EPISODIO N. 3
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CAPITOLO II

In Grecia 20 anni dopo

Il tramonto, quella sera, si preannunciava un vero spettacolo. Il sole man mano che calava all’orizzonte, con le sue sfumature di colore rosso dorato, assomigliava ad una palla di fuoco incandescente.
Le due eroine erano in marcia da ore per raggiungere Atene. L’arconte aveva bisogno dell’aiuto di Xena ed Olimpia per sistemare una volta per tutte una piccola faccenda in sospeso con alcuni briganti del luogo. Non facevano altro che terrorizzare gli abitanti con le loro malefatte e i loro continui soprusi così il magistrato decise di risolvere il problema usando il pugno di ferro: a mali estremi, estremi rimedi!
Le uniche che senza dubbio avrebbero potuto dar loro una lezione erano le due guerriere. Un messaggero le raggiunse in un piccolo villaggio e consegnò loro una pergamena, la quale le incitava a partire subito per mettere fine a questa ingiustizia.

Il caldo soffocante di quel pomeriggio rendeva il tragitto ancora più faticoso ma erano talmente assorbite dai loro pensieri da non accorgersi di nulla. Ogni cosa intorno a loro cessava di esistere.
La cavalla di Xena, Argo II, stanca ed assetata, non era dello stesso parere. Con un bel nitrito richiamò l’attenzione delle due.
Quel verso volevo dire < “Ehi! Ci sono anch’io ragazze!” > - Se avesse avuto modo di esprimere a parole il suo pensiero, sarebbe stata questa la frase per reclamare i suoi diritti.
Xena : < Ah...Argo...Argo > - Sospirò Xena a malincuore, allargando le braccia
per protesta. Si girò verso di lei e le disse -
<Vecchia mia…porta pazienza non ti ho dimenticata. Lo so, hai bisogno di riposare anche tu > -
Parlò dolcemente all’animale mentre le accarezzava la criniera.
Arrivarono nei pressi di un piccolo lago che rifletteva nelle sue limpide acque azzurrine il paesaggio circostante: la pineta raggiungeva le rive e due piccoli cerbiatti brucavano l’erba verde e fresca di un prato in piena estate.
Xena tolse le briglie alla sua cavalla lasciandola libera al pascolo. Poi rivolse l’attenzione alla sua amica, la quale era intenta a mirare le tenere bestiole -
Olimpia :< Guarda Xena! Non sono adorabili?> - Le sorrise come se fosse una fanciulletta.
Xena a sua volta ricambiò il sorriso ma ad un tratto, inspiegabilmente, la guardò di sottecchi e le disse –
< Si sta facendo buio, forse è meglio se ci prepariamo per la notte. Dobbiamo riposare: è stato un lungo giorno e poi domani abbiamo una mattinata intensa > - concluse Xena freddamente.

Distesero delle coperte per terra per preparare il loro giaciglio.
Xena era a disagio e impacciata. La bionda si accorse subito del suo leggero imbarazzo ma rimase in silenzio, aspettando la sua prossima mossa.
<”Ma perché prima ho agito così? Che stupida che sono! Stupida!” > - Il suo comportamento pulsante ed affannoso ne era la prova. Si tolse nervosamente l’armatura di dosso e la gettò via.
L’inquietudine della principessa guerriera stava mettendo a rischio il prosieguo della serata. Una strana sensazione la colse all’improvviso. Un pericolo imminente offuscava la loro tranquillità. Sì, quella tranquillità che avevano tanto cercato e conquistato dopo mille peripezie, veniva compromessa da un male oscuro che avrebbe spazzato in un solo colpo la loro amicizia, separandole per sempre.
Forse la sua paura era solo suggestione. Conosceva le doti di guerriera della sua amica e di certo si sarebbe dimostrata all’altezza della situazione una volta arrivata ad Atene.
Olimpia era una donna ormai, ma si sentiva comunque in dovere di proteggerla perché spesso rivedeva in lei quella dolce fanciulla di Potidea.
Di sicuro non voleva spaventarla, così cacciò subito quei brutti pensieri dalla mente.
Xena:< Olimpia perdonami…non so cosa mi è preso, ma adesso è tutto passato > - le disse –
Olimpia:< Ne sei sicura Xena? > -
Xena :< Si, sta tranquilla, sono solo un po’ stanca…> - Continuò la guerriera -
Olimpia:<Va bene Xena…Allora sarà meglio andare a riposare > - Almeno quella notte passò tranquilla.

Era l’alba di un nuovo giorno quando i primi raggi del sole e il cinguettio degli uccellini destarono Xena dal sonno.
Xena:<Su, forza dormigliona: è ora di alzarsi! > - Disse all’amica che dormiva profondamente –
Olimpia dischiuse un attimo gli occhi, mugugnando qualcosa di impercettibile –
Xena:<Coraggio in piedi! > -
Olimpia:< Mhm… Xena lasciami dormire ancora un po’…ti prego! > - Replicò il bardo accucciandosi di più tra le coperte.
Xena:< Olimpia è tardi: l’arconte ci sta aspettando > - la riprese l’amica -
Olimpia:< Ho capito, va bene, mi alzo! > -
Dopo una fugace colazione, le due montarono su Argo II e partirono alla volta di Atene.

L’Acropoli, incoronata dal Partenone, si ergeva a sentinella della città ed era visibile da qualunque suo punto. Questo luogo era dedicato agli dei.
Arrivate in città, furono accolte da un brusio di voci confuse. La piazza del mercato pullulava di gente: sui due lati lunghi era circondata da taverne, nelle quali macellai ed erbivendoli esponevano la loro merce. C’erano anche i campagnoli che portavano ciò che volevano vendere.
Per di più si stavano celebrando le esequie di un cittadino illustre e in suo onore si svolgevano dei giochi ai quali i nobili assistevano seduti su palchi e sui tetti delle taverne. Mentre la plebe in piedi si affollava sull’area dell’agorà.
Tra l’altro vi erano anche molti turisti che venivano da ogni dove per ammirare le sue bellezze.
Olimpia era incantata nel vedere questi edifici di proporzioni colossali, dipinti in colori vivaci ed ornati da dorature e statue gigantesche: alcune in bronzo, altre di marmo placcato d’oro e incrostato di pietre preziose. La fredda grandiosità del nudo marmo era tale da togliere il respiro.

<Ah... Io adoro questa città! > - Disse Olimpia a Xena -
< E si può sapere perché?> - Le chiese la guerriera infastidita dopo che un passante le rovinò quasi su un piede a causa della calca.
Olimpia :< Ma come perché Xena? Non senti l’aria elettrizzante che si respira in questa città? >
Xena:< No! > - Replicò secca -
< E’ una gabbia di matti! > - Rintuzzò ancora Xena -
Olimpia:< Mia cara principessa guerriera tu non vedi ad un palmo dal tuo naso…Xena cosa vedi laggiù? > - E indicò con l’indice un punto lontano -
Xena:<Ma non so...> - con aria trasalita rispose –
Xena:<Se ti riferisce a quella montagna di spazzatura…sì, la vedo > –
Olimpia:< Xena cosa dici?! Adesso un mucchio di spazzatura ti suscita emozione?> - Disse Olimpia spazientita -
<Guarda: davanti a te c’è il Partenone e sull’acropoli sorge l’Eretteo. E’ facilmente riconoscibile dalle sue cariatidi> -
Xena : <Da cosa? > -
Olimpia:<Ma quelle sei statue che sorreggono l’edificio come colonne...Uffa! >
sbuffò la ragazza.
Xena era ben ferrata in materia ma scoppiò in una fragorosa risata perché le piaceva canzonarla ogni tanto.
Olimpia:<Ma che fai mi prendi in giro? Io mi sgolo per spiegarti le bellezze della città e tu ...> - strinse le mani a pugno in segno di rabbia -
Olimpia:<Xena non ti sopporto quando fai così… > - concluse Olimpia agitata come una tarantola –
Xena:< Su, calmati! Stavo solo scherzando > - Ad un tratto udirono un grido in lontananza.
< A ladro! A ladro! Il mio denaro! Ha preso il mio denaro! >
La poveretta era stata appena derubata da un tipaccio, gli corse dietro ma inciampò su di un sasso, rovinando per terra.
Le due guerriere accorsero subito in suo aiuto.

Quel furfante credeva di essere furbo.
Camminava con un sorrisetto stupido sulle labbra, agitando in mano un sacchetto che
ogni tanto lanciava in aria per poi riprenderlo al volo.
Pensava di averla fatta franca, quando d’improvviso Xena, con la sua aria da dura guerriera, sbucando dietro un carretto, gli si piazzò dinnanzi e, incrociando le braccia, gli disse -
Xena:< Dove credi di andare?> -
L’uomo si arrestò e le rispose divertito -
< Ehi omona! Non lo sai che i carri tengono la destra? Fa marcia indietro e sgombra la strada! >
La guerriera era due spanne in più di lui ma non aveva alcuna soggezione, anzi, si divertiva a prenderla in giro -
Uomo :<Ahah! Ahah! Togliti, donna, e lasciami libero il passo!> -
Xena :< Fammi indovinare: tu saresti uno di quei briganti che l’arconte sta cercando di mettere in gattabuia, vero? Che cos’hai in quel sacchetto?> -
Uomo:<Questi non sono affari tuoi, donna. Ahah!...Ahah! > -
Xena lo guardò con cattiveria e poi rispose –
<Ti caccerò in gola quella risata! > -
Uomo:< Tu? Smettila per favore, ho già riso abbastanza per oggi. Ma perchè non te ne torni in cucina e mi lasci in pace? > -
Xena ne aveva fin sopra i capelli di sentirsi chiamare donna ed era gonfia di stizza per la sua arroganza così in un momento d’ira lo colpì al collo usando il pinch.
Quel tipo si piegò in due dal dolore, lasciando cadere il sacchetto con il denaro rubato.
Cominciò a soffocare e un rigolo di sangue gli uscì dal naso.
Xena:<Non ridi più adesso, eh? Ti spiego...> - disse Xena -
<Ho bloccato il flusso del sangue al cervello e morirai in pochi secondi se non ti decidi ad arrenderti > - Messo alle strette, capitolò sotto i suoi colpi, ma prima di tornare dalla sua amica, Xena lo sbloccò di nuovo con il pinch e lo legò ad un palo come un salame.

Nel frattempo Olimpia…..–
Olimpia : < Tutto bene? È ferita? > - Le chiese preoccupata mentre l’aiutava ad alzarsi.
Donna : <Oh …ti ringrazio fanciulla non so come avrei fatto senza di te! > - Ebbe un capogiro non appena la guardò in volto e sarebbe caduta di nuovo a terra se Olimpia non l’avesse afferrata subito.
Olimpia : <La prego, si faccia coraggio, adesso è tutto passato! > -
Donna:< Sei tu! > - Continuò a ripetere mentre stringeva dolcemente le mani del bardo.
Ricordi di un tempo ormai lontano riaffiorarono alla sua mente come un flashback (loro due che passeggiavano vicino alle sponde di un laghetto ad ammirare le bellezze della natura; la festa in onore della poetessa per la sua conversione alla luce o di quando la ragazza la strappò da morte certa dalle mani di un signore della guerra di nome Critone.)
La ragazza non capiva il perché di tanta commozione -
Olimpia :<Cos’ha?Perché piange? Non vi è motivo…> - Più la guardava, più le sembrava di conoscerla. Aveva un viso così famigliare.
Olimpia:<Xena le sta riportando il denaro > -
<Eccomi! > - Disse Xena, che, contenta, le porse il sacchetto con le monete.
La donna non la degnò di uno sguardo. Le strappò il sacchetto dalle mani e si allontanò apatica.
<Ah…GRAZIE TANTE! > - Le urlò dietro Xena -
Xena:<Hai visto? Non ci ha neanche ringraziate per averla aiutata. Ehi!...Mi stai ascoltando?> - La riprese la guerriera -
Olimpia:<Xena…quella donna ha un viso così famigliare …> - le disse mentre il suo sguardo di affetto era ancora posato su quella signora misteriosa -
Xena:<Famigliare? Ma cosa dici? > -

L’abbaiare insistente di un cane, sbucato da chissà dove e dall’aspetto poco rassicurante, arrestò il passaggio di quella poverina: sembrava quasi che volesse morderla.
Xena era pronta a scagliare il suo chakram per salvarla di nuovo dalle grinfie dell’animale, quando si accorse che dalle labbra della donna uscivano parole incomprensibili.
Il cane si agitò. La sua respirazione era affannosa e compiva sforzi per coprirla. Il suo ventre, ritirandosi, oppresse il polmone; gli occhi si gonfiarono fissandosi; la lingua, spessa e livida, fuoriuscì dalla gola e poco dopo restò privo di movimenti.
Impaurito, lanciò un verso abbacchiato. Fu colto da vertigini e morì tra le convulsioni come quelli che morivano di rabbia.
Xena: < Mhm...E’ strano > - disse pensierosa -
Olimpia : < Cosa è strano? > - Le chiese il bardo -
Xena: < Quel cane stava quasi per sbranarla ma lei invece lo ha bloccato. Devi sapere…> - continuò preoccupata la guerriera -
Xena : < Che ci sono delle donne che hanno il potere di “legare i cani”: cioè sono capaci, pronunciando alcune formule magiche, di ridurre i cani all’impotenza bloccandone i movimenti. Solo chi pratica magia nera è in grado di fare una cosa del genere > -
Olimpia : < Mi stai dicendo che quella donna è una strega? Andiamo Xena non è possibile! Quel cane è morto perché aveva la rabbia, ne aveva tutti i sintomi. L’hai visto anche tu … > - Rispose incredula l’amica -
Xena : < Sì, forse hai ragione, mi sarò sbagliata. > - Xena cambiò subito discorso per non turbarla oltre -
Xena : < Su, forza, dobbiamo consegnare quel furfante alle autorità! > - Olimpia annuì con la testa e la seguì.
Il fiuto della guerriera come al solito le diceva di non fidarsi troppo di quella strana signora e, mentre era assorta nei suoi pensieri, la vide dileguarsi verso una stradina di campagna.
Il suo sguardo acuto, che Marte chiamava d’acciaio, fu eloquente: pareva volesse fulminarla con i suoi occhi di ghiaccio.

di Sietta

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