ATTO
2
Lo scoppiettio del piccolo fuoco nel camino fu l'unico rumore che
i tre sentirono durante la cena. Le due donne avevano tacitamente
deciso di non forzare Fiachra, ma di lasciarlo libero di decidere
quando e come terminare il suo racconto.
Terminati il formaggio e le mele e riposto nella sacca ciò
che restava della pagnotta di segale, Xena si spostò in un
angolo della stanza e lì iniziò ad affilare la spada,
con movimenti lenti e cadenzati. In realtà, dentro di sé,
sentiva ribollire l'urgenza di costringere il giovane a riprendere
il discorso interrotto quasi un'ora prima: le cure che stava dedicando
all'arma erano solo un estremo tentativo di tenere il proprio umore
sotto stretto controllo.
Olimpia, notando il comportamento della compagna, decise di porre
fine alla situazione di stallo. Si portò a sedere accanto al
ragazzo e gli rivolse la parola, con tono conciliante.
- So di chiederti tanto, ma ti assicuro che sarà lo sforzo
finale e poi potrai riposare… - guardò Fiachra dritto
negli occhi, - Evi è anche figlia mia… -.
Il ragazzo la guardò intensamente e lasciò che Olimpia
proseguisse - Quando era ancora piccola, le cedetti il mio "Diritto
di casta" amazzone. Come me, anche Evi è una principessa
amazzone, Fiachra. -.
Il ragazzo le sorrise – Un’adozione ufficiale… Evi
è fortunata ad avere due genitori come te e Xena -.
Lo sguardo di Olimpia s’intenerì – Capirai che,
come "madre", ho il diritto di sapere il destino che mia
figlia si è scelta nel momento in cui i Glancoir sono entrati
nel vostro accampamento… - alzò la testa e guardò
Xena. La guerriera sembrava assorta nel lavoro d'affilatura che aveva
intrapreso poco prima. In realtà, Olimpia lo sapeva bene, stava
ascoltando attentamente ogni parola, lasciando che la sua compagna
conducesse il gioco.
- Certo… - rispose assorto il giovane, - Sapete, per me è
doloroso rivangare nella memoria, ma capisco che voi abbiate tutto
il diritto di sapere. - sospirò profondamente. Olimpia gli
appoggiò dolcemente la mano sul ginocchio, in segno d'incoraggiamento.
- Naturalmente noi non restammo a guardare mentre quei fanatici facevano
scempio delle nostre povere cose. Nonostante noi predicassimo l'amore
incondizionato, il primo istinto ci suggerì di reagire all'offensiva,
impugnando i bastoni, unica arma disponibile in quel momento…
-.
La poetessa sorrise, - Un bastone può decisamente essere un'ottima
arma, Fiachra, credimi. -.
Il ragazzo ricambiò lo sguardo - Lo so: Evi più di una
volta ci ha narrato quanto tu fossi abile con il bastone, prima di
passare ai sais. Ci saresti servita, Olimpia. Tua… Vostra figlia,
ora, non sarebbe prigioniera… - di nuovo sospirò. Olimpia
guardò fugacemente Xena dall'altra parte della stanza. Le nocche
della mano che impugnava l'elsa della spada erano bianche per la pressione
esercitata. La poetessa sapeva che l'animo della compagna era in subbuglio,
ma decise di lasciare a Xena la decisione di intervenire o meno nel
discorso.
- Mio fratello si era da poco unito al gruppo. - Fiachra fissò
lo sguardo nelle lingue infuocate che salivano per la cappa dai ciocchi
accesi, - In verità il suo intento, all'inizio, era stato quello
di riportarmi a casa. Poi, però, una volta imparato a conoscerci
e ad apprezzarci decise di fermarsi ed unirsi a noi… - si asciugò
fugacemente una lacrima con la manica della tunica, poi riprese. -
Penso che avesse una vera e propria venerazione per Evi. - Sorrise
dolcemente, - Ad ogni modo, quando i Glancoir fecero irruzione, lui
fu il primo a ricorrere alle armi. Era sempre stato un bravo guerriero…
Mio padre ne andava fiero… - s'interruppe un attimo, fissando
attentamente i bagliori rossastri che si alzavano nel camino. - Purtroppo,
i bastoni servono a poco contro le spade. Hugh fu trafitto da una
lancia, probabilmente un istante prima che Evi si buttasse nella mischia
e urlasse a tutti di fermarsi, consegnandosi spontaneamente nelle
mani degli assalitori. Ricordo ancora la mia angoscia: non riuscivo
a trovare mio fratello nell'accampamento in subbuglio, ed ero impotente
di fronte alla cattura della donna che mi aveva insegnato a vivere
amando la vita… Quando Daon parlò, le sue parole si marchiarono
nella mia memoria: "Oggi è un gran giorno! La sgualdrina
di Roma è stata presa e sarà giudicata per le sue colpe!"
- Fiachra chiuse gli occhi, mentre la sua voce cambiava tono, facendosi
via via più roca, - Mi lanciai nella direzione di Evi, ma fui
bloccato da due energumeni. Evi chiese di potermi parlare e, quando
mi fu vicina, mi sussurrò: "Rintraccia mia madre e Olimpia.
Dì loro che le amerò per sempre. Non fare nulla per
salvarmi e vieta a mia madre e ad Olimpia di lanciarsi in mio soccorso:
saprò affrontare il mio destino… qualsiasi cosa mi riservi.".
Poi si lasciò portare via… - per un attimo, si coprì
il viso con le mani - Così mi ritrovai solo… Evi rapita
e mio fratello Hugh… Non ho potuto neppure dirgli addio…
- di nuovo, una lacrima gli solcò la guancia. - E' morto combattendo,
come aveva sempre desiderato. - Sospirò, - Mi sento tremendamente
in colpa… La via dell'amore non faceva per lui e io l'ho costretto…
- si sfregò il naso nei bordi della tunica e, pur sforzandosi,
non riuscì a riprendere il discorso.
Olimpia stette a guardare Fiachra a lungo. Le ultime parole del ragazzo
avevano riacceso ricordi penosi nella sua mente.
"La via dell'amore non faceva per lui, così come non faceva
per me…- pensò dolorosamente, - Entrambi siamo morti,
per questo. Ma io sono qui, di nuovo, mentre quel povero ragazzo è
morto per difendere ciò in cui pensava di credere…".
Nonostante il fuoco nel camino scoppiettasse allegramente, fornendo
un piacevole tepore, la giovane si sentì rabbrividire, mentre
davanti ai suoi occhi si disegnavano le sagome di due croci spazzate
dalla tormenta di neve… In cuor suo pregò con foga che
Evi non fosse già stata messa sotto tortura, che, nonostante
la sua richiesta di non intervenire, ci fosse la speranza di arrivare
in tempo a salvarla ed evitarle una morte violenta. La poetessa sospirò:
morire non è mai bello, pensò, ma è peggio quando
la fine arriva come una liberazione…
Il rumore secco di un ciocco spaccatosi nel camino riportò
Olimpia alla realtà. Sorrise benevolmente al ragazzo accanto
a lei e, istintivamente, volse lo sguardo verso il lato della stanza
in cui sedeva Xena. Vuoto… La sua compagna doveva aver lasciato
la stanza in fretta: la pietra per affilare era abbandonata sulle
coperte, insieme al sacchetto di pelle che di solito la conteneva.
- Vai a riposare. Domani sarà ancora una giornata dura: ci
servi in forze! - gli appoggiò una mano sulla spalla, - Il
tempo lenirà il dolore, Fiachra: tu non hai ucciso tuo fratello.
Lui ha scelto liberamente la sua strada e si è sacrificato
per difendere le sue idee. Devi essere fiero di lui. Non piangerlo:
onoralo. - il ragazzo le sorrise e si alzò lentamente. Senza
proferire parola, andò a sdraiarsi sulle sue coperte, dove
si rannicchiò, forse schiacciato da ricordi troppo pesanti
anche per il dolce Morfeo.
Olimpia s'infilò il cappotto di pelle ed uscì dal bivacco,
affrontando l'aria frizzante del valico alpino.
Fuori, il cielo terso dava la possibilità di ammirare la Via
Lattea che attraversava in tutto il suo splendore la volta celeste.
La ragazza rimase per un po' ad osservare le stelle, brillanti ed
opaline nel nero di pece che le circondava.
All'improvviso udì un rumore alle sue spalle. Chiuse gli occhi
e si concentrò.
"Una sola persona. Passi tranquilli. Nessun pericolo." fu
la veloce analisi che fece della situazione. In realtà, sin
da subito aveva fiutato la presenza di Xena nei dintorni, ma aveva
preferito lasciarle il tempo di decidere se sfogarsi con lei oppure
no.
D'un tratto, silenziosamente, due forti braccia la circondarono da
dietro.
- Eccoti. – disse il bardo, senza guardare, - Ti ho sentita
arrivare… -
Xena sorrise: - Non avevo dubbi, Olimpia. Come si dice: "L'allievo
ha superato il maestro"… - abbassò il capo ed iniziò
a lasciare piccoli baci sul collo della compagna, - Dovevo aspettarmelo,
sapevo che prima o poi le tue doti di guerriera sarebbero venute definitivamente
a galla. – Xena percepì un irrigidimento nei muscoli
della compagna. Alzò lo sguardo: Olimpia la stava fissando,
gli occhi verdi vibranti alla luce fioca delle stelle.
- Non sai quanto mi sia costato farle "venire a galla"…
- la ragazza sospirò quietamente.
Xena fece girare ed attirò a sé il bardo, che si lasciò
abbracciare e ricambiò il gesto con trasporto. La guerriera
appoggiò le labbra alla fronte della compagna, imprimendovi
un lieve bacio: - Lo so, lo so… Ma ora è tutto passato,
tutto finito ed io sono qui. Grazie a te… - staccò il
viso della ragazza dal suo petto e la guardò negli occhi: -
Per fortuna sei qui con me, Olimpia. Non so come farei, se fossi da
sola ad affrontare questa nuova prova. –
Le due donne si scambiarono uno sguardo intenso. Xena inclinò
il viso, abbassandolo e, con le labbra, sfiorò la bocca del
bardo. Olimpia, passando una mano dietro la nuca della compagna, l’attirò
a sé, intensificando il contatto e perdendosi in quella bocca
così dolce.
Interrompendo il bacio Olimpia sorrise: - Non ti avrei mai lasciata
da sola, Xena. Dimentichi forse che Evi è anche figlia mia?
Siamo entrambe chiamate in causa quando si tratta di lei, ricordatelo.
- prese la guerriera per mano e s'incamminò verso alcune rocce
poco distanti dal sentiero - Sediamoci un po', vuoi? - Xena non rispose,
ma seguì docilmente la compagna, prendendo posto accanto a
lei.
- Ho visto che effetto ti hanno fatto le parole di Fiachra. Sei furente
e preoccupata, non negarlo, Xena. Per lo meno non tentare di negarlo
a me: ti conosco troppo bene.- la giovane, che aveva trattenuto tra
le sue la mano della compagna, puntò lo sguardo nell'immensità
stellata di fronte a lei. Inspirò profondamente l'aria frizzante,
quindi riprese: - Qui c'è così tanta pace… Il
mondo degli uomini sembra sconosciuto a questa quiete. Ti sei mai
chiesta, Xena, perché nella nostra vita ci è sempre
stato chiesto di batterci? - sorrise, più a sè stessa
che all'amica, - Io penso che fosse così perché capissimo
l'importanza di ciò per cui ci stavamo battendo. C'è
più gusto nell'ottenere qualcosa per cui si è faticato,
sofferto, anche pianto, perché no? Molto più gusto che
non avere tutto facilmente. Guarda gli dei dell'Olimpo, annoiati dalla
loro stessa potenza, così privi di scopo da doversi immischiare
nelle beghe umane per dare un senso alla loro presenza in questo mondo…
- spostò lo sguardo negli occhi della guerriera, che la fissava
intensamente.
Olimpia riprese: - Evi sta lottando per ottenere la vita che ha sempre
desiderato. Conosci nostra figlia: non sarà soddisfatta finché
non avrà scontato la pena per tutti i suoi misfatti…
E non sarebbe serena se non fosse certa di aver pagato per le sue
colpe… Xena, non fraintendere le parole che sto per dirti: penso
che il comportamento di Evi sia giusto e… - la mano della guerriera
scivolò via da quelle della poetessa così velocemente
che ella quasi non percepì il movimento.
Xena si alzò dalla roccia - Non una parola di più, Olimpia.
Cercavo conforto, probabilmente mi sbagliavo nel ritenerti partecipe
del mio dolore. - un sorriso amaro stirò le labbra della guerriera:
- Dimenticavo che anche tu hai seguito "la via dell'amore"…
e sei finita appesa ad una croce, per questo. - Si voltò, gli
occhi freddi fissi sul volto della donna, che era rimasta ancora seduta,
apparentemente calma.
- Ti sbagli, Xena. Sono finita "appesa ad una croce" perché
così ho voluto. Perché solo così avrei avuto
ciò che volevo: restare con te, costasse pure la mia vita!
- Il bardo si alzò e si portò verso la compagna. Sospirò
piano, mentre allungava una mano ad accarezzarle il viso, poi riprese,
con tono conciliante, ma fermo: - Perché devi essere sempre
così sciocca da non attribuirti mai un merito? -
La guerriera sorrise: - Bel merito! Ho ferito e distrutto tutto ciò
che amavo… Mio fratello, mia madre, mia figlia, tu… -
Olimpia prese il viso della compagna tra le mani: - Tu non hai distrutto
nessuno, Xena… Linceo è morto da eroe, combattendo. Tua
madre ha difeso il tuo onore davanti alla popolazione di un intero
villaggio. Tua figlia ha fatto da sola le sue scelte mentre tu, piuttosto,
l'hai riportata sul cammino dei giusti. In quanto a me… -
- Olimpia… -
- Lasciami finire. Per quanto mi riguarda, non ti imputo alcuna colpa…
Stare con te è l'unica cosa che dia un senso alla mia vita.
Ho lottato per riaverti indietro, lotterò ancora se necessario.
Ci sono cose per cui vale la pena lottare o morire, Xena… -
L’attirò a sé, dandole un bacio leggero e dolcissimo.
Le due donne si guardarono intensamente, mentre Olimpia accarezzava
lentamente con ambedue i pollici gli zigomi della compagna.
- Dietro di te, Olimpia. - mormorò dolcemente Xena, restando
immobile.
- Lo so… Sono due. Altri due a destra e a sinistra… -
incalzò il bardo.
- … E due alle mie spalle… Bene… Diamo inizio alle
danze, mia cara? - una luce divertita apparve negli occhi della guerriera.
- Con immenso piacere! - fu la risposta.
Le due si sorrisero, poi, fulmineamente, scattarono in posizione di
difesa.
Da dietro le rocce, come richiamati dal repentino cambiamento di posizione
delle due guerriere, sbucarono otto uomini, brandendo grosse spade
che, nella fioca luce notturna, parevano avere la consistenza di un
sogno.
- Amo combattere durante la notte! - gridò Xena alla compagna,
- Mi fa sentire viva!-
- Per come la vedo io, Xena, la notte è fatta per altri scopi…
- La guerriera alzò un sopracciglio, rivolgendo uno sguardo,
a metà tra il malizioso e lo stupefatto, al bardo. Olimpia
si sentì in dovere di proseguire: - Beh, sì… Dormire,
riposare…Ma anche… Insomma, hai capito, dai! -
- Attenta, da dietro! - urlò la Principessa Guerriera.
Olimpia si voltò, parando perfettamente un fendente ed assestando
un potente calcio all'inguine dell'assalitore, che cadde a terra contorcendosi.
Xena, nel frattempo, dopo aver abbattuto tre uomini, aveva ingaggiato
un duello con quello che sembrava essere il capo della banda: un gigante
barbuto dalla pelle chiara e i capelli color della cenere. L'uomo
brandiva un immenso spadone, ed era protetto da uno spesso pettorale
di bronzo, calosce e coprispalla dello stesso materiale. Si muoveva
con destrezza, nonostante la mole, ed aveva costretto Xena verso un
avvallamento, circondato da massi e pietrisco, al limitare del quale
si trovava un precipizio.
Olimpia sistemò facilmente altri due briganti, stordendoli
con precisi e violenti colpi di sais alla testa. Quando si voltò
per accertarsi che Xena non fosse in difficoltà, percepì
un fortissimo dolore al braccio destro, tale da costringerla a lasciar
cadere l'arma a terra. Uno degli assalitori, sbucato dall'oscurità,
aveva lanciato un pugnale nella direzione della donna: la scarsa visibilità
gli aveva impedito di fare centro completo, ma la lama si era comunque
conficcata nella carne, quasi fino all'elsa. Olimpia si portò
la mano all'arto dolente e, con un gemito, estrasse il pugnale: la
ferita sanguinava copiosamente. "Troppo sangue…" pensò,
"Ha reciso qualche vena…". Nonostante si fosse perfettamente
resa conto che il taglio era assai profondo, raccolse l'arma da terra
e si preparò ad affrontare il nemico incalzante. Il dolore
era lancinante.
"Xena se la caverà benissimo da sola…" pensò
la ragazza. - Fatti avanti, bastardo… - sibilò tra i
denti, mentre si lanciava contro l'assalitore e iniziava una sequela
di colpi al viso ed al petto dell'uomo, che presto lo ridussero ad
un fantoccio in sua mercé. Nonostante l'esito positivo del
combattimento, lo sforzo ebbe l'effetto di far sanguinare ancor più
copiosamente il taglio al braccio. La manica del cappotto, ormai inzuppata,
appariva luccicante al riverbero delle stelle, mentre il liquido caldo
che la impregnava iniziava a gocciolare a terra.
Dopo aver gettato un ultimo sguardo all'uomo privo di sensi davanti
a lei, Olimpia, si avviò faticosamente verso l'avvallamento,
dove Xena si stava ancora confrontando col gigante biondo. La vista
le si andava annebbiando a poco a poco, ma era più che decisa
a raggiungere la compagna: con lei si sarebbe sentita al sicuro.
Era evidente che l'intento del gigante fosse quello di far precipitare
la guerriera dall'orrido, tale era la foga con cui menava fendenti,
incalzando la donna perché arretrasse proprio in direzione
del precipizio.
Xena, dal canto suo, a parte qualche lieve taglio, sentiva che tutte
le sue forze erano ancora concentrate nel suo braccio: avrebbe potuto
continuare a combattere per ore… Guardandosi alle spalle, si
rese conto di essere quasi arrivata al bordo del burrone. Decise di
aver ancora lo spazio necessario a prendere lo slancio e saltare alle
spalle dell'uomo, per assestargli un calcio alla nuca e farlo precipitare
al suo posto. "Così scoprirai di persona che effetto faccia
volare, pancione…" rise fra sé la guerriera.
Proprio mentre stava per saltare, scorse alle spalle dell'uomo una
figura: una persona s'apprestava a scendere la china che portava alla
valletta. Guardò meglio: era Olimpia. In principio fu sollevata:
ciò significava che la ragazza aveva sistemato a dovere gli
altri banditi. Poi, però, quando la sagoma sbandò nel
buio, s'accasciò e cominciò a rotolare verso di lei,
la guerriera fu presa dal panico. Ferita! La sua Olimpia era stata
ferita!
di
Dori
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il racconto