L'ansia
sul volto di Xena non dovette passare inosservata al bandito, che
si voltò e, individuata la ragazza svenuta a terra, decise
di abbattersi su di lei, iniziando a correre a grandi passi verso
la giovane.
Xena, intuita l'azione, prese la rincorsa e, con un balzo poderoso,
atterrò proprio davanti all'uomo, assestandogli repentinamente
un colpo al naso. Il gigante non sembrò scomporsi più
di tanto, tant'è che abbassò un fendente in direzione
della testa della guerriera, che lo scansò per poco, rotolando
di lato. Xena estrasse il chakram e lo lanciò in direzione
dell'uomo che, straordinariamente, lo evitò avvicinandosi ad
Olimpia.
La ragazza, esanime, aveva finito con l'arrestarsi nei pressi di un
masso. L'uomo la raggiunse ed alzò la spada. Xena gli fu addosso,
colpendolo ripetutamente al fianco con svariati calci, ma l'uomo sembrò
resistere anche a quei colpi. Anzi, colpì la guerriera con
un possente manrovescio, che la scaraventò a terra. La spada
era ancora in posizione di attacco… Un secondo d'infinita attesa…
Il gigante s'apprestava ad infierire, quando il chakram, che non aveva
mai rallentato la sua corsa, ritornò sibilando da chissà
dove e sfiorò l'uomo da dietro, all'altezza delle caviglie.
Per un istante senza fine nulla sembrò muoversi, nell'aria
frizzante di quella notte. Poi, dall'uomo proruppe un grido disumano,
misto di dolore e rabbia. I piedi s'incrociarono ed egli precipitò
al suolo, trascinato dalla propria enorme mole.
Xena, ripresasi dallo stordimento, afferrò al volo il chakram
e corse dall'amica.
- Olimpia! Olimpia! Oh, tesoro… - gridò, mentre sollevava
il corpo della giovane e le liberava la fronte dai ciuffi di capelli
sudati ed imbrattati di sangue.
- Olimpia, avanti, apri gli occhi! - Le sue mani percepirono la manica
inzuppata del cappotto. - Troppo sangue… - Intuendo immediatamente
l'entità della ferita, la guerriera sistemò le dita
sopra un punto di pressione, situato poco sotto lo sterno della poetessa
e premette con decisione. La ferita smise di sanguinare.
- Ecco, amore… - sussurrò dolcemente Xena alla compagna,
- è tutto sistemato… Non devi temere, sono qui. Sei stata
brava, molto brava… Ora apri gli occhi, Olimpia… - Quasi
come se la voce della compagna avesse funto da richiamo, la poetessa
emise un gemito e, con immane sforzo, aprì lentamente gli occhi.
- Xena… Io… Stai bene? - La guerriera non poté
fare a meno di sorridere: Olimpia, pur ferita, si preoccupava di lei
e non della propria salute. "Se questo non può definirsi
amore…" ma il pensiero della donna fu interrotto dai lamenti
del gigante. Solo in quell'istante Xena si ricordò della sua
presenza.
Si alzò, reggendo tra le braccia Olimpia, e si voltò
verso l'uomo, lo sguardo freddo e penetrante fisso negli occhi rabbiosi
e sofferenti dell'altro: - Mi prenderò cura della mia amica
e poi tornerò a prenderti. - disse con estrema calma, - Non
tentare di alzarti: i tuoi piedi non ti reggeranno… Il mio chakram
ti ha reciso i tendini: temo ti sarà impossibile assalire i
viandanti, d'ora in poi… - con un lieve sorriso sulle labbra,
la guerriera si voltò e fece per andarsene.
- Xena… - la voce tagliente dell'uomo, con chiara inflessione
gallica, stridette nell'oscurità, - Giustizia sarà fatta,
comunque. Tu non puoi competere con gli dei… - l'uomo, pur scosso
dal dolore, riprese a parlare con rabbia, - E neppure tua figlia…
-Senza voltarsi a guardare negli occhi l'interlocutore, Xena rispose:
- Non credo negli dei, tanto meno nel loro potere. Mia figlia sopravviverà
al vostro inganno e batterà i vostri stupidi idoli. - Ciò
detto si allontanò ed affrontò a grandi passi la salita
che portava al bivacco, spinta dalla rabbia, dalla fretta di arrivare
presto e dalla preoccupazione di trovare un rimedio. All'interno del
capanno il fuoco, quasi spento, buttava barbagli rossastri sui muri
di calce e sulla figura rannicchiata davanti al camino. Sorprendentemente,
Fiachra era rimasto addormentato durante tutto il tempo, neppure minimamente
disturbato dai rumori del combattimento avvenuto poco distante. Xena
spalancò la porta con un tonfo secco: il ragazzo sobbalzò,
cercando d'istinto una spada inesistente accanto al proprio giaciglio.
Impiegò qualche istante a realizzare la scena che gli si stava
presentando di fronte.
- E'… ferita? - chiese con un filo di voce, quasi s'aspettasse
di svegliarsi e di riscuotersi da un brutto sogno.
Xena non rispose, adagiò Olimpia sulla branda e s'accinse a
levarle il cappotto di pelle, notando con disappunto che il sangue
rappreso aveva fatto aderire la manica al braccio.- Chiudi la porta
e sprangala come riesci. Poi rinfocola la fiamma, metti dell'acqua
a bollire e infila questo pugnale fino all'elsa dentro le braci. -
gli passò il piccolo pugnale che teneva ben nascosto nell'armatura.
Fiachra afferrò al volo l'arma e si mise celermente al lavoro.
Olimpia emise un breve lamento nel momento in cui la compagna la sollevò
a sedere e le sfilò l'altra manica dell'indumento. Poi, dolcemente,
Xena iniziò ad incidere con una lama le cuciture della manica
inzuppata di sangue, finché non la staccò dal resto
del cappotto.
- Per fortuna ho agito su uno dei punti di pressione: hai smesso di
perdere sangue, ne avevi perso fin troppo. - la guerriera sospirò,
- Tesoro, ascolta. Dovrò prima sfilarti la manica, che ha aderito
completamente al taglio… Poi cauterizzare la ferita e sai che
non sarà piacevole… -
Il bardo raccolse tutte le sue forze per rispondere all'amica. La
sua voce era vagamente udibile: - Non è la prima volta che…
affrontiamo… problemi di questo tipo… - chiuse gli occhi,
come in cerca di ulteriore forza, - Ricordi?… L'armata Persiana…
- accennò ad un sorriso, - solo che… questa volta…
mi dovrai comprare… un cappotto nuovo, non calzari… -
Xena sorrise a sua volta e posò un leggero bacio sulla fronte
fredda e madida della ragazza. - Sei forte. Andrà tutto bene,
vedrai… -
- Tutto bene… finché siamo… insieme… - poi
chiuse gli occhi, emettendo un lieve gemito di dolore. Xena stese
sul giaciglio il corpo esanime della compagna, si alzò e tolse
dal recipiente di stagno messo sul fuoco un po' di acqua calda, versandola
in una ciotola. Vi intinse poi una pezza ed iniziò ad inumidire
la manica di pelle del cappotto di Olimpia, con l'intento di sciogliere
l'incrostazione di sangue e poter così estrarre il braccio
della poetessa senza provocare ulteriori danni.
Per tutto il tempo Fiachra rimase quasi istupidito a fissare le mani
della guerriera che si affaccendavano sulla ragazza.
- Prendi dalla bisaccia attaccata alla sella il sacchetto di pelle
chiara e versa metà del suo contenuto nell'acqua bollente,
Fiachra. - le direttive di Xena gli giunsero ovattate, come provenienti
da un'altra dimensione. - Hai capito?? Sbrigati, prendi quel sacchetto!
- Fiachra fece celermente quanto gli era stato ordinato.
- Fatto… - disse in tono ossequioso, mentre rimestava l'intruglio
ottenuto: una crema verdastra e dall'odore dolciastro, che andava
addensandosi man mano.
- Bene. Versane un po' in una ciotola. Poi leva il pugnale dalle braci
e portamelo, insieme all'unguento… E attento: quell'arma scotta.
- la guerriera aveva terminato il suo lavoro: sfilò la manica
del cappotto dal braccio di Olimpia, che emise l'ennesimo gemito di
dolore, ma rimase priva di sensi. Fiachra si avvicinò, posò
la ciotola accanto alla guerriera e porse il pugnale a Xena. Avrebbe
voluto urlarle che non era un ragazzino e sapeva benissimo come ci
si comporta di fronte alle ferite profonde ed al metallo rovente.
Preferì tacere, considerandosi in parte colpevole della situazione
di Olimpia… "Se fossi rimasto all'erta, come un vero guerriero,
avrei aiutato Olimpia e lei non sarebbe ridotta così...".
Si fermò a debita distanza, osservando silenziosamente Xena
che, ripuliti i bordi della ferita con una pezza, avvicinò
alla carne il pugnale e ne appoggiò l'estremità rovente
ed appuntita all'interno del profondo taglio. Il sentore di carne
bruciata si levò nella stanza, accompagnato dal lamento di
Olimpia: Xena estrasse la lama e spalmò celermente l'unguento
sul taglio, abbondando vistosamente vicino alle slabbrature della
ferita. Con un ago lungo ed appuntito ricucì la carne a punti
piccoli e precisi. Poi, prese delle strisce di stoffa, bendò
con cautela il braccio. Una volta terminata la medicazione, adagiò
una coperta sopra Olimpia e si alzò.
Fiachra guardò la donna di fronte a lui: non sembrava la persona
con cui aveva discusso pacificamente per tutta la giornata. Ora si
era trasformata in una perfetta macchina da combattimento: ogni suo
muscolo era in tensione, pronto a scattare, i nervi tesi, i sensi
amplificati fino allo spasimo. Era l'incarnazione dello spirito di
battaglia…
- Usciamo, Olimpia ora dormirà a lungo. - Xena si rivolse al
giovane con piglio militaresco. I due uscirono dal bivacco e Xena
sprangò la porta di legno per assicurare il sonno di Olimpia
da qualsiasi irruzione sgradita.
- Ho lasciato il capo degli assalitori nell'avvallamento al limitare
del dirupo, là, dietro a quelle rocce… Penso tu lo conosca
bene, Fiachra. Daon, hai detto si chiamava la spia? - la guerriera
procedeva decisa e spedita nell'oscurità, il giovane faticava
a starle al passo - Bene, penso che ti abbia seguito fino a noi. Capisco
perché Evi ti avesse detto di non cercarci… Lei sapeva
che ti avrebbero usato per raggiungerci… - Fiachra, sospirò
profondamente: - Non ne combino una giusta, vero? - la sua voce salì
repentinamente d'intensità, a sfogare la rabbia e la frustrazione
accumulate in quelle ore.
- Prima non faccio nulla per salvare mio fratello e tua figlia, poi
mi lascio tranquillamente seguire da un gruppo di fanatici assetati
di sangue, infine ho la felice idea di addormentarmi e non rendermi
conto che eravate in pericolo, così Olimpia è stata
ferita per la mia inettitudine… - Sorrise amaramente, - Aveva
ragione mio padre: "Questo ragazzo è buono solo a pascolar
le pecore"… In effetti, sono una pecora… - Colpì
con un calcio un sasso, che andò rotolando giù per la
china che portava nell'avvallamento sottostante.
- Non sei una pecora. - replicò secca Xena, - Hai avuto coraggio
ad arrivare dalla Gallia all'Italia, senza un'arma e senza un'indicazione
esatta. Una "pecora" non si sarebbe neppure messa in viaggio…
Se Evi sopravviverà, sarà tutto merito tuo. - Proprio
al limitare della discesa, si poteva scorgere una figura umana, raggomitolata
su di un fianco. Xena si fermò a metà strada, osservando
il corpo immobile a qualche metro da loro… Era strana, quell'immobilità…
Improvvisamente comprese e si precipitò sul gigante, rigirandolo
in posizione supina e premendogli due dita sulla giugulare.
- Maledizione!! - imprecò irrigidendo la mandibola, - è
morto! Dovevo aspettarmelo… - chinò il naso all'altezza
delle labbra del cadavere ed inspirò profondamente - Odore
di mandorle amare… Ha usato un veleno potente: voleva essere
sicuro di non poterci rivelare nulla di compromettente… - alzò
gli occhi verso Fiachra, che era rimasto indietro, impietrito alla
vista del cadavere.
- Daon… Maledetto bastardo… - sibilò il ragazzo
tra i denti - Perché venire fin qui? Perché tentare
di uccidervi? Voi non c'entrate con Evi, tu hai detto che loro non
attaccano chi non… -
- Sì che c'entriamo, invece. Sanno benissimo che la loro ordalia
è un trucco, organizzato solo per annientare senza possibilità
d'appello i nemici del loro popolo. Hanno paura, Fiachra. Paura che
noi si arrivi in tempo a smascherare le loro ignobili macchinazioni.
Hanno tentato di fermarci in tutti i modi… Ma noi non ci arrenderemo,
ragazzo. Noi li fermeremo. - ciò detto si alzò e iniziò
la salita. Fiachra si attardò qualche istante accanto al corpo
esanime del gigante, poi raggiunse la guerriera a grandi passi.
ATTO
3
Il
giorno nuovo si annunciò con un'alba spettacolare, quanto fredda.
Fiachra si risvegliò di soprassalto, la testa appoggiata alla
branda su cui dormiva Olimpia. Si guardò intorno: sopra il
vigoroso fuoco nel camino, era stata appesa la pentola di stagno e
l'acqua contenuta stava iniziando a bollire. Il ragazzo era certo
d'aver percepito dei rumori provenire dalla stalla, fuori dal bivacco.
Raccolse il pugnale che Xena, durante la notte, aveva usato per cauterizzare
la ferita del bardo e si appostò dietro la porta. Aprì
con cautela e scivolò fuori, rabbrividendo al contatto con
l'aria gelida. Di nuovo quei rumori. E dov'era Xena? Possibile si
fosse allontanata senza dir nulla, lasciando la sua compagna ferita?
Forse era tornata all'avvallamento, per assicurarsi che Daon fosse
davvero morto… TUMP! Ancora un tonfo, seguito da un nitrito:
stavano rubando i loro cavalli!!
Senza indugi Fiachra si precipitò verso la staccionata della
stalla: una figura, nell'ombra, stava trafficando vicino al cavallo
di Xena. Il giovane si fece coraggio e scivolò dentro la stalla
dalla porta lasciata aperta. S'acquattò nel buio e si preparò
a lanciarsi contro il ladro, apparentemente del tutto ignaro della
sua presenza…
- Esci da lì, Fiachra - la voce di Xena, seguita dal nitrito
di Argo II, si udì chiaramente.
- Ma come…? - il ragazzo non riuscì a terminare la frase.
- Ho detto: esci da lì. Ti controllo da quando sei uscito dal
bivacco… Dovresti coprirti un po' di più: non vorrai
ammalarti con questo freddo, vero? - c'era un vago tono divertito
nella voce della guerriera. Fiachra deglutì faticosamente un
paio di volte, poi si alzò, rendendosi conto solo allora, con
un brivido intenso, d'aver addosso solo la camicia di lana e i pantaloni.
Xena aveva davvero ragione: i suoi abiti erano troppo leggeri e avrebbe
preso un malanno standosene lì!
La figura nell'oscurità si alzò lentamente ed uscì
alla luce, portando con sé il palomino, al quale era stata
legata una rudimentale slitta. A Fiachra, ancora stupito dalle abilità
sensoriali della donna, fu subito chiaro che si trattava della barella
per trasportare la compagna.
- Per un po' Olimpia non potrà cavalcare: le sarebbe difficile
reggere le redini con quella ferita… - lo illuminò Xena,
- Inoltre, con tutto il sangue che ha perso, sarà debole. Torna
nel bivacco e metti nell'acqua le erbe che ho appoggiato accanto al
camino: Olimpia ha bisogno di rimettersi in forze e l'infuso che le
preparerai la aiuterà di certo. - Fiachra fissò la guerriera
e la frase scivolò fuori dalle sue labbra ancora prima che
se ne rendesse conto: - La ami molto, vero? - Il ragazzo istantaneamente
temette che la donna l'avrebbe colpito per la sua mancanza di tatto.
Invece, Xena lo guardò con tenerezza, un tenerezza che Fiachra
era sicuro non fosse per lui, ma per la ragazza ferita che dormiva
dentro al bivacco.
- Sì… E' lei che dà un senso alla mia vita. E'
stata in grado di restare con me, nonostante tutto… - la guerriera
fissò il sole che indorava la cresta dei monti ad est.- Il
vostro amore è così profondo, sinceramente invidiabile…
- considerò Fiachra.
- Sì… - sospirò la guerriera, - Sì, è
molto profondo. E' qualcosa per cui vale la pena di battersi, sacrificarsi,
anche morire se necessario… - Il bagliore dorato del cielo si
rifletteva sul volto della donna, disegnandone i contorni e sfumando
i colori: Fiachra guardava ammirato quel viso bellissimo, gli occhi
chiari, persi lontani nell'orizzonte.- Bene, è ora di svegliare
la bella addormentata… - Xena sorrise e s'avviò verso
l'ingresso del bivacco. Assicurò le redini di Argo ad un gancio
ed entrò, seguita da Fiachra il quale, una volta dentro, andò
a gettare le erbe nell'acqua bollente, come gli era stato chiesto
di fare poco prima.
Olimpia dormiva profondamente: Xena le passò una mano sulla
fronte.
- Molto bene, - disse con evidente sollievo, - non c'è traccia
di febbre. Ciò vuol dire che l'unguento d'erbe ha fatto effetto
ed ha tenuto lontane le infezioni. - il suo sguardo si raddolcì.
- Olimpia… Olimpia… Forza svegliati, dormigliona…
- le dita della guerriera si soffermarono per un attimo sulle ciocche
bionde, come cercando di sistemarne la scompostezza.
Il bardo aprì faticosamente gli occhi e sbatté più
di una volta le palpebre, sforzandosi di mettere a fuoco l'immagine
davanti a lei. Poi, accennando un sorriso, parlò in un soffio
di voce: - Xena… Sto meglio… Ho dormito tanto. - si stirò
lievemente i muscoli del collo e sbadigliò.
- Ho sognato di essere a Potidea: Lila e Sarah mi correvano incontro
ed io ero felice… Anche tu eri felice Xena… Eri accanto
a me e ridevi… C'era Evi con noi… - lo stomaco della ragazza
gorgogliò all'improvviso. Le due donne si guardarono e si misero
a ridere simultaneamente.- Non mi smentisco mai, eh? - disse arrossendo
Olimpia.
- No - sorrise la guerriera accarezzando la guancia della compagna,
- ma è un buon segno: il tuo corpo sta reagendo meglio del
previsto Olimpia. Ad ogni modo, Fiachra sta preparando un infuso che
dovrai bere tutto mentre è caldo. Ho fatto cuocere un paio
di mele e le mangerai con del formaggio… - il tono non permetteva
obiezioni. Olimpia guardò la compagna con il sorriso negli
occhi e poi spostò lo sguardo sul ragazzo intento a rimestare
le erbe nella casseruola di stagno: - Trattata come al palazzo di
Caligola, eh? Un pranzo degno degli dei… Grazie… -
Fiachra avvampò subito, mentre Xena s'era già avvicinata
alla bisaccia, traendone un pezzo di formaggio ed una fiasca di latte.
Quando la frugale colazione fu consumata da tutti e tre, la compagnia
si preparò per il viaggio. Olimpia, nonostante le ripetute
lamentele e le dichiarazioni di essere in grado di cavalcare da sola,
accettò di essere messa sulla slitta solo quando l'incurvatura
del sopraciglio di Xena fu tale da raggiungere quasi l'attaccatura
dei capelli… Fiachra aveva avuto il compito di condurre il cavallo
del bardo, tenendolo legato alla sella della propria cavalcatura.
I tre iniziarono la discesa del vallo di prima mattina. Il cielo era
terso, l'aria frizzante entrava quasi dolorosamente nei polmoni, pungendo
durante tutto il suo percorso nel petto. Fiachra si stringeva il collo
del proprio mantello e, a tratti, gettava sguardi furtivi alla giovane
che si era riaddormentata nella slitta costruita appositamente per
lei. Più di una volta la sua mente era andata al breve discorso
fatto con Xena quella mattina ed una cosa in particolare continuava
a girare nella sua testa: la serenità della guerriera nel definire
il suo rapporto con Olimpia: senza problemi aveva ammesso di amarla
più della propria vita. "Eh!" sospirò tra
sé il ragazzo, "Fanno proprio una bella coppia…
Sì… Invidiabili… E poi, così belle tutte
e due! Almeno avessi io la possibilità di stringere un legame
così forte con una ragazza così bella…" alzò
lo sguardo e si accorse che Xena lo stava guardando. Ebbe la sgradevole
sensazione di somigliare ad una pergamena srotolata e completamente
leggibile: camuffò l'imbarazzo con un sorriso stirato, quanto
fuori luogo, e coinvolse la guerriera una conversazione sull'utilizzo
delle erbe montane nella preparazione di medicinali contro i malanni
di stagione, che occupò il loro tempo finché il sole
di mezzogiorno non fu alto nel cielo.
di
Dori
Stampa
il racconto