scesero dalle palpebre chiuse. Xena le notò immediatamente, e appena ultimò si chinò a baciarla dolcemente. - Resisti Olimpia, resisti! - la incitava la guerriera mentre preparava un unguento lenitivo da spalmarle sulla ferita e sulle tumefazioni.
Dopo un lungo pomeriggio di lavoro di assistenza e cura della sua compagna Xena poté sedersi qualche istante dietro la scrivania della regina per riposare, dato che tutto il possibile per Olimpia era stato fatto, quindi prese a rovistare un po’ tra le cose dell’amazzone per ingannare l’estenuante attesa.
Sotto delle mappe arrotolate ed ingombranti, Xena trovò il ritratto che Olimpia le aveva fatto e lo guardò attentamente sorridendo, poi lo ripose e cominciò a rovistare tra le pergamene della compagna, proprio come aveva fatto prima di andare dal villaggio. Attraverso quei pezzi di pelle arrotolati, Xena poté rivivere tutte le sue più belle avventure al fianco di Olimpia: la lotta contro i Titani, le fatiche fatte per liberare Prometeo dalle catene, l’incontro con Danae, l’incontro con in figlioletto Seleuco, e la prima volta al villaggio amazzone. Tutta la vicenda veniva attentamente narrata dall’occhio vigile della cronista Olimpia, che non si risparmiava affatto sulle sue considerazioni personali. Quanto era profondo il suo amore per Xena, che emergeva palese da quelle pergamene. La guerriera allora sospirò: “ Se solo le avessi lette prima queste cose Olimpia…” .

di Dori e Bard and Warrior

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