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episodio n. 4
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A metà pomeriggio Xena rallentò l'andatura dei cavalli nei pressi di una sorgente e permise alla compagnia di fermarsi per riposare un poco. La marcia forzata a cui erano state sottoposte aveva affaticato non poco le cavalcature: in particolare, il cavallo di Fiachra dava segni di stanchezza. Il ragazzo, infatti, più di una volta aveva faticato non poco a governare il proprio baio, che portava legato alla sella il cavallo di Olimpia.
Fiachra sentiva di aver bisogno di una pausa, tanto quanto il proprio cavallo: avevano così fretta di raggiungere il territorio dei Glancoir che Xena aveva distribuito il pasto mentre si cavalcava ed era smontata da cavallo solo per passare il cibo a Olimpia ed aiutarla a sistemare meglio alcune pelli distese sull'intelaiatura della slitta. Il giovane sentiva di aver bisogno di raddrizzare le gambe almeno per qualche istante, prima di tornare in sella, ed accolse di buon grado l'idea della guerriera di fermarsi alla sorgente, mentre lei cambiava la medicazione alla ferita di Olimpia. Decise di fare un giro di perlustrazione ai bordi del piccolo laghetto nei pressi del quale i cavalli si stavano abbeverando. Il bosco era invitante e, infondo, non sarebbe stato via a lungo.
- Non ti allontanare troppo. - disse Olimpia in tono materno, mentre le mani di Xena s'affaccendavano veloci attorno alle bende, ne scioglievano il nodo e cominciavano a districare la fasciatura.
- Non sappiamo chi possa esserci nelle vicinanze. Ahi, Xena! ... E neppure se chi ci ha assalito ieri notte avesse richiesto dei rinforzi, o fosse solo una parte di una gruppo più numeroso, o... -
- Non preoccuparti, - la interruppe Xena, - Fiachra sa esattamente cosa fa. - Guardò il giovane, che la osservava con l'aria stupita, - Non si metterà nei guai: è in gamba e ha sale in zucca. -
Fiachra arrossì violentemente. - Anzi, se ti capitasse di trovare qualche fungo mangereccio raccoglilo pure: meglio fare scorta, non ti pare? - sorrise benevola al ragazzo, che chinò lievemente la testa accennando un assenso e s'avviò verso gli alberi poco distanti.
- Xena, ci sarà da fidarsi? - Olimpia guardò seriamente preoccupata la compagna. - Potrebbe esserci chiunque nei paraggi e lui è disarmato. E' così giovane. E poi, non è certo un guerriero.-
- Non preoccuparti, Olimpia. Quel ragazzo sa badare a se stesso. Questa mattina, pensando che ci fossero ladri nella stalla, non ha esitato un attimo, prima di entrare in azione. - sorrise, guardando dolcemente la ragazza negli occhi. - Bene, bene! La tua ferita si sta sgonfiando. - trasse dalla bisaccia un'urna contenente l'unguento preparato la notte precedente e ne spalmò in abbondanza sopra la carne ricucita con precisione.
- Xena... Non ti ho ancora ringraziata per quanto hai fatto per me. - Il bardo teneva lo sguardo fisso verso il basso. Si sentiva in colpa: -Ho messo a rischio la mia e la sua vita per non aver calcolato la gravità della situazione. Ancora una volta non ho agito da guerriera.- sospirò sommessamente, -Ho usato il cuore, non la testa.-
- Non dire altro: il solo fatto che tu sia viva è il miglior ringraziamento che potessi desiderare. - Xena, con la punta delle dita sotto il mento di Olimpia, fece alzare lo sguardo della ragazza, finché le due si ritrovarono a quattr'occhi.
- Sono stata sciocca, ho dato poca importanza alla ferita. Pensavo di potercela fare: non ho valutato bene le mie possibilità. E poi, anziché ritirarmi nel bivacco, ho tentato di raggiungerti, mentre sapevo benissimo che ce l'avresti fatta da sola. - di nuovo, il bardo abbassò lo sguardo. Xena le alzò di nuovo il viso, accarezzandolo amorosamente, poi, alzandosi, le rispose: - Hai usato il cuore. E quello ti suggeriva di venirmi in aiuto, comunque tu stessi. - si voltò ed andò ad appendere la bisaccia alla sella di Argo II, - Non è una colpa amare, Olimpia. -
La ragazza la seguì con lo sguardo in tutti i suoi movimenti, finché non ritornò al suo fianco. - Ad ogni modo, grazie. - Sorrise agli occhi azzurri che la fissavano attentamente, - Soprattutto perché hai ricucito la ferita a punti piccolissimi: non resterà che un piccolo segno… - la giovane imitò scherzosamente l'atteggiamento di Venere - Ah, la mia bellezza è salva, bimbe! - entrambe le donne si misero a ridere.
Poi Xena aiutò Olimpia a sdraiarsi e, mentre la compagna si riposava, accese un piccolo fuoco, per preparare la cena. Nel frattempo, addentratosi tra i larici e gli abeti, Fiachra camminava lento, prestando attenzione al tappeto di aghi secchi e muschio su cui posava i piedi. Aveva già raccolto qualche fungo dall'odore buono, con la cappella frastagliata e gialla, e che sapeva non essere velenoso, anzi. Le donne della comunità di seguaci di Evi avevano l'abitudine di cucinarli insieme alle carni di lepre o di capriolo, quando c'era la fortuna di averne. Il ragazzo si lasciò trascinare dai ricordi, la malinconia prese il sopravvento ed egli spaziò con la mente nel passato, ai giorni felici in cui consumava pasti e preghiere con la comunità, meditando e crescendo, convincendosi che l'amore vince ogni sorta di soppressione ed ingiustizia. Ancora era convinto che le parole di Evi avessero un fondo di verità, ma in cuor suo meditava alcuni cambiamenti allo stile di vita dei seguaci della Via dell'Amore. " Proteggere ciò in cui si crede. " pensò tra sé, " E' l'unico modo per preservarsi dalla distruzione. Prima il dialogo, sì, ma mai cedere alla sottomissione. Bisogna reagire. Sì, bisogna reagire.".
Il richiamo di un Regolo lo riscosse dalla sua meditazione. Si guardò intorno: s'era addentrato parecchio nella foresta. La luce passava filtrata attraverso i rami frondosi degli alberi. La sera si avvicinava a grandi passi, era meglio ritornare: col buio cercare l'accampamento delle sue due amiche sarebbe stata un'impresa ardua.
" Cerca di evitare che Xena ti consideri uno sciocco" si rimproverò mentalmente, "Ha appena dichiarato la sua fiducia in te. Fa che non se la rimangi!". Osservò attentamente il bosco che lo circondava, alla ricerca di segni già visti al suo passaggio e perciò stessi conosciuti. Nulla. Più si muoveva, più aveva la sensazione di girare in tondo, ricapitando sempre nello stesso punto. Gli vennero in mente i vecchi racconti della nonna, quelli in cui si narrava di foreste stregate, in cui esseri misteriosi, non sempre così benevoli, si divertivano a far smarrire gli umani, facendoli vagare in eterno senza mai trovare la strada del ritorno.Il bosco si tingeva di strane colorazioni, cupe e brillanti allo stesso tempo. Le ombre degli alberi s'allungavano sempre di più, facendo massa anche laddove poco prima la luce del sole era riuscita ad infiltrarsi. Gli strani richiami degli uccelli, che in precedenza avevano incuriosito il ragazzo per i loro timbri squillanti, ora s'erano trasformati in improvvisi lamenti lugubri, amplificati dalla tensione. "Sono solo regoli e rampichini alpestri. Sì, sì. Non fanno male a nessuno. Solo regoli e rampichini."
I sensi di Fiachra erano tesi fino allo spasimo.- Mah! Spettri! Solo fandonie per terrorizzare i bimbi.- si disse a voce alta, per riempire quel silenzio che sapeva d'innaturale. - Belur, nel tuo amore, aiutami! - d'improvviso sentì l'inquietante sensazione d'essere osservato: un formicolio insistente alla base del collo, la precisa certezza che due occhi fossero fissi su di lui. Accelerò il passo, incerto su quale fosse la direzione giusta da prendere: intorno a lui, solo il buio e i rami degli alberi, tesi come dita scheletriche a sbarrargli la via. Alle sue spalle udì un rumore secco: come di rami spezzati dal peso di qualcuno. O qualcosa... - Belur, nel tuo amore, aiutami. Belur, nel tuo amore, aiutami. - il cuore del giovane tamburellava insistentemente nel petto: Fiachra aveva la sensazione che da un momento all'altro sarebbe scoppiato. - Belur, nel tuo amore, aiutami! - l'esclamazione uscì forte dalle sue labbra, senza che lui ne avesse la minima intenzione.
- Fiachra! - la voce di un uomo arrivò distinta alle sue orecchie, da dietro un cespuglio, subito seguita da un altro timbro maschile: - Fiachra, figliolo! - Il giovane si voltò di scatto, riconoscendo le voci:
- Voi! - All'improvviso l'adrenalina accumulata esplose in una miriade di puntini neri, che occuparono di prepotenza tutto il suo campo visivo. L'ultima cosa di cui ebbe la percezione, furono due braccia accorse a sorreggerlo, mentre scivolava nel buio.
- Quel ragazzo tarda troppo. - La voce secca di Xena riscosse Olimpia dal sonno placido in cui era caduta.- Mmm... Che? Fiachra? Xena, s'è fatto buio e non è ancora tornato? - lo sguardo implacabile del bardo si posò sulla compagna accanto al fuoco. - T'avevo detto di non lasciarlo andare! Ma tu quando mai mi ascolti? "Il ragazzo sa badare a se stesso!" Come no! Ora chissà dove si sarà... - gli occhi della giovane misero a fuoco qualcosa che si muoveva alle spalle della guerriera, proprio appena al limitare del bosco.
- Dei dell'Olimpo... Ma cosa...? - l'espressione stupefatta del bardo indusse la guerriera a voltarsi. Un gruppo di uomini procedeva lentamente verso di loro. La mano di Xena corse immediatamente alla spada fissata all'armatura sulla sua schiena.
- Veniamo in pace, Xena di Amphipolis... - l'uomo che avanzava davanti a tutti, reggendo un grosso fardello, vagamente intravedibile al buio, parlò con voce profonda e calma. - Che Belur vi benedica entrambe. -.La stessa frase fu ripetuta da tutti coloro che lo seguivano silenziosamente: Xena ne contò sommariamente una decina.
- Mi presento. Sono Flavio Laceno. - l'uomo, capelli corti e corvini, viso austero e fisico asciutto, posò a terra con un movimento fluido il fagotto che reggeva tra le braccia: Xena si rese conto solo allora che si trattava di Fiachra e si avvicinò a grandi passi al ragazzo. Olimpia, dal canto suo, si mise in piedi e si avvicinò lentamente al gruppo di uomini, usciti dalla foresta come un'apparizione magica. Il dolore al braccio stava svanendo: sentiva i movimenti farsi più fluidi e meno fastidiosi: la sua donna era una guaritrice formidabile!
- Il ragazzo è svenuto - osservò Flavio, - L'emozione, nel riconoscerci, è stata grande. Doveva essere sfinito per reagire così. - sul viso gli si disegnò un'espressione quasi affettuosa, che contrastava con la severità dello sguardo sfoderato fino a poco prima. Xena tolse dalla bisaccia una piccola ampolla di vetro scuro, la stappò e ne passò l'apertura sotto le narici del giovane il quale, dopo aver scosso per un paio di volte il capo, riaprì gli occhi e, con un movimento meccanico, si mise a sedere. Sgranò gli occhi e mise a fuoco le persone che gli stavano dinnanzi:
- Ah, - esclamò, - allora non ho sognato! NON HO SOGNATO!! - iniziò a ridere freneticamente e altrettanto velocemente si mise in piedi e corse ad abbracciare Flavio Laceno, che lo accolse tra le sue braccia con misurato trasporto.
- Voi, voi! Belur è grande! Siete vivi! Pensavo vi foste dispersi! - il riso del ragazzo si mischiò velocemente ad un pianto liberatorio.
- Dispersi? Noi? No! - Flavio sorrise, - I Glancoir pensano di averci sconfitti solo perché hanno catturato il nostro Profeta, ma si sbagliano: ci hanno solo dato un motivo per divenire ancora più forti e compatti. - Incrociò lo sguardo di Xena e proseguì: - L'ordalia non è ancora avvenuta. I nostri informatori ci dicono che per ora Evi è trattenuta sotto stretta sorveglianza in una grotta non lontano dal villaggio di quei fanatici. - gli occhi di ossidiana dell'uomo si spostarono su Olimpia, - Il nostro piccolo Fiachra ha voluto fare di testa sua ed è venuto a cercarvi. -. Fiachra, sentendosi chiamato in causa, si sciolse dall'abbraccio:
- Io... -
- No, - lo interruppe una donna, che parlò avanzando verso il fuoco - Non scusarti. Hai seguito il cuore. Sei stato più coraggioso di tutti noi messi insieme. - Flavio le scoccò un'occhiata pungente, ma lei proseguì con piglio sicuro: - Invece di nasconderti, hai preferito affrontare tutti i pericoli di un viaggio verso l'ignoto, per raggiungere le madri della nostra Guida. -
- Ma ho disobbedito... - il volto del giovane si abbassò, lo sguardo puntato verso terra. Olimpia vi riconobbe la sottomissione del giovane nei confronti degli anziani: le gerarchie interne al gruppo erano vincolanti e Fiachra le stava rispettando rigorosamente. Si chiese se Evi volesse davvero che nella Comunità s'instaurassero rapporti gerarchici.
- Aoife ha ragione, Fiachra. - riprese Flavio, con tono asciutto, indicando la donna che ora, alla luce del fuoco, era visibile: capelli fulvi, ricci, carnagione diafana, occhi verdi, scintillanti al riverbero delle fiamme. Tutto lasciava intendere che provenisse più o meno dalle terre di Britannia, le stesse che avevano visto nascere Fiachra.
- Abbiamo seguito le tue tracce, appena siamo stati certi di non essere in pericolo. - un lieve imbarazzo apparve per un istante nella voce dell'uomo, che però riguadagnò immediatamente il tono sicuro, da leader. - Quando ci è stato chiaro lo scopo del tuo viaggio ci siamo divisi. Alcuni di noi sono ritornati all'accampamento, altri si sono appostati nei pressi del villaggio dei Glancoir. Noi, invece, ti stavamo raggiungendo. - Di nuovo la donna parlò: - Sai che possiamo viaggiare solo di notte. Per via dei romani, che ci stanno sempre addosso. E di quel drappello di fanatici, che è venuto a cercarti. Daon non ha dimenticato il tuo sputo, Fiachra. - Il ragazzo guardò imbarazzato Xena e Olimpia, che gli avevano rivolto uno sguardo interrogatorio.
- Ehm, beh... Sì. Quando si è beffato di noi, chiamandoci pecore. Beh... Io dovevo reagire e quindi... Ho sputato... Lo so che non si fa! -
Olimpia sorrise: Fiachra era così tenero, un bambino cresciuto alla svelta, ma pur sempre un bimbo..
Xena, invece, mantenendo uno sguardo freddo, riportò la discussione sui Glancoir: - E voi non avete tentato di sviarli? Non li avete allontanati dal percorso che Fiachra aveva intrapreso, visto che avevate capito le loro intenzioni? - nessuno dei presenti parlò. Fiachra restò ostinatamente a capo chino. - Sapete che se l'avessero raggiunto prima che ci trovasse non avrebbero avuto pietà per lui? Sapete che Daon l'avrebbe ucciso per lo sgarbo che gli aveva inflitto di fronte al suo popolo? - Olimpia allungò un braccio nel tentativo di interrompere la collera della compagna, ma Xena continuò: - L'avete lasciato partire e siete stati a guardare mentre si sfiancava di fatica per i monti. E' giunto a noi lacero e malmesso: nessuno di voi s'è azzardato ad aiutarlo, è quasi morto di fatica. Nostra figlia...- indicò con un braccio Olimpia, - non avrebbe mai permesso uno scempio simile. - la rabbia deformava il viso dai tratti perfetti ed infuocava lo sguardo tagliente della guerriera.
Flavio prese la parola: - Ti sbagli. Evi aveva chiesto esplicitamente di non venire a cercarti. - il suo tono, distaccato e calmo, sortiva un effetto irritante agli orecchi della guerriera, - Noi le abbiamo obbedito. Non siamo uomini di guerra, Xena. Siamo pacifici. Siamo pronti a sacrificarci per Belur, in nome dell'amore. -
- Già. - lo interruppe Xena, sprezzante, - Siete pronti, eccome. Sacrificate i più giovani e puri di cuore. - alcuni dei presenti assunsero un'aria imbarazzata, - Fortunatamente Fiachra era già con noi quando Daon ci ha assaliti: non ha dovuto combattere, tanto meno uccidere qualcuno. Si è mantenuto puro, come quando è partito per la sua missione disperata. Senza certezza di riuscita. Solo. -
- Belur era con lui. - la interruppe un uomo canuto dal mezzo del gruppo.- Questo non basta a salvare la vita. - sibilò Xena.
- Ma ora - intervenne Flavio, - anche Daon è morto, mentre voi due e Fiachra siete... -
- Vivi. - lo sguardo tagliente di Xena si bloccò sull'uomo, mentre gli smorzava la frase.
- Basta Xena, per favore. - la voce di Fiachra si udì, quasi solida, nel silenzio teso che s'era venuto a formare tra i presenti. - Basta. Ho sbagliato, sì, e farò ammenda per la mia disobbedienza. Ma nel mio errore ho ottenuto qualcosa di buono: voi siete qui e per Evi c'è una speranza in più. -
Un lieve vocio d'approvazione si levò dal gruppo. Xena guardò il giovane e gli tese una mano, che fu afferrata con trasporto dal ragazzo.- Grazie a te Evi si salverà. - sussurrò con dolcezza la donna.
- Te ne saremo sempre grate. - proseguì sorridendo Olimpia. - Ora andiamo tutti a mangiare qualcosa! Bisogna festeggiare l'incontro di stasera e riprendere le forze! - si avvicinò alle coperte sulle quali aveva riposato fino a pochi minuti prima e le srotolò, sistemandole intorno al falò. - Non c'è molto, ma possiamo dividercelo! -
- Oh, - disse Fiachra, rammentando all'improvviso, - io ho raccolto molti funghi mangerecci, - allungò la bisaccia a Olimpia, che l'aprì ed inspirò con piacere il profumo invitante. - e anche dei mirtilli: ne ho trovati di enormi, succosi e dolcissimi.-
- A quanto pare il nostro ragazzo s'è già preso l'antipasto! - esclamò ridendo Aoife, afferrando a braccetto il giovane e portandolo con sé. - Fammi un po' vedere se riesco ad arrangiare qualcosa con quei funghi. Celtchar, tesoro, ti va di tirar fuori dalla borsa quella lepre che hai catturato qualche ora fa? - l'uomo canuto si fece avanti e trasse dalla bisaccia di pelle un animale di taglia piuttosto grossa, che certamente sarebbe bastato a sfamare tutti i presenti. - Non assicuro miracoli, ma se Belur mi assiste, stasera andremo tutti a dormire con la pancia piena! - e ridendo, Aoife condusse Fiachra vicino al fuoco, seguita da tutti gli altri.Olimpia, che aveva finito di sistemare le coperte e le pelli, si avvicinò alla compagna.
- Che c'è che non va, Xena? - le chiese dolcemente, appoggiandole una mano sul braccio.
- Non mi convince...-
- Cosa? - - Quel Flavio Laceno. Non mi piace. -
- E' solo un po' burbero. E, soprattutto, ha paura che tu gli rubi l’ascendente sui compagni. Hai carisma da vendere, Xena: è logico che ti veda come una rivale. -
- Ecco ciò che non torna: Evi non tollererebbe divisioni gerarchiche all'interno della Comunità. E poi... -
- E poi? -
- Sembra che gli sia dispiaciuto vederci sane e salve. E' come se s'aspettasse di trovarci ferite, o morte. Meglio ancora: di non trovarci affatto. - Olimpia guardò il gruppo riunito intorno al fuoco. La risata fragorosa di Aoife risuonò squillante, seguita da tutte le altre. Flavio era mischiato agli altri: non sembrava starsene in disparte, né darsi troppa importanza. Eppure la ragazza sapeva che Xena non s'era mai sbagliata nel giudicare le persone. "Starò attenta al suo comportamento" ripromise a se stessa.
Prese per la mano la guerriera e la condusse verso la compagnia, mentre una nuova risata si alzava libera verso il cielo. La compagnia, terminata la cena, s'era ritirata per il riposo notturno: il giorno seguente si sarebbe messa in cammino per arrivare al villaggio dei Galncoir che, secondo le indicazioni di Flavio e dei suoi, non distava molto dall'accampamento. Xena stava affilando la spada, seduta su una pietra, poco lontano dal fuoco.
Olimpia si riscosse dal sonno e, vista la compagna ancora sveglia, si alzò e le si avvicinò.- Beh, che fai? Non vieni a dormire? - la guerriera non alzò lo sguardo dalla lama della sua arma e rispose con un monosillabo. - Ripeto: non vieni a dormire? Xena... Tu ti stai crucciando per un pericolo che non c'è! Fiachra è felice, siamo nei paraggi del villaggio dei Glancoir, libereremo Evi: che vuoi ancora? - sospirò - Amore, non sempre la gente deve nascondere qualcosa di male. Ed esistono i lunatici, a questo mondo. - s'accucciò ai piedi della guerriera e mise le sue mani su quelle dell'altra donna: - Senti. Ti prometto che anch'io terrò d'occhio Laceno, d'accordo? Appena noterò qualcosa di storto te ne parlerò. Però ora vieni a dormire. Sei stanca tu come lo sono tutti. -
- Qualcuno deve fare la guardia. - rispose asciutta la guerriera.
- Ci sono già degli uomini appostati tutt'intorno. Si sono organizzati proprio per darci l'opportunità di riposare: sanno cosa ci è successo e da quanto non chiudiamo occhio come si deve. - si alzò e, tenendo la mano della donna, la invitò ad alzarsi.
- Dai Xena. Sotto quelle pelli non c'è verso che io riesca a scaldarmi. Tu sei un camino vivente: non vorrai lasciare che la tua ragazza muoia assiderata, vero? - rise piano, mentre conduceva Xena alle pelli stese per terra.- Prometto che non scalcerò! - e disegnò con le dita una croce invisibile sul petto.
- E sia. - s'arrese la guerriera sorridendo, sganciandosi l'armatura e appoggiandola accanto al giaciglio - Se però cominci ad imitare i centauri, come al tuo solito, ti mando a dormire sull'isolotto in mezzo al laghetto. Donna avvisata... -
- Sì, sì. Fidati! - Olimpia guardò la compagna seriamente preoccupata, - I bagni "solitari-e-notturni" non mi sono mai piaciuti. Soprattutto perché "notturni". - - Strano. - ammiccò maliziosamente Xena, - Avrei detto che non ti piacessero soprattutto perché "solitari"! -
- Ah. Ah. Ah. Spiritosa come una Baccante con la luna storta! - rispose di rimando il bardo, - Non me la prendo perché sei stanca e straparli, Xena. E poi perché...- sbadigliò rumorosamente, - Perché ho troppo sonno per prendermela. Ora vieni qui e scaldami: ho preso freddo mentre tentavo di convincerti a dormire. Mi merito una ricompensa, non trovi? -
- Certo, mio bardo. - sussurrò la guerriera, mentre le mani si avvicinavano al corpo della compagna. - Come desideri. - Il tono non piacque affatto a Olimpia, che però preferì ignorarlo, sperando d'aver interpretato male le intenzioni dell'amica.
Le dita forti si posizionarono sui fianchi della giovane e risalirono lungo le braccia. Poi, cominciarono a muoversi - Ah, no! No! Xena! Il solletico no! No! Accidenti! Ah, ah, ah! -
- E così io sarei stanca, eh? Ah sì? E straparlerei, vero? Non dirmi...-
- Xena! Basta! Sveglieremo gli altri! Ah, ah! -
- Macché! Dormono tutti come sassi! Xena si posizionò sopra Olimpia, intrecciando le dita a quelle della compagna. E, visto che dormono davvero tutti... - iniziò con fare languido a baciare, lentamente, il collo della giovane, - potremmo anche... approfittarne... è da quasi una settimana che noi non... -
La donna fu interrotta dal bardo che, sorprendentemente, con un colpo di reni, la fece voltare sulla schiena, invertendo le posizioni. Xena la guardò, stupefatta da tanta energia. Olimpia sorrise maliziosamente, abbassandosi pian piano le spalline del top. La guerriera deglutì più di una volta, davanti al corpo della compagna, così candido e sinuoso al chiarore della luna.
- Olimpia... - riuscì a formulare coerentemente una frase, prima che la passione la travolgesse completamente, - la tua ferita... Sicura che... - il bardo le pose delicatamente un dito sulle labbra, zittendola.
- So quel che faccio. Dimentichi forse di essere una guaritrice eccezionale, Xena? - sorrise, - Avanti - i suoi occhi brillarono nell’oscurità, mentre con mani sicure eliminava ogni barriera tra sé e il corpo della guerriera.
- Avanti, Xena, sto aspettando la mia ricompensa -
Le due donne, travolte dalla passione, non si accorsero che qualcuno, da dietro i cespugli, stava spiando la scena, individuava ad uno ad uno gli uomini di guardia e si preparava ad agire. Un rumore improvviso destò contemporaneamente Xena e Olimpia dal sonno. Non albeggiava ancora anche se il cielo stava prendendo colorazioni tenui. Del fuoco acceso al centro dell'accampamento, non restava che sparuti involti di fumo, che si sollevavano lievi dalle ceneri.
In un lampo le due furono in piedi, si rivestirono velocemente e sfoderarono chakram e sais. Dietro di loro Fiachra, Celtchar e altri uomini della compagnia si erano riscossi dal sonno e, dopo un breve attimo di smarrimento, realizzando che qualcosa non andasse, avevano impugnato le prime armi capitate loro: sassi e rami.
- Belur ci protegga! - esclamò Aoife, pallida. - Che succede? Che succede?? Chi manca di noi? - tutti si guardarono intorno, cercando di individuare gli assenti.
- Flavio. - realizzò Celtchar, - Poi Rhobb, Patrizio e Afthé, che però erano di guardia. Strano. Non li vedo. - mentre gli uomini non si decidevano su cosa fare, Xena si avvicinò ad un gruppo di arbusti non molto distante.- Afthé, Rhobb o Patrizio, presumo. - sospirò con aria accigliata, indicando il corpo esanime dell'uomo, gettato tra i cespugli con la gola squarciata da un lato all'altro. Aoife soffocò un lamento, mentre Fiachra imprecò a bassa voce.
- Presto, cerchiamo gli altri. - ordinò Xena, - Se tanto mi dà tanto, non dovrebbero essere molto distanti da qui… E neppure in condizioni migliori - sospirò. Le previsioni della guerriera si rivelarono esatte: Patrizio e Rhobb furono ritrovati nelle stesse condizioni del compagno, gettati frettolosamente tra i cespugli, non molto distanti dai luoghi in cui avevano fatto la guardia all'accampamento. Mancava all'appello ancora una persona.
- Xena... - iniziò Olimpia avvicinando la compagna, - Pensi che l'autore di questa carneficina sia stato Flavio? - lo sconforto attanagliava la voce del bardo.
- Mmm... Non saprei - rispose assorta la donna, mentre i suoi occhi seguivano tracce sul terreno che solo loro riuscivano ad individuare. - Non penso. Olimpia, vedi anche tu quello che vedo io? - si chinò ed indicò col dito alcune lievissime tacche nel terreno, dalle quali partivano del leggeri solchi.- Calzari… - ponderò la ragazza, ripassando con il polpastrello i segni per terra, - qualcuno è stato portato via da questa parte. - alzò lo sguardo verso la compagna in attesa di conferma.
- Esatto. - rispose Xena. - Non riesco ancora a capire che ruolo abbia Flavio in tutto questo - si passò una mano sul mento, - Pensavo fosse coinvolto in qualcosa di losco, ma la sua sparizione, e in particolare questi segni, toglie peso alla mia ipotesi. - Seguì con lo sguardo le tracce, che sparivano verso la radura poco distante. - Ad ogni modo, non è più sicuro stare qui: seppelliamo gli uomini e partiamo velocemente. Qualcuno ci segue. Potrebbero essere i Glancoir: da che ho capito agire di notte fa parte del loro modus operandi . Oppure... -

di Dori

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