EPISODIO N. 3
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Nota dell'autrice: "Scrivere questa ff per me è stata un'avventura piacevole ma anche costernata da lunghe pause di mancata ispirazione, a tal punto da voler gettare la spugna. Ma Xandrella e Darkamy mi hanno convinta a perseverare, appoggiandomi in tutto e per tutto e concedendomi nei momenti più bui e difficili la loro fiducia incondizionata.
Sono felice di avere portato a termine questo racconto, non potevo non farlo e lo devo a voi ragazze. Grazie di tutto!! Infine dedico questo mio lavoro a tutte le compagne di scrittura della stagione virtuale. Buona lettura a tutti "

Sietta

PROLOGO

In Grecia 20 anni prima...

Olimpia a Xena :< Pensi che si risveglierà mai? > -
Xena :< Chissà…forse i Lumin la proteggeranno ancora…nel frattempo le vestali avranno cura di lei finché avrà vita > -
Olimpia :< Pensavo che anche lei riuscisse a cambiare > -
Xena la guarda con dolcezza poi risponde –
<Olimpia … sono cambiata perché tu mi hai aiutato a scoprire la parte sconosciuta del mio cuore > -
Olimpia :< A volte nelle situazioni di pericolo, l’unico modo per salvarsi è quello di rispondere alle offese, ma il cammino che ho scelto me lo impedirà > -
Xena :< La mia vicinanza ti sarà d’aiuto > - E vanno via
Una guardia al servizio delle vestali chiude il portone dietro di loro.

CAPITOLO I

< Allora, come sta? > - Chiese una fanciulla appena entrata nella stanza. Portava con sé una bacinella colma d’acqua ed alcune bende per ripulire con cura la ferita.
< Mhm…Non bene: la sua pelle brucia non credo che riuscirà riprendere conoscenza. Si è lamentata tutto il giorno > - rispose Licia, l’anziana sacerdotessa vestale a cui Nerissa era stata affidata. Era seduta accanto a lei e le rimboccava le coperte con fare materno.
Licia : < Forse questo le darà un po’ di refrigerio > - intinse la benda nell’acqua fresca e la posò delicatamente sulla fronte della donna madida di sudore.
< Licia, ma perché non vai a riposare? > - Le domandò Ebe -
< Ci penso io adesso: sei stata qui tutto il giorno... > - riprese la giovane accarezzandole una spalla affettuosamente.
Licia era una delle più famose vestali massime della Grecia, rispettata da tutti e ammirata soprattutto dalle giovinette che si avvicinavano al sacerdozio.
Per trent’anni era stata la custode del sacro fuoco dedicato alla dea Vesta, con pio animo, giorno e notte si dedicava con amore a ogni caso disperato che si presentava davanti ai suoi occhi. Quello di Nerissa lo prese molto a cuore.
Aveva anche una certa capacità giuridica e con il suo modo di esprimersi forbito avrebbe potuto convincere i giudici a graziare la condannata (se solo fosse riuscita a svegliarsi).
Solo che Nerissa non lo sapeva o fingeva di non saperlo e di lì a poco ne avrebbe combinata una delle sue.

Era lì da alcuni giorni ormai e le vestali erano convinte che fosse ancora malata e decise di portare avanti questa commedia ancora un po’. In realtà lei era già sveglia da un pezzo e osservava tutto ma soprattutto ascoltava tutto. Doveva solo aspettare il momento buono per fuggire da quel posto di cui ne aveva fin sopra i capelli. Non sopportava neanche più Licia e questa sua mania di starle sempre appiccicata le dava sui nervi, sino ad odiarla.
Una mattina decise che era giunto il momento di squagliarsela. Non era ancora in ottima forma ma volle provarci lo stesso.
Le vestali le preparavano essenze profumate per la sua pulizia personale una volta al giorno. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli e la guardia sarebbe uscita fuori lasciandola sola con le due donne, potendole così aggredire.
Non essendo delle guerriere non avrebbero mosso un dito per difendersi e di certo non avrebbero fiatato per chiedere aiuto. Tra l’altro le pareti della stanza erano spesse e nessuno avrebbe sentito niente al di là del muro ma non volle comunque correre dei rischi.
Era tutto tranquillo. La guardia fuori che passeggiava avanti e indietro alla cella era l’unico problema, ma ci avrebbe pensato dopo.

La sacerdotessa le tolse le vesti per massaggiare il suo corpo indolenzito con delle bende profumate.
Licia :< Poveretta! > - Le disse preoccupata, sfiorandole una guancia.
La donna ad un tratto emise un gemito: i suoi occhi stanchi si aprirono lentamente e da quella brava attrice che era, con una smorfia di dolore, cominciò a guardarsi attorno cercando di capire dove fosse.
Licia : < Cosa? > - Chiese Licia sporgendosi in avanti con l’orecchio teso vicino alle sue labbra -
Nerissa : < Ac…qua .. > - Le disse con un filo di voce non appena riprese a parlare.
Licia : <Ebe, presto, passami quel boccale! > - La fanciulla, lasciate al volo su di un tavolino alcune ampolle contenente balsami e oli aromatici, corse a prendere una brocca d’acqua fresca, appoggiata su di un mobiletto accanto al capezzale e, mentre versava il contenuto in un bicchiere, si lasciò andare ad un commento manifestando ad alta voce i suoi pensieri.
Ebe: < Sembra incredibile che una donna così giovane e bella possa commettere così terribili azioni! > - Dall’alto della sua saggezza, la vestale massima ammonì dolcemente la sua allieva –
Licia : <Ebe, mia cara, devi sapere che non importa chi siamo stati. Importa chi siamo ora: non devi più pensare a Nerissa come ad una spietata guerriera. Adesso lei è malata, indifesa ed ha bisogno delle nostre cure > - ed Ebe commossa, pregò la dea Vesta affinché guarisse il suo corpo dalle ferite per addolcire il suo animo cattivo.
Le poverette non sapevano che la donna a cui stavano prestando il loro aiuto si sarebbe scatenata a breve. Oltre ad aver ripreso conoscenza, era lucida e capiva perfettamente ogni singola parola ed in silenzio nella sua testa ripeteva –
<Malata? Indifesa? Brutte megere, non sapete cosa vi aspetta!! >
Licia accostò il bicchiere alle labbra di Nerissa affinché saziasse la sua sete –
<Coraggio! > - Le disse mentre passava un braccio intorno al suo collo –

L’imbelle era legata mani e piedi da lunghe catene in ferro e con una mossa repentina la prese alla gola cercando di strangolarla con esse –
Nerissa : <Muori vecchia! > -
Licia tentò di allentare le catene intorno al suo collo facendo ricorso a tutte le sue energie. Il suo spirito di sopravvivenza la portava a divincolarsi ma più si agitava più si sentiva soffocare ed il respiro e le sue mani erano troppo deboli per riuscire a strapparsele di dosso.
La sua fine era ormai segnata ma implorò la guerriera con occhi pieni di sofferenza, sperando in un atto di contrizione.
Il suo viso, anche nel dolore, esprimeva bontà verso di lei e con il poco fiato che le era rimasto nei polmoni le regalò un ultima parola di pace affinché nutrisse il suo spirito malato –
Licia : < Ti…per…dono > -
Nerissa era come impazzita -
Nerissa : < Ti odio! Muori! > -
Esalato l’ultimo respiro, Licia si accasciò tra le sue braccia.

Ebe non credeva ai suoi occhi, avendo appena assistito al brutale omicidio della sua amica per mano di una donna che avevano curato con tanto affetto. Una donna pazza e senza scrupoli!
Ebe: < No! > - Scuotendo la testa, in piedi, paralizzata e tremante -
Ebe: < Non è possibile: è un incubo! >- Erano le uniche parole che riusciva a pronunciare.
Nerissa : < Tu! > - Con il dito puntato verso di lei –
< Se non vuoi fare la fine di questa …> - scaraventò il corpo di Licia per terra - < Ti consiglio di prendere quelle chiavi appese al muro. Sbrigati! > - Doveva liberarsi delle catene prima di fuggire via.
La fanciulla singhiozzava incapace di muovere un solo muscolo e le sue mani erano strette a pugno e poggiate sulle labbra –
Ebe :< Perché? Perché? Che cosa ti ha fatto? > -
Nerissa :< Cos’hai da starnazzare? Muoviti sgualdrina! > - La disprezzava cosi tanto da urlarle in faccia tutto il suo rancore.
Infastidita dal suo comportamento petulante, la vile la colpì con un calcio. Solo allora si mosse a fatica portandosi fino al muro.
Staccate le chiavi dal gancetto, fu colta da un tremito di paura e le chiavi le caddero per terra, suscitando l’ira della donna –
Nerissa : < Sta più attenta, stupida! Raccoglile subito e vieni qui! >
Ebe non poté far altro che obbedire.

Nerissa : <Ah...Finalmente libera! > - Disse con un sospiro di sollievo gettando via le catene.
Si alzò dal letto, convinta di poter agire in fretta ma all’improvviso sentì mancare le sue gambe che erano intorpidite dalla lunga degenza.
Cadde per terra e si ritrovò con la faccia schiacciata sul pavimento, le mattonelle umide e fredde della cella che le ghiacciavano il naso: inveì, dando pugni al suolo.
Nerissa : < Maledizione! > - Agitava le braccia come se volesse scacciare uno spirito maligno.
La giovane provò a scappare, approfittando di un momento di difficoltà della donna che, però, non aveva intenzione di lasciarla andare via. Benché fosse per terra a faccia in giù, riuscì a superare quel piccolo intoppo afferrando le sue caviglie -
Nerissa : < Dove credi di andare? > - Tenendola ben stretta la trascinava verso di sé. Ebe si dimenava per liberarsi dalla sua morsa ma Nerissa era decisamente più forte e in un attimo le fu addosso.
Nerissa : < Provaci di nuovo e t’ammazzo! > - Le pigiò una mano sulla bocca per impedirle di fiatare -
Nerissa : < Non ti farò del male se farai quello che ti dico > -
La fanciulla, con gli occhi gonfi dal pianto e preoccupata per la sua sorte, capì che avrebbe ucciso anche lei se non si fosse resa più docile e decise quindi di sottomettersi al suo dominio, annuendo con la testa.
Nerissa : < Bene, brava bambina. Adesso alzati! > - Le rise in faccia sbeffeggiandola e, con un po’ di sforzo, si rimisero in piedi –
Nerissa : < Avanti, togliti le vesti! > -
Ebe: <Le mie vesti? > - Replicò –
Non capiva a cosa le servissero i suoi indumenti e indugiava sul da farsi data la richiesta un po’ strana. In questo modo non fece altro che infiammare ancora di più il suo animo violento.
Nerissa : < Allora non mi stai a sentire! > - La prese per le spalle sbalestrandola contro la parete come fosse un ramoscello: la sua crudeltà non aveva limiti!
Ebe senti le forze venirle meno a causa del colpo cosi violento e il dolore lancinante alla nuca le annebbiò la vista. Sfregandosi al muro, stramazzò al suolo.
Nerissa : < Muoviti! > - Neanche adesso che la giovane giaceva per terra ferita provò compassione. Non solo la costringeva con le cattive ad assecondare il suo intento criminale, in più si divertiva ad umiliarla.
Il ghigno sulle labbra di Nerissa era la prova evidente della sua perfidia: godeva nel vederla soffrire.
Il suo unico obbiettivo era quello di strapparle i vestiti di dosso ed indossarli alla svelta –
Nerissa : < Addio piccola …e grazie di tutto! > - Le disse con scherno un’ultima volta mostrando la sua superiorità di guerriera e la salutò al volo con un bacio.

Non appena raggiunse la porta, l’aprì lentamente per non far rumore.
Uno spiraglio di luce si fece largo nella stanza, così diede subito un’occhiata fuori per assicurarsi che tutto fosse tranquillo –
Nerissa : < Lumin, proteggetemi! > - Disse a bassa voce –
Prima di uscire si coprì il viso con un cappuccio che pendeva dalla tunica.
Soltanto le vestali avevano libero accesso alle carceri e l’unico modo per scappare via era ingannare la sentinella spacciandosi per la fanciulla.
Il soldato in servizio alla prigione era sempre armato di tutto punto ma tirò un sospiro di sollievo quando lo vide appisolato su una seggiola. A quel punto, sfruttando l’occasione propizia che le si era presentata, uscì dalla cella furtivamente stando bene attenta a non svegliarlo.
Quel bestione emetteva dal naso dei suoni allucinanti che la indussero a tapparsi le orecchie dall’angoscia.
<”Dei dell’Olimpo!” > - Disse a fior di labbra mentre si voltava indietro per guardarlo. Il tizio era rozzo e dormiva con le braccia incrociate sul petto.
Doveva agire con cautela per uscire vittoriosa da quella situazione difficile in cui si era cacciata. Sapeva benissimo che un azione sconsiderata avrebbe mandato in fumo il suo piano se si fosse attardata ancora a lungo. Mancavano una manciata di minuti al cambio della sentinella ma quella sinfonia poco piacevole le rompeva i timpani.
Doveva farlo smettere di russare!

Si accorse che ai piedi dell’uomo vi era un recipiente in terracotta. Ad un tratto un ghiribizzo balordo scattò nella sua testolina.
Arrivata al suo cospetto, si rese conto che quella specie di essere umano non faceva un bagno da alcuni mesi. Era palese anche dal cattivo odore che emanava: goccioline di sudore fluivano giù dalla fronte e si grattava nel sonno come un cane.
Nerissa : <”Forse è pieno di pulci!” > - Pensò schifata -
Raccolse il recipiente facendo bene attenzione a non svegliarlo e poi lo sollevò sopra il capo dell’uomo che dormiva beatamente. Qualche bicchiere di vino in più quel giorno lo aveva indotto ad assopirsi, perciò non si accorse di nulla.
Il visino di Nerissa era tutto un programma! Pregustando il suo piccolo scherzetto,
sorrise in maniera beffarda mentre con un calcio lo scosse dal suo torpore.
Il giovane sbadigliò e, stiracchiatosi le membra intorpidite, cercò di mettere a fuoco quanto lo circondava.
La terribile guerriera, come sbucata dal nulla, gli disse senza ritegno –
Nerissa : < Ehi! Verme schifoso, lo sai che puzzi come un caprone? >
Lo sventurato non ebbe il tempo di dire nulla che ricadde di peso sulla sedia, ripiombando tra le braccia di Morfeo.
Lo colpì con forza usando il recipiente per sfasciargli quella sua testaccia vuota.
Nerissa : < Ecco, cosi la smetti di russare! > -
Sentì dei passi cadenzati provenire dal corridoio opposto: alcuni soldati di pattuglia eseguivano il loro giro di ricognizione.
Il suo intuito le suggerì di nascondersi in fretta in una piccola cavità tra le pareti dell’edificio ed aspettò il momento fausto per fuggire.
Protetta dall’oscurità, gli uomini le passarono accanto ignorando quel che stava accadendo. Appena furono andati via, Nerissa si precipitò fuori da quel pertugio angusto e corse giù per le scale che portavano all’androne.

<Ma cosa è successo? > - Chiese basito il loro capo guardia.
C’era una sgradita sorpresa ad attenderli una volta giunti sul luogo del misfatto: la porta della cella aperta e il loro compagno con la testa mezza fracassata.
Guardia : < Voi due restate qui e tenete gli occhi aperti! …> - Impartì ordini a squarciagola –
Guardia : < Gli altri con me! Presto! > - Ed entrarono di corsa nella cella preoccupati per lo stato di salute delle vestali.
Fu devastante per gli uomini vederle riverse per terra e prive di vita. Per qualche istante calò un silenzio glaciale e solo il tonfo di una spada lasciata cadere dalla mano tremante di un soldato ruppe quello stato comatoso in cui erano caduti.
<Allarmi! La prigioniera è fuggita! > - Gridò di nuovo a squarciagola il capo guardia.
Guardia : < Presto! Controllate ogni angolo dell’edificio…muoversi! >
Scattarono sull’attenti e filarono via alla ricerca dell’assassina.
L’unica via di fuga per arrivare in città e farla franca per la prigioniera era attraversare la boscaglia. Così il Pontefice Massimo, colui che nominava le vestali e dava loro la sua protezione, diede ordini immediati al suo esercito di sguinzagliare i cani per fiutare le tracce della donna.
Purtroppo, si accorsero troppo tardi dell’inganno. Nerissa sembrava svanita nel nulla. Forse Xena aveva ragione: i Lumin l’avevano protetta ancora una volta.
Da quell’increscioso episodio nessuno ebbe più notizie di lei. Finì nel dimenticatoio fino a quando …

di Sietta

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