episodio n. 22
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La cerimonia di ringraziamento era finita da poco: dall'altare di Diana si alzava il fumo pungente del sacrificio compiuto in onore della Dea e le sacerdotesse stavano terminando di ungere la statua con oli profumati. Olimpia e Xena procedevano fianco a fianco, guardando ammirate tutto il villaggio brulicante di vita: Cinno sembrava non essere mai comparso sulla strada di quelle valorose guerriere, se non per qualche vistosa fasciatura o, cosa più dolorosa, la mancanza di visi noti tra gli altri.
Anfitea le vide da lontano e andò loro incontro.
Xena notò che Olimpia aveva serrato nervosamente più volte la mandibola e percepì nettamente l'agitazione della compagna.
- Non preoccuparti, andrà tutto bene. - le sussurrò con tono dolce.
- Io non mi preoccupo, ma tu resta qui, intesi? - fu il sibilo del bardo.
- Non vado da nessuna parte, visto che ti sei ancorata alla mia mano! - fu la constatazione bonaria della guerriera.
Anfitea si bloccò a pochi passi dalle due, flettendo velocemente il ginocchio per inchinarsi davanti ad Olimpia: - Regina... - iniziò con tono sommesso.
Il bardo non disse nulla, si limitò a fissare la donna che, per tutto il tempo della sua permanenza al villaggio, aveva fatto sì che nessuno si potesse lamentare del suo operato: la riconoscenza verso Anfitea era tale da riempirle il cuore e renderla certa di aver scelto la persona giusta da porre sul tono delle Amazzoni.
Si passò la lingua sulle labbra secche ed aspettò che l'amazzone parlasse.
- Regina, Olimpia... E' ora: tutto è pronto. Devi venire con me per la cerimonia della dichiarazione di successione e, purtroppo... - si schiarì leggermente la voce, assumendo un tono più formale, - Purtroppo chi non è amazzone non può partecipare... E' la legge... -
Xena sorrise: - Lo so, non preoccupatevi. - baciò la compagna sulla fronte e le mise le mani sulle spalle: - Mi raccomando, non fare pasticci... - le sussurrò all'orecchio, lasciandole un lieve bacio sulla guancia.
- Xena, io non combino mai pasticci... - fu la risposta di Olimpia, che attirò a sé la guerriera e la baciò teneramente. Staccandosi, le accarezzò il viso: - Non durerà molto, tranquilla. Aspettami nella tenda: appena terminata la cerimonia alla caverna avrò bisogno di qualcuno che mi aiuti a togliere tutta l'imbrattatura... - sorrise teneramente alla propria donna.
- Visto a cosa servono le compagne, Anfitea? - Xena rivolse la parola all'amazzone che, poco distante dalle due, sembrava improvvisamente interessata al movimento degli astri.
- A cosa? - fece di rimando la donna.
- A pulire, rassettare ed aspettare buone buone a casa! - fu la risposta della guerriera.
- Sai com'è... Tu hai voluto diventare il Campione della Regina? Ora ne paghi le conseguenze! - rise l'altra.
Olimpia si staccò da Xena e s'avviò verso la foresta con Anfitea, gettando un ultimo sguardo alla propria donna prima di sparire tra gli alberi.
Xena stette a guardare le due figure allontanarsi, finché l'oscurità del bosco non le avvolse completamente, poi s'avviò con passo tranquillo verso la tenda. Entrata, iniziò a sistemare le sue poche cose nella bisaccia di pelle e, terminato il lavoro, s'accinse a raccogliere tutti gli oggetti di Olimpia, con l'intenzione di riempire alcune sacche che avrebbe caricato su una slitta fissata dietro Argo.
Ripiegò i pochi abiti, chiuse le boccette d'inchiostro, arrotolò i papiri delicati intorno agli stili e iniziò a sistemarli in una borsa, quando uno di questi le scivolò di mano e si aprì ai suoi piedi. Xena lo raccolse e non poté vietare alla sua curiosità di farsi strada: divorò febbrilmente le poche parole, vergate di fretta, probabilmente sotto l'effetto di un'ispirazione improvvisa. Poi, sorridendo, con le lacrime agli occhi, arrotolò lo scritto e lo ripose insieme agli altri.

- Allora addio. - Anfitea porse la mano, subito afferrata saldamente dalla guerriera davanti a lei.
- Non addio: io spero sempre in un arrivederci... - le rispose di rimando Xena, assestandole bonariamente una pacca sulla spalla.
- Dì la verità, ti piace stare con noi Amazzoni! - incalzò la donna.
- Mmm... Apprezzo la cucina, sì. - la guerriera fissò incerta il viso perplesso dell'amazzone di fronte a lei, - E va bene, lo ammetto: mi piace stare con voi, anche se siete un po' rumorose, per i miei gusti! - terminò, tutto d'un fiato.
Olimpia, arrivata da dietro, le batté la mano sulla spalla: - Dai, Xena! Sappiamo tutte molto bene che ti diverti un mondo a danzare intorno al fuoco! Ti ho vista, sai, ieri sera, mentre provavi di nascosto i passi della danza dietro alla nostra tenda! -
La guerriera assunse un'aria stupefatta e talmente buffa che né Anfitea né il bardo poterono esimersi dallo scoppiare in una fragorosa risata.
Tutte e tre si avviarono verso le stalle, dove Xena slegò Argo e la portò all'esterno, fissandole in groppa la sella borchiata alla quale poi attaccò, con l'aiuto di Anfitea, lo slittino sul quale Olimpia sistemò le bisacce e qualche scorta per il viaggio.
- Arrivederci Anfitea, grazie di tutto... - Olimpia abbracciò la donna, che rispose con slancio.
- Arrivederci. Tornate quando volete... - salutò l'amazzone, visibilmente commossa. - Olimpia, sai che il tuo popolo è sempre pronto ad accoglierti come Regina... -
- Sì, lo... - rispose dolcemente il bardo, - ma so anche di lasciarlo in ottime mani. - sorrise.
- Siate felici. - le augurò l'amazzone, prendendole le mani.
- Posso assicurarti che niente al mondo potrà separarci, ora. - le rispose Olimpia, abbracciandola con trasporto.
Xena salì in groppa al palomino ed allungò il braccio verso la compagna, che s'accinse a prendere posto dietro di lei.
- No, Olimpia, non dietro: vorrei cavalcare tenendoti davanti a me... - la voce di Xena era un sussurro, ma il suo bardo la udì perfettamente ed obbedì, salendo in groppa ad Argo e sistemandosi sulla sella davanti alla guerriera, che la circondò con le sue braccia, reggendo le redini.
- Mi piace questa posizione! - esclamò estatica, inclinando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi.
- Prendici pure gusto, amore. - le sussurrò da dietro Xena, - Non ho alcuna intenzione di farti cambiare posto, perlomeno finché non avremo necessità di smontare da cavallo. - schioccando la lingua, incitò Argo a partire, dirigendola a passo lento verso l'uscita dall'accampamento.
Al loro passaggio, tutte le amazzoni s'inchinavano, seguendo la coppia che si allontanava e, lentamente, s'inoltrava nel bosco.
Appena lasciate le ultime capanne alle spalle, una voce dall'alto le raggiunse all'improvviso.
- Olimpia! - Xena tirò le redini e trattenne l'incedere del palomino, portando contemporaneamente la mano al chackram.
Da un albero poco distante, scese con un salto altamente acrobatico Selicia.
- Olimpia... - disse, cercando di regolare il respiro affannoso dopo lo sforzo, - Xena... Volevo salutarvi. - abbassò per un attimo il capo, rialzandolo quasi subito. Olimpia notò una luce diversa negli occhi della giovane: era fiera, forte, non più la timida e paurosa ragazzina alla quale aveva comandato di restare nascosta all'arrivo di Cinno. “La guerra cambia tutti”, pensò con rammarico il bardo, “Anche lei ormai ha detto addio all'infanzia.”, terminò amaramente.
- Arrivederci. - Olimpia le porse la mano, sporgendosi da sopra il cavallo.
- Tornate presto da noi... - iniziò Selicia, frugando nella bisaccia appesa alla spalla. - Ho un regalo per te. - disse timidamente al bardo, estraendo dalla borsa una cerbottana finemente intagliata. - Non si può mai sapere... Può sempre servire. - spiegò, passando l'arma ad Olimpia, che la prese e la rigirò tra le mani, ammirandola.
- E' meravigliosa... Grazie! - il sorriso del bardo era disarmante.
Selicia arrossì e si grattò nervosamente il capo, arruffando i capelli. - Beh... Anche tu sei meravigliosa. Addio! - e, prima che una delle due donne potesse ribattere, si voltò e scappò via, sparendo nella boscaglia.
- Credo proprio che quella ragazzina abbia una cotta per te, mia cara Regina! - la canzonò Xena, senza riuscire a frenare una sonora risata, che le sgorgò dalla gola immediatamente.
- Ah ah, spiritosa... Attenta, Principessa Guerriera, potresti avere una rivale... Non ci scherzerei troppo sopra, se fossi in te. Selicia promette bene... - rispose, fintamente piccata, il bardo.
- Una rivale... Bello! Ho sempre apprezzato le lotte per amore! - la guerriera rise di nuovo, mentre Olimpia riprendeva posto tra le sue braccia, dopo aver sistemato la cerbottana nella tasca della sella.
- Oh, ecco dove voglio passare il resto della mia vita! - la bionda chiuse gli occhi ed assaporò l'odore di cuoio del corpetto di pelle della compagna: l'avrebbe riconosciuto fra mille.
- In sella ad Argo? - chiese maliziosa Xena, in vena di schermaglie.
- Sciocca che sei. - il bardo sospirò piano piano. - Xena, prometti che non ci lasceremo mai? - chiese, sentendo il cuore impazzire dentro al petto.
- Te lo prometto. Anche nella morte, non ti lascerò Olimpia. - la guerriera chinò il capo, posando un bacio leggero sui capelli della compagna. - Avevi dubbi? - chiese pacatamente.
- No, ma mi piaceva l'idea di sentirtelo dire! - ammise fanciullescamente la ragazza. - E poi, diciamocelo, non capita spesso sentirti parlare in modo così poetico, Xena. - concluse.
- Io non sono un bardo... - ammise la guerriera, - Quello è il tuo lavoro... - improvvisamente, le sovvenne la pergamena letta la sera prima. Un sorriso le incurvò le labbra: avrebbe pagato tutto l'oro del mondo pur di sentire quelle parole pronunciate dalla voce di Olimpia.
- A proposito di bardi... Devo confessarti che mi sono mancati i tuoi racconti e le tue poesie, in tutti i giorni in cui siamo state lontane... - non sapeva da dove iniziare, non voleva certo dire ad Olimpia di aver letto, per l'ennesima volta oltretutto, le sue pergamene!
- Davvero??!! - la giovane si voltò, cercando con il suo lo sguardo della compagna. I suoi occhi erano colmi di gioia per quella dichiarazione inattesa. - Credevo che ti annoiassi quando ti recitavo i miei componimenti! - esclamò.
- Sai che sono di poche parole e che non riesco ad esprimere i miei sentimenti come invece sai fare tu. Ma ti assicuro che mi piace tutto quello che scrivi e, soprattutto, mi piace sentirtelo declamare. - la guerriera sorrise al bardo, che si girò a guardare la strada che si snodava nel bosco, mentre Argo proseguiva tranquilla al passo.
- Se vuoi, posso accontentarti, sai? - disse, dopo un minuto di silenzio.
- In cosa? -
- Ho scritto una poesia nuova, l'altra notte... - proseguì il bardo.
- L'altra notte? Ma amore, quando hai avuto il tempo di... - iniziò Xena, stupita.
- Beh, - l'interruppe Olimpia, arrossendo violentemente al ricordo, - non è che abbiamo sempre fatto... Intendo dire... talvolta abbiamo anche dormito, magari tu più di me, a dir il vero... comunque, in una di queste “pause”... io ho... trovato l'ispirazione! - terminò la frase senza fiato.
- Non smetterai mai di stupirmi! - dichiarò la guerriera, - Avanti, sentiamo, fremo dalla curiosità! -
Olimpia chiuse gli occhi, appoggiandosi al petto della compagna, prese un lungo respiro ed iniziò:
- Mi meraviglio di trovarti
ancora qui, accanto a me.
Mi stupisce ritrovare sempre
la tua spalla, su cui posare il capo.
Mi sorprende gioire ad ogni
tuo sorriso, come la prima volta.
Quello che non mi stupisce
è che il mio cuore batta ancora
al ritmo del tuo. -
- E' splendida, amore. - Xena aveva lasciato le redini e stringeva tra le braccia il suo bardo, carezzandole il collo con le labbra.
- Davvero ti piace? - chiese Olimpia, ancora ad occhi chiusi, ancor più in estasi, viste le attenzioni che la compagna stava dedicando al suo collo.
- E' meravigliosa... Proprio come te. - baciò l'orecchio del bardo, che si lasciò scappare un piccolo gemito. - E, soprattutto, è vera: io e te viviamo all'unisono. Qualsiasi cosa accada, staremo sempre insieme. - strinse ancora più a sé Olimpia.
- Sì, qualsiasi cosa accada. Per sempre. - concluse il bardo, voltandosi a baciare la sua donna.

ATTO 4

30 ANNI DOPO

L'ultimo ciocco gettato nel fuoco crepitò leggermente, prima di cedere al proprio stesso peso e cadere, non più sorretto dalla cenere sottostante. Il leggero tonfo riscosse Olimpia dalle sue stesse parole: la donna alzò gli occhi e si guardò intorno, come se si accorgesse in quell'istante di trovarsi lì.
Selina la stava guardando, uno sguardo impenetrabile, nel quale il bardo riusciva comunque a leggere lo stupore per quanto aveva raccontato fino ad allora.
Quel silenzio prolungato convinse Olimpia che il suo racconto aveva sconvolto a tal punto la nipote da lasciarla senza parole. Affranta, si alzò, spazzolò con le mani l'abito sul quale s'erano appoggiate alcune briciole di cenere e fece per andarsene: - Buonanotte. - sussurrò.
- No, aspetta, dove vai? - la voce di Atreo la bloccò mentre s'avviava verso i cespugli.
- Olimpia... - iniziò Selina, - La tua storia è così vera, così forte. -
- Ma vi ha sconvolti, vero? - il bardo non si voltò verso i suoi interlocutori, si limitò a guardare la propria ombra, allungata dal fuoco fino a lambire l'oscurità circostante.
- Zia... - Selina si alzò dal tronco su cui era rimasta seduta a lungo, - ogni vita ha il suo corso, ogni esistenza implica scelte, bivi da superare, problemi da risolvere. Se tu hai trovato l'equilibrio con Xena, chi siamo noi per poterci opporre? - sospirò amaramente, - Ho forse scelto io di finire nell'harem di Gurkhan? No... E' stata una mia scelta divenirne la favorita, giusto per sopravvivere. Ne ho pagato le conseguenze... Ora credo di poter dire d'aver raggiunto la mia felicità. - si voltò ad aiutare Atreo ad alzarsi e gli sfiorò amorevolmente la guancia.
Il ragazzo afferrò la mano di Selina. - Tu hai detto molte cose che mi fanno riflettere, stanotte. - iniziò con voce bassa.
A quel punto, il bardo tornò sui suoi passi. - Allora, spero abbiate capito perché vi ho raccontato la mia esperienza. Spero abbiate capito perché insistevo nel dire che fuggire non serve a nulla: bisogna affrontare i problemi guardandoli dritti negli occhi. Significasse anche affrontare l'ira della propria famiglia... -
- Cosa che tu ti sei ben guardata dal fare, vero? - una voce, roca per l'emozione repressa, giunse improvvisamente dall'oscurità.
- Per gli dei... Leuca... - Olimpia si portò una mano alla gola, come se si sentisse soffocare. - Da quanto tempo sei lì? -
- Quanto basta. - fu la risposta secca.
La donna avanzò, lasciando che il fuoco la illuminasse lentamente. Emergendo dal bosco, diede ai presenti la sensazione di essere un fantasma. Il passo lento e la postura ieratica fecero immediatamente capire ad Olimpia e Selina che la tempesta era in arrivo. Il bardo chiuse gli occhi per un attimo, cercando le parole giuste per iniziare il discorso, ma Selina la precedette. Tenendo stretta nella sua la mano di Atreo, la ragazza si avvicinò al fuoco, abbastanza perché le fiamme illuminassero il suo viso.
- Madre... - iniziò in tono pacato.
- Non abbiamo nulla da dirci. - fu l'interruzione brusca di Leuca.
- Invece sì. Abbiamo una vita intera da raccontarci. - proseguì la ragazza, col fiato in gola.
La donna davanti a lei non si scompose, spostò solo lo sguardo, che fino ad un momento prima era rimasto ostinatamente fisso su Olimpia, sulla figlia.
- Che ti piaccia o no, la mia vita è stata quello che è stata. Nessuno può farci nulla. Neppure tu. -
Da Leuca non arrivò alcuna risposta.
- Ora voglio fare come dico io, mamma. Tutti hanno sempre deciso per me cosa fare della mia vita. - Selina inghiottì un paio di volte. - Prima i predoni, che mi portarono via da qui. Poi Gurkhan, che mi acquistò al mercato delle schiave... - la giovane chiuse gli occhi, rabbrividendo al ricordo dell'esperienza. Atreo le sfiorò la spalla con la mano e, poi, l'abbracciò. - Non vado fiera del mio comportamento e di quello che ero nell'harem, ma per sopravvivere, talvolta, si è portati a compiere scelte estreme. -
- Allora non mentire, sostenendo di non aver mai scelto che fare della tua vita. - le sibilò contro la madre.
- Non avevo altra scelta! - gridò disperata la giovane.
- Certo che l'avevi: io sarei morta, pur di evitare di essere una sgualdrina a tutti gli effetti. - l'espressione di Leuca era raggelante.
- Vedo che finalmente hai avuto il coraggio di dirmelo... - Selina la guardava dritta negli occhi.
- Leuca, non mi sembra il caso... - intervenne a quel punto Olimpia, avvicinandosi alla sorella ed appoggiandole una mano sulla spalla. La donna reagì subitamente, scansandosi dalla presa del bardo, quasi che la sua mano la stesse ustionando.
- In quanto a te, abbiamo un discorso in sospeso da 35 anni. Non venire a farmi la paternale: non sei nelle condizioni di dire niente a nessuno, tu. - Leuca sembrava una fiera chiusa in gabbia. Fremente di collera si rivolse di nuovo alla figlia. - Sentiamo... Dimmi: come vorresti “decidere della tua vita”? Stupiscimi, Selina. -
La ragazza si guardò intorno, come alla ricerca di un aiuto da parte di chiunque. Lo trovò in se stessa. - Bene, madre. Non sono morta e sono diventata la favorita di un uomo senza scrupoli. Se questo t'infastidisce così tanto, perché mi hai presa in casa quando Olimpia e Xena mi hanno riportata da te? - l'agitazione faceva tremare il corpo di Selina come se percorso da febbre alta.
- Perché sei mia figlia, che domande! Come potevo lasciarti fuori casa? Ho provato pena per te, Selina. -
- Pena, non amore, quindi. - intervenne Atreo, desolato. - Belle cose da dire ad una figlia affranta. -
- Se ci tieni tanto a lei, perché non la lasci libera e le eviti questo immane errore? - gli ringhiò contro la donna.
- Perché ha il diritto di vivere come vuole e di essere felice. - s'intromise Olimpia, che fino a quel momento aveva preferito tacere, lasciando che Selina portasse le proprie ragioni. - E Atreo è la sua soluzione! - terminò furente.
- Già, come Xena è stata la tua. - le si rivolse sarcastica Leuca. - Cosa c'era qui che ti dava così fastidio, Olimpia? Perché te ne sei dovuta andare? Quale malia ti ha lanciato quella donna? Io non capisco... - il fiato le si fece grosso. Leuca dovette fermarsi per cercare una calma che, per altro, non dava segni di farsi trovare.
- Come non capisci! - le gridò Selina: - Se sei assillante anche solo la metà di quanto dovevano esserlo i nonni, comprendo benissimo Olimpia. Anche per lei avevano in mente un bel matrimonio combinato, giusto? Pensa che felicità... -
- Saresti stata felice, invece. Ma non puoi capire... -
- Certo! Io non capisco mai! Bella questa! Madre, io non sono stupida: lo so benissimo che sono parole che non senti. Dici cose che non pensi e hai il coraggio di dichiarare che sono vere! Ma come puoi essere così ipocrita? -
Olimpia si accorse appena in tempo delle intenzioni della sorella: bloccò Leuca un attimo prima che si gettasse come una furia sulla figlia.
- Leuca, che fai? - il bardo dovette impiegare tutte le forze per trattenere la sorella.
- Come osi! - sbraitò la donna, divincolandosi dalla stretta, - Sono tua madre! - gridò furibonda alla giovane davanti a lei.
- Non mi importa! - le urlò di rimando la ragazza, - Tu non mi rispetti e io non rispetto te! -
- Amore, calmati. - s'intromise Atreo, - Non può capire... - respirò profondamente, - Lei non ha sposato un uomo che non aveva scelto: tutti sanno perché tuo nonno le diede il permesso di sposarsi. - buttò fuori le parole come se si liberasse di un peso portato per troppo tempo. Non vi era astio nella sua voce, solo infinita stanchezza.
Leuca si portò le mani alla gola, annaspando. Indietreggiò, finendo direttamente tra le braccia della sorella. Stavolta, non rifiutò il contatto con la donna.
Atreo continuò. Nel silenzio che si era venuto a creare, le sue parole rimbombavano, come amplificate: - Tuo nonno accettò le nozze riparatrici, anche se osteggiò in tutti i modi la relazione tra i tuoi genitori. La vergogna s'era già posata sulla tua casa: prima Olimpia, che rifiutava Perdicca e se ne andava con una spiantata, chissà dove. Poi tua madre, che s'innamorava di un fittavolo e ne restava incinta. - nel silenzio, il respiro affannoso di Leuca marcava un ritmo sempre più veloce. Olimpia la guardò preoccupata.
Atreo proseguì: - Tuo nonno si preoccupò di mettere tutto a tacere e nascesti tu. - terminò pacatamente. - E' per questo che la reputazione di Selina ti interessa così tanto, Leuca? - per la prima volta in tutta la nottata, Atreo si era rivolto alla donna chiamandola per nome. I suoi occhi spenti si fissarono vaghi su di lei: Leuca si sentì scandagliata nel profondo.
- Io... Se lo faccio è solo per te! - esclamò, rivolta alla figlia. - Possibile tu non capisca? E' CIECO! Come puoi sperare in una vita normale? - Leuca si portò una mano al petto, ansimando.
- Tutto bene? - le chiese preoccupata Olimpia.
Per tutta risposta la donna si staccò da lei, tenendosi ostinatamente voltata di spalle. - Bene, vedo che vi siete coalizzati contro di me. - si fermò, come in cerca di forza. - Mia sorella si decide a confessare quello che tutti ormai sapevamo da tempo immemorabile... Ma a chi lo dice? - sorrise amaramente, - Non a me... - fece un passo verso il sentiero che portava verso casa sua. Si fermò: - Mia figlia mi si rivolta contro ed organizza di fuggire... E a chi confessa il piano? Non a me... - rise amaramente. - Sono proprio così inutile? - gridò, voltandosi: gli occhi erano gonfi di lacrime, i pugni serrati e la faccia paonazza per l'agitazione.
- No, madre... - iniziò Selina.
- Evita di tentare di porre rimedio! Abbi il buon gusto di non aggiungere altro... - il fiato grosso di Leuca fece suonare un campanello d'allarme nella testa di Olimpia che, d'istinto, s'avvicinò alla sorella.
- E tu... - riprese la donna, visibilmente provata, rivolgendosi ad Atreo, - Portatela pure via... Avete vinto... Non mi opporrò al vostro matrimonio... ma non vi darò la mia benedizione. Quella non... Ah! - Leuca si portò le mani al petto, stringendo convulsamente l'abito all'altezza del cuore.
- Per gli dei! - imprecò Olimpia, accorrendo a sostenere la donna, che s'era accasciata a terra.
- Madre, madre! No! - urlò Selina, buttandosi su Leuca.
La donna aprì gli occhi, senza per altro dare l'impressione di aver messo a fuoco chi le stesse davanti. Alzò la mano tremante e si aggrappò al mantello della figlia: - Selina... Portami a casa... - fu tutto quello che disse, prima di perdere i sensi.

Olimpia avanzava il più velocemente possibile tra i cespugli, tenendo tra le braccia la sorella priva di sensi, mentre dietro di lei, Selina guidava Atreo, per permettergli di attraversare in fretta gli intrichi del bosco.
- Resisti... Resisti! - mormorava il bardo a Leuca, mentre vedeva la casa farsi sempre più vicina.
- Xena, Xenaaaa! - urlò con quanto fiato aveva in gola, prima di arrivare sotto il portico e cedere sotto il peso dello sforzo e dello spavento. In un batter d'occhio Xena fu fuori, il chakram saldamente in mano, pronta all'attacco.
- Olimpia, che succede? - le chiese, correndole in contro e rendendosi subito conto della situazione. Nel frattempo arrivarono anche Selina ed Atreo. La ragazza era scossa da violenti singulti, che Atreo tentava inutilmente di calmare.
- Morirà! Morirà e sarà stata tutta colpa mia! - ripeteva la giovane, scuotendo il capo, lo sguardo fisso sulla madre adagiata a terra.
Xena posò due dita sul collo di Leuca ed ascoltò con attenzione i battiti, prima di alzare gli occhi verso Olimpia, che la guardava ansiosa.
- Il cuore batte in modo irregolare... - disse, prendendo in braccio la donna priva di sensi ed avviandosi in casa. - Per ora stiamo a vedere... Mi preoccupa: io non so cosa fare in questi casi... La sua ferita non è esterna, non è nulla che si possa cauterizzare o ricucire, purtroppo... - terminò mestamente, adagiando Leuca nel letto e slacciandole il corpetto.
- La prima cosa da fare è farla rinvenire. E poi tenerla calma... - la guerriera si guardò intorno: - Mi sembrate tutti alquanto agitati, stanotte. - posò gli occhi su Olimpia e poi su Selina, - Si può sapere cos'è successo nel bosco? E cosa ci faceva Leuca con voi? - chiese con tono autoritario.
- E' storia lunga. - tagliò corto il bardo, - Ti spiegherò più tardi. Ma Leuca s'è agitata molto: il suo respiro mi ha preoccupata più di una volta, stasera. -
- Da quanto tempo mostrava segni d'affaticamento? -
- Non è la prima volta che le manca il fiato... Ma abbiamo sempre dato la colpa all'età. Ultimamente le si intorpidiva il braccio, ma lei ci rideva su e faceva finta di nulla... - intervenne Selina, andandosi a sedere sul letto della madre e sfiorandole con dita tremanti la fronte fredda. - E' gelata... Oh, mamma! Mamma! - fece uno sforzo disumano per evitare di piangere. - Ti prego, non lasciarla morire. - si rivolse a Xena, carica di disperazione, - Salvala! Non voglio che muoia... Io le voglio bene, non l'ho mai odiata, al contrario di quello che lei pensa! - le sue difese crollarono e la ragazza si prese il volto tra le mani, piangendo disperatamente.
- Cosa servirebbe per la malattia che ha? - la voce di Atreo arrivò inaspettata. Olimpia si rese conto d'essersi completamente dimenticata di lui e si voltò a guardarlo. Per la prima volta lo vide bene in viso: il giovane era bello, lunghi capelli neri, ondulati, incorniciavano un viso pallido ma dai lineamenti marcati e regolari. Gli occhi, di un tenue azzurro, contrastavano amabilmente con le ciglia arcuate e corvine: nessuna meraviglia che la nipote avesse perso la testa per un uomo così bello e dolce.
Xena si alzò dal giaciglio della malata e s'avviò verso Atreo. Sospirò rumorosamente, grattandosi il mento: - Sinceramente? Non ne ho idea. Le malattie del cuore sono un mistero e io... Io non sono sacerdotessa di Esculapio. - concluse, dispiaciuta.
- Forse non servirà a nulla, ma mio padre beve infusi di biancospino per i dolori al petto e al braccio sinistro che, a volte, lo affliggono. Lui dice che funziona... - propose il ragazzo.
- Tentar non nuoce, Xena. - intervenne Olimpia. - Facciamo così: mentre io vado con lui a prendere un po' di infuso, tu cerca di far rinvenire Leuca. Selina resterà qui, così avrai l'aiuto necessario. -
La nipote non disse una parola, ma fece un leggero cenno d'assenso con il capo.
Olimpia si avvicinò ad Atreo: - Se vuoi, prendiamo il mio cavallo: monti in groppa dietro di me... Basta che tu mi sappia dire dove si trovi casa tua. - propose il bardo, avviandosi verso la porta con il ragazzo poco distante da lei.
- Non sarà difficile: è poco distante da qui. Basta seguire il sentiero che porta al mulino e, al bivio, prendere la strada di destra, verso il villaggio. La mia casa è la prima che s'incontra, sempre sulla destra. - spiegò con precisione matematica Atreo.
Olimpia lo guardò ammirata e uscì a prendere Argo II.
- A più tardi... - sussurrò il giovane, uscendo. - Salvala, se puoi. E' troppo importante... - terminò, rivolto a Xena. Poi, uscì nella notte.

di Dori e Bard and Warrior

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