DESTINY
di
Carmen
(parte
dodicesima)
Cap.19: Sono pronta…
.
Nell’appartamento di Luc il silenzio è rotto solo dai
respiri che stanno tornando a farsi regolari.
Allison fissa il soffitto con lo sguardo ancora pieno di quel sentimento
che fino a pochi minuti prima faceva muovere i loro corpi al ritmo
di una danza sinuosa e passionale, un braccio saldamente poggiato
sulle spalle di Luc che riposa con la testa morbidamente appoggiata
sul suo petto.
«Wow.»
«Già, wow. Non ci sono altre parole.» mormora Luc
solleticandole la pelle.
«È stato diverso. Non saprei spiegarlo, ma è stato
come… più profondo, più intenso.»
La donna solleva la testa e lascia che il suo sguardo ceruleo viaggi
lungo i tratti rilassati della compagna, piega le labbra in un sorriso
e poi sfiora le sue con dolcezza, lasciando che quel bacio dica ciò
che le parole non possono raggiungere.
Si accoccola nuovamente sulla sua spalla, lasciando che le dita di
Allison le scivolino tra i capelli.
«Al?» sussurra dopo qualche minuto.
«Mmm?»
«Sono pronta.»
«A cosa?» chiede incuriosita dalle parole di Luc.
«Voglio raccontarti tutto.»
«Ti ascolto.» mormora con voce leggermente incrinata dalle
mille emozioni che in quel momento vorticano in lei.
Luc prende un profondo respiro e inizia a raccontare, rivivendo insieme
alle sue parole uno dei periodi peggiori della sua vita…
.
.
Due mesi prima…
.
Lo squillo del telefono risuonava armonico nell’appartamento.
Luc alzò gli occhi dal libro che Allison le aveva consigliato
di leggere per cercare l’apparecchio artefice del suono.
Appena lesse il nome sul display ebbe la sensazione di una doccia
gelida. Ingoiò un paio di bestemmie e rispose.
«Pronto?»
«Lucies, da quanto tempo!»
La donna alzò gli occhi al cielo, quando aveva quel tono allegro
era perché stava per dirgli qualcosa che non le sarebbe piaciuto.
«Lo so Frank, che cosa c’è?»
Sentì un sospiro.
Questo non è un buon segno.
«Devo affidarti un incarico.» disse infine con tono grave.
No!
La prima parola che elaborò la sua mente.
«Che tipo di incarico?» chiese con il solito tono indifferente.
«È una cosa delicata. Vieni in ufficio oggi pomeriggio.»
Gli occhi chiari saettarono. «E se non venissi?»
Sapeva che stava giocando col fuoco, ma non le importava.
«Senti di che cosa si tratta e poi deciderai.»
Luc sapeva perfettamente che non avrebbe potuto decidere nulla.
Conosceva
Frank da un bel po’. Lui l’aveva arrestata al suo tempo
e da quel momento la sua vita era completamente cambiata. Tra di loro
si era istituito un accordo al quale lei non poteva sottrarsi.
Aiutare la polizia nei casi più spinosi o in altre faccende
leggermente al di fuori dal legale, dopotutto il buon nome dell’arma
non poteva mica essere infangato.
Omicidi, spionaggio, di tutto. Loro chiedevano e lei agiva, non senza
adeguata ricompensa.
Solo la piccola clausola che la faceva imbestialire più di
ogni alta cosa.
Non poteva rifiutarsi, pena l’arresto.
Fino a quel giorno non ci aveva mai fatto caso più di tanto.
Se poteva eliminare dalle strade un po’ di criminali con l’appoggio
delle forze dell’ordine, che ben venga.
Ma ora c’era Allison, e lei stava pensando seriamente di ritirarsi.
Voleva costruire qualcosa con lei, una famiglia, ma fin quando l’ombra
della Dea aleggiava tra di loro questo non era possibile.
.
Era rimasta a pensare seduta sul divanetto della libreria per un bel
po’ di tempo. Sentì la porta aprirsi e la voce familiare
di Allison urlare un Sono Tornata allegro.
Vide la sua chioma bionda fare capolino nella stanza.
«Ciao.»
Sorrise. «Ciao.»
La bionda aggrottò la sopracciglia. «Cos’hai?»
Luc quasi sobbalzò dal divano. «Niente. Perché?»
«Hai una strana espressione.» si avvicinò di qualche
passo, Luc continuava a seguirla con lo sguardo. Appena fu abbastanza
vicina l’afferrò per un braccio e la fece capitolare
sul divano accanto a lei.
«Mi sei mancata.» disse prima di accarezzarla dolcemente
con le labbra.
«Mmm. Si, sei decisamente strana.»
«Mi sono annoiata. Quel libro è orrendo!»
La bionda roteò gli occhi. «Tu non apprezzi la letteratura
russa! Dostoevskij è un genio.»
La mora scosse la testa. Non c’era verso di fare una discussione
con Al, alla fine lei riusciva sempre a farla capitolare. Aveva una
parlantina eccezionale e la capacità unica di riuscire a convincere
tutti a fare tutto, con quello sguardo angelico e il sorriso più
disarmante che avesse mai visto.
«Beh, ora sono qui. E abbiamo tutto il pomeriggio per noi.»
«Tesoro mi dispiace, ma oggi ho un appuntamento.»
Allison aggrotta le sopracciglia. «Un appuntamento? E con chi?»
Luc si solleva leggermente sui gomiti. «Un vecchio amico.»
«Ah.»
Per qualche attimo nessuna delle due parla, continuano a specchiarsi
l’una negli occhi dell’altra.
«Va bene. Vorrà dire che organizzerò qualcosa
di speciale per cena.»
Luc le bacia teneramente la punta del naso. «Non vedo l’ora.»
.
.
Cammina spedita lungo i corridoi della super affollata stazione di
polizia.
Agenti e delinquenti. Per lei non fa nessuna differenza. Non in quel
momento almeno.
Sa perfettamente dove andare, ormai conosce fin troppo bene quel luogo
dove anni prima era seduta con le manette su una di quelle sedie aspettando
di essere liberata da quello che poi si era diventato il suo carceriere.
Mai come in quel momento vorrebbe mollare tutto, ma ha fatto una promessa
e lei non viene mai meno alla parola data.
Ed è per quello che ha mentito ad Allison quel pomeriggio,
e si odia per questo. Era consapevole che prima o poi sarebbe successo,
che avrebbe ricevuto un incarico e non avrebbe potuto rifiutare, ma
non sapeva come avrebbe reagito e nemmeno come l’avrebbe presa
Al.
Di certo non farà i salti di gioia!
Prende un profondo respiro ed entra.
«Ciao Frank.»
L’uomo alza lo sguardo da alcune carte che stava leggendo.
«Luc! Vedo che non hai perso tempo. Accomodati!»
Le indica una piccola poltrona consumata davanti alla sua scrivania
che la donna fissa per un attimo perplessa prima di accomodarsi.
«Allora?»
«Sempre la solita! Vuoi andare subito al sodo!»
Stende le labbra in un sorriso e tira fuori un pacchetto di sigarette.
«Vuoi?»
La donna scuote la testa. «No. Ho smesso.»
«Io non potrei mai!» mormora con aria estasiata prendendo
un’altra boccata di fumo.
«Frank, perché mi hai chiamata?»
L’uomo si fa in un attimo serio.
«Conosci un certo Dimetri?»
Una scintilla illumina lo sguardo di Luc, che diventa estremamente
pericoloso.
«Immaginavo… Vedi il nostro caro amichetto ha deciso di
espandere i suoi traffici anche qui. Le terre dello Zar non gli bastano
più!»
Si alza e prende una cartellina dall’archivio che mette davanti
alla donna.
Luc la prende e inizia a scorrere le pagine, rabbrividendo man mano
che quelle immagini scorrono.
«Ma che figlio di…»
«Già! Noi vogliamo catturarlo. Ma come ben saprai è
una cosa impossibile, è il capo mafioso russo per eccellenza.
Ci abbiamo già provato, anche unendo le forze con i sovietici.
Un fallimento totale.»
«Dimitri è uno stronzo. Ma uno stronzo potente. Detiene
il monopolio per l’esportazione delle armi, e anche dello sfruttamento
della prostituzione. So che sta prendendo accordi con dei capi del
terrorismo per vedergli una testata nucleare.»
L’uomo sgrana gli occhi. «E tu come sai della testata…
Ma che diavolo mi sorprendo a fare ancora!»
La donna mantiene il suo sguardo glaciale sulle pagine.
«Se sai tutte queste cose capirai perché lo dobbiamo
fermare. Tu sei la sola che può farlo.»
«È un suicidio.»
«No, tu sei la migliore. Ti infiltrerai nella sua cerchia e
lo farai fuori con un bel colpo in fronte. E pluf, fine della storia.»
Solleva un sopracciglio. «Pluf? Ma ti sei bevuto il cervello!
Questo non è un gioco.»
«Lo so. Pensa a tutte le vite che salverai, pensa a quante famiglie
darai la pace.»
La donna sospira.
«Avrò bisogno di una squadra di appoggio. I migliori,
cioè i miei uomini! Dovrai fornirci tutto ciò che chiederemo.»
Frank sorride, non pensava che avrebbe accettato.
«Tutto quello che vuoi!»
«Bene. Verrò domani per sapere i dettagli.»
L’uomo annuisce soltanto, mentre la figura snella dell’amica
lascia la stanza.
.
Mentre Luc cammina verso la macchina ripensa a quello che è
appena successo. Ha accettato di partecipare ad una missione pericolosa,
fin troppo pericolosa.
Non è certa di cavarsela questa volta.
Allison mi dispiace, ma devo farlo.
È necessario.
Oh Dio, perdonami per quello che sto per fare.
.
Entra in casa e subito viene avvolta da un odore di buono.
Gli occhi le si riempiono di lacrime.
Si sarebbe pentita per tutta la vita, si sarebbe odiata per sempre.
Ma non aveva altra scelta.
«Ehi, sei tornata!»
Luc la guarda intensamente, si impone di essere il più fredda
possibile e di non sciogliersi di fronte a quella figura.
«Luc, ma che cos’hai?» chiede preoccupata dallo
sguardo cupo della compagna.
«Allison, dobbiamo parlare.»
La bionda trasale. «Di cosa?»
«Di noi. Questa storia non può funzionare.»
«Cosa? Quale storia?» non riesce a capire quello che sta
dicendo.
«Sto parlando di noi due. Non me la sento più.»
Il cuore ha cominciato a sanguinare, mentre il velo delle lacrime
le appanna la vista.
Ora ha capito perfettamente.
«Ma che stai dicendo?» mormora incredula.
«Sto dicendo che è diventato tutto troppo impegnativo.
Io non sono fatta per questo tipo di rapporto. Mi soffoca.»
Allison non sa che dire, si è trovata completamente impreparata.
Non riesce a riconoscere la sua Luc in quella donna che la fissa dura
e seria.
«Sei stata tu a portare la nostra relazione a questo livello.»
«Le cose mi sono sfuggite di mano. È stato un errore.»
La donna si ostina a mantenere quell’atteggiamento glaciale,
diametralmente opposta a quello che prova in realtà. Dirle
quelle cose la sta uccidendo, e la cosa che le fa più male
è la consapevolezza di star uccidendo nello stesso modo la
persona più importante della sua vita.
«Un errore? Vuoi dire che tutto quello che abbiamo condiviso
è stato solo un errore. Tutto quello che mi hai detto era una
balla per portarmi a letto?»
No!
Grida la sua mente, ma dalla sua gola non esce nessun suono.
«Non posso credere che è stato tutto un gioco…»
Luc abbassa lo sguardo. «Mi dispiace.»
«È stato solo sesso?» la voce è leggermente
incrinata dalle lacrime, ma non vuole farle vedere quanto quella notizia
l’ha devastata.
L’orgoglio ha la meglio su tutto.
«Si.»
«No… Non mi avresti mai fatto conoscere la tua famiglia,
non avresti mai conosciuto la mia famiglia, e non mi avresti raccontato
la verità su di te se fosse stato solo sesso.»
Ha perfettamente ragione, e non può controbattere in nessun
modo razionale, ma solo continuare a ferirla.
«Se ti fa stare meglio puoi anche crederlo…»
«Voglio la verità. Voglio sapere che cosa sta succedendo
e perché hai preso questa decisione così improvvisamente!»
«La verità è che non…» non poteva
dirlo, non ci riusciva. «… mi sono stancata. Questa storia
si sta facendo troppo impegnativa e io voglio essere libera. È
questa la verità!»
«Stronzate.»
Lo sguardo severo di Allison la stava facendo capitolare. Doveva finirla
lì.
«Allison, io non ti amo.»
Quelle parole sono una pugnalata al petto. Fredde e dirette.
La bionda accusa il colpo e si allontana silenziosa, mostrando tutta
la sua fierezza e il suo orgoglio.
Si ferma un secondo prima di raggiungere la porta.
«Manderò qualcuno a prendere le mie cose. E ti farò
restituire le tue.»
«Bene.»
La porta si richiude con tonfo leggero.
Oh Dio che cosa ho fatto!
Luc colpisce con violenza il muro.
Un quadretto appeso cade rompendosi.
Si accascia sul pavimento portandosi le ginocchia al petto, e forse
per la prima volta in tutta la sua vita da sfogo alle lacrime, lasciandosi
andare in un pianto liberatorio.
.
.
La squadra chiesta da Luc è al lavoro già da qualche
ora.
Attrezzatura e copertura perfettamente organizzate ancora prima del
suo arrivo, e lei non aveva avuto nulla su cui ribattere.
Voleva concludere quella missione il più in fretta possibile,
e quindi per un volta si sarebbe affidata ad altri.
Se ne stava in un angolo dell’hangar da dove sarebbe partito
l’aereo che l’avrebbe portata a Mosca, e controllava con
attenzione le armi.
«Tra mezz’ora si parte.» disse Tony poggiandosi
con noncuranza sul muro accanto a lei.
«Sono pronta.»
«Sai, mi chiedo come mai tu voglia che partecipi?»
«Ma non sarai operativo. Mi guarderai le spalle, e mi tirerai
fuori dai casini se le cose si dovessero mettere male.»
L’uomo sollevò gli occhiali da sole sopra la testa.
«Tu sai cavartela perfettamente da sola. E poi sei affiancata
dal meglio del meglio.»
«Questa volta è diverso. Sarà molto pericoloso,
e ho una brutta sensazione.» affermò decisa infilando
la pistola nella fondina.
«Per questo hai lasciato Allison?»
Luc ebbe un sussulto. «Non posso permettermi distrazioni, e
lei lo era.»
«Io credo che tu l’abbia fatto per proteggerla. Se la
tua copertura crollasse e venissero a sapere chi sei lei sarebbe la
prima che andrebbero a cercare.»
«Già. E poi se dovessi morire… voglio che si ricordi
dei momenti felici passati insieme. Deve rifarsi una vita, lontano
da me…»
Tony annuì comprendendo perfettamente le ragioni dell’amica,
ma…
«È una cazzata.»
Si allontanò prima che Luc potesse dire qualsiasi cosa, lasciandola
sola con i suoi pensieri.
Doveva concentrarsi.
Ogni singola molecola del suo essere era tesa solo verso la realizzazione
della missione.
Ucciderò Dimetri, e poi la farò finita con questa storia!
Con un gesto secco inforcò gli occhiali e si diresse verso
l’aereo, pronto per la partenza.
.
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Cap.20: Faccia a faccia con il destino
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Luc lanciò un’occhiata preoccupata alla porta d’ingresso
del salone.
Era riuscita ad infiltrarsi ad una festa organizzata da Dimitri per
fare la conoscenza con i suoi nuovi clienti, ma il grande boss non
si era ancora fatto vedere.
Con la sua solita sicurezza era riuscita a intrattenere interessanti
conversazioni con alcuni tra i più pericolosi terroristi, venendo
a conoscenza di alcune importanti informazioni. Si era completamente
immersa in quell’atmosfera fatta di ricchezza, cinismo e pura
brutalità nascosta dietro abiti eleganti e maniere raffinate.
«Cosa ci fa una bella donna come lei tutta sola in un posto
come questo?»
Luc sorrise, osservò il giovane che con galanteria le porgeva
un bicchiere colmo.
Aveva un viso gentile, incorniciato da una massa di capelli biondo
grano e due occhi verdi spaventosi. Per un secondo l’immagine
di Al si sovrappose a quella del giovane.
Scacciò quel pensiero con violenza.
Sto lavorando, non posso permettermi distrazioni!
Prese il bicchiere. «E lei sarebbe…?»
«Sono Hans Bildt, piacere.» disse con voce carezzevole.
«E cosa le fa credere che sia sola, Hans?»
L’uomo sorrise divertito. «L’ho osservata. Da quando
è entrata nel salone…» fece scorrere il suo sguardo
sul corpo di Luc. «È molto diversa dalle persone che
sono qui stasera. Mi ha particolarmente colpito.» concluse portando
le labbra al bicchiere.
La donna alzò un sopracciglio.
Immagino quanto posso averti colpito.
«Si sbaglia. Sono una donna d’affari, come lo sono tutti
qui.» disse fredda.
«Forse… ma ciò non toglie che è diversa.
Ha una luce nello sguardo particolare.»
«E lei cosa ne sa?» si stava decisamente alterando.
«Perché io sono come lei… Lucies.»
La donna sussultò.
«E tu che…»
Hans non la fece finire di parlare.
«La tua fama ti precede. Non sei poi così fredda come
dicono, Dea…» affermò svuotando il bicchiere.
Luc strinse gli occhi dalla rabbia, odiava gli imprevisti. «Chi
sei?»
«Faccio parte dei servizi segreti russi. Lavoreremo insieme.
Non te l’avevano detto?»
Aveva un sorrisetto idiota stampato in volto che avrebbe voluto togliere
a furia di calci.
Qualcuno l’avrebbe pagata cara per quella mancanza. Molto cara.
.
«Calmati Luc.»
La donna sbatté le mani sul tavolo. «Calmarmi…
mi avete affiancato ad un principiante russo! Senza nemmeno dirmelo!
Calmati tu!»
Frank sospirò sconsolato. Forse l’idea di accompagnarla
in Russia non era stata molto buona, in questo modo poteva prendersela
con lui dal vivo.
Era arrivata quella mattina presto e aveva iniziato a inveire contro
qualsiasi cosa che le venisse in mente.
Il suo umore era reso ancora più nero dalla mancata apparizione
di Dimitri la sera prima.
«Hans non è un principiante…»
«Non me ne frega un cazzo se quello è James Bond! Levamelo
dalle palle!»
«Non posso. La polizia russa vuole prendersi il merito della
cattura, e non vuole…»
«Frank, ti ho già detto che non me ne frega niente! Di
tutte le beghe politiche me ne sbatto!! Voi mi pagate per fare un
lavoro, e io sono intenzionata a fare fuori quel bastardo… quindi
se il biondino si mette in mezzo o mi ostacola io lo uccido.»
L’uomo tremò, quella donna faceva davvero paura. Sapeva
che non stava scherzando, e sicuramente non stava esagerando.
«Sono stata chiara?»
«Cristallina.» mormorò sarcastico.
«Bene. E ora dimmi perché quello stronzo non si è
presentato ieri sera.»
Il poliziotto prese dei fogli. «Da quello che mi ha detto il
tuo amichetto, Dimitri ha organizzato tutto per conoscervi, ma non
per farsi conoscere. Vi ha studiato, per capire quale sarebbe stato
l’acquirente migliore. Ancora non capisco come ha fatto Tony
a procurarsi queste informazioni!»
Luc fece un gesto vago con la mano. «Si sarà scopato
qualche cameriera. Ora dov’è?»
Frank scosse la testa. «Ha detto che andava a farsi un giro…»
«Va bene. Tienimi informata.»
La donna lasciò la stanza ancora più innervosita di
quando era entrata.
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Luc guardava l’immensa distesa di bianco della città,
si sentiva triste e in ansia e sapeva che il motivo principale non
era Allison.
Aveva deciso di andare sul terrazzo per schiarirsi le idee e cercare
di mettere un po’ di ordine, ma adesso si sentiva ancora più
confusa.
«Non fa mai bene pensare sulla cima di un grattacielo.»
Tony si poggiò sulla balaustra accanto a lei.
«Non fa mai bene pensare troppo…»
«Ci stai ripensando? Se vuoi sei ancora in tempo per tornare
indietro.»
Scosse la testa facendo ondeggiare i capelli corvini. «No. È
una cosa che devo fare io. È solo che… non so spiegarmelo,
mi sento così confusa. Ho uno strano presentimento.»
«Pensi che possa riconoscerti?»
«Ne dubito. Sono passati un bel po’ di anni. Non si ricorderà
nemmeno che esisto.»
«Allora qual è il problema?»
«Rivederlo dopo tutto questo tempo mi fa uno strano effetto.»
L’uomo annuì. «Posso capire.»
«No, non è vero.» abbozzò un sorriso.
Per quanto Tony potesse provarci non sarebbe mai riuscito a comprenderla
veramente. Ma apprezzava lo sforzo.
«In effetti non capisco. Ti sei proprio ammorbidita!»
Luc distolse lo sguardo dalla città e fissò Tony con
un espressione finto - offesa.
«Non è vero!»
Tony rise. «Oh, si che è vero. Ed è tutto merito
di una meravigliosa biondina!»
«Tony ti ho già detto di non chiamarla così!»
odiava quando qualcuna la definiva biondina.
«Guardati, la grande Dea dei Ghiacci che si scalda per delle
sciocchezze. Cosa pensi che farai quando tornerai e scoprirai che
magari lei ha avuto altre relazioni?»
La donna non rispose. Sapeva perfettamente a che gioco stava giocando
Tony, e sapeva anche che aveva perfettamente ragione. Non si sarebbe
certamente limitata se avesse scoperto che qualcun altro avesse messo
le mani addosso alla sua donna.
Ma non poteva pretendere nessun diritto, non più.
Avrebbe dovuto ingoiare rabbia e gelosia e lasciarla andare.
«Non è una cosa che mi riguarda. È liberissima
di farsi chiunque voglia.»
«Ti sta facendo impazzire solo il pensiero. A te non piace quando
qualcuno tocca le tue cose…»
Luc stava iniziando ad averne abbastanza. «Lei non è
una cosa. E non è mia.»
L’ultima frase era uscita stentata dalle sue labbra, bloccata
da un groppo che quasi le impediva di respirare.
Tony strinse gli occhi. Quando si impuntava su una cosa non c’era
verso di farle cambiare idea.
«Si invece. Lei è tua, esattamente come tu sei sua. Non
puoi negarlo. Vi appartenete.»
Luc non ebbe modo di rispondere che il cellulare iniziò a squillare.
«Pronto? Si, va bene. Vengo subito.»
L’uomo la guardava incuriosito, chiedendo spiegazione con lo
sguardo.
«Era Frank. Dimitri vuole vedermi.»
«Come mai?»
«Non lo so. Ma ho l’impressione che questa sia la resa
dei conti.»
Lo sguardo dalla donna si scurì diventando estremamente minaccioso,
mentre una calma glaciale scendeva in ogni sua cellula.
Questa sarà la resa dei conti… Dimitri.
.
«Signora Loren, è un piacere per me conoscerla.»
Un uomo sulla cinquantina le venne incontro. Era vestito con un elegante
completo grigio scuro, che non riusciva a nascondere il corpo massiccio
e ben curato, e ne aumentava il fascino.
Sembrava molto più giovane della sua vera età, con due
occhi magnetici color dell’oceano, che nascondevano nelle profondità
la vera natura dell’uomo, e i capelli brizzolati ai lati.
Poteva sembrare un uomo d’affari qualsiasi, invece che un terrorista.
Luc si piantò un sorriso fascinoso sulle labbra.
«Il piacere è tutto mio.»
Nella sala erano presenti anche altri uomini.
Altri compratori, tra cui spiccava per il suo aspetto Hans, e alcune
guardie del corpo.
«Vi starete tutti chiedendo come mai io vi abbia fatto convocare
qui. Bene signori io ho una cosa che a voi interessa molto, e io nella
mia generosità ho deciso di venderla al migliore acquirente.»
Sorrise, vedendo l’impazienza dei signori del petrolio arabi,
dei rivoluzionari cinesi e degli altri uomini d’affari riuniti
lì.
Adorava far stare sulle spine la gente. Erano in suo potere.
L’unica che sembrava totalmente indifferente alla’affare
era quella donna, estremamente bella e affascinante. Ci avrebbe potuto
benissimo fare un pensierino… e forse qualcosa di più
concreto.
«E allora come mai ha voluto vederci tutti insieme?» disse
Hans.
«Vedete ho in mente qualcosa di grosso. Una specie di società.
Diventeremo tutti ricchi e potenti, temuti da tutti i governi del
mondo…»
Una scintilla di follia brillò nei suoi occhi chiari.
«Vuoi far esplodere la bomba e dividere il merito con noi. In
questo modo sei sicuro di poter vincere una guerra, contando sul nostro
appoggio economico e militare.»
Intervenne Luc con una calma impressionante.
Tutti sgranarono gli occhi sorpresi dalle parole della donna. Dimitri
cominciò ad applaudire compiaciuto.
«Bene. Bella e intelligente, proprio le qualità che cerco
in una donna.»
Luc rabbrividì di disgusto.
«L’hai pensata proprio bene. Immagino che tu abbia già
scelto anche l’obbiettivo.»
«Si. Il palazzo dell’ONU.»
Per la seconda volta la sorpresa si impossessò dei presenti.
Hans stava quasi per avere un attacco di cuore.
Luc sorrise. Pivello!
«Allora, cosa ne dite diventare i signori del mondo?»
«Io penso che tu sia pazzo.»
«Loren cara, io diventerò l’uomo più importante
di questo mondo, e tu se vorrai potrai essere la mia regina.»
mormorò sfiorandole capelli.
«Non penso che vivrai abbastanza.»
Un lampo passò negli occhi di Hans, era forse impazzita. Si
sarebbero fatti ammazzare così.
Dimitri rise.
«Come mai pensi questo?»
«Ci sono cinque tra i capi terroristi del mondo, due guardie
del corpo che con ogni probabilità sono dilettati e un fanatico
che si crede un dio. Quanto pensi possiate sopravvivere?»
Non aspettò nemmeno che gli altri registrassero le sue parole
che sfilò la pistola sapientemente nascosta nel vestito e cominciò
a fare fuoco.
Dopo un primo attimo di stordimento anche il poliziotto russo aprì
le danze, freddando con incredibile precisione le due guardie del
corpo che stavano per sparare contro Luc.
Sette colpi dopo tutti giacevano a terra con un forellino tra gli
occhi.
La donna fissava con odio Dimitri che ricambiava lo sguardo, misto
ad una paura profonda che ora gli puntava la pistola contro.
«Ma ti sei bevuta il cervello?»
Hans non riusciva a credere a quello che aveva appena fatto.
Non solo perché nessuna persona sana di mente l’avrebbe
mai fatto, ma anche per la precisione e la freddezza mostrata dalla
donna. Ma ora si trovavano in una situazione davvero critica. Non
sarebbero mai riusciti a lasciare l’edificio incolumi.
«Puoi anche andare via se vuoi. La mia squadra ti aspetta di
sotto, ti daranno un passaggio fino a casa.»
«Siete poliziotti!» disse con rabbia. Si era fatto giocare
da due ragazzini, e per di più con una facilità sorprendente.
«Non diciamo assurdità! Lui è un poliziotto.»
indicò Hans con il capo. L’uomo non si era mosso di un
solo centimetro, la pistola nervosamente stretta tra le sue mani.
«Allora tu chi sei?»
Luc stirò le labbra in un sorriso sadico.
«Io sono il tuo peggiore incubo… papà.»
.
L’uomo allargò gli occhi che si riempirono di puro stupore.
Anche Hans non era certamente meno sconvolto.
«Dopo questa missione mi ci vorranno tre mesi di analisi per
riprendermi!» ironizzò con un sorriso a mezza bocca.
«Luc… tu sei Luc…»
«Sorpresa.»
L’uomo iniziò a ridere. «Lucies, la figlia di Irene.»
«Io non ci trovo niente da ridere.»
«Ma guarda, la mia bambina… Come stai?»
«Sicuramente meglio di come starai tu tra poco.»
«Ehm, non vorrei interrompere questa bella riunione familiare,
ma stanno arrivando i rinforzi.»
Hans poggiato cautamente accanto alla porta poteva sentire i passi
pesanti e il vociferare delle guardie, che stavano arrivando attratte
dagli spari di poco prima.
«Tranquillo, non ci vorrà molto.» disse la donna
mettendo il colpo in canna.
«Io non credo che potrai mai farlo.» l’atteggiamento
sicuro dell’uomo mandò in ebollizione Luc ancora di più.
«Ma davvero… Io non ci scommetterei.»
«Io sono tuo padre, e se Irene ti ha allevato secondo le sue
regole morali non avrai mai il coraggio di farlo.»
«Sei fortunato papà, a quanto sembra da te non ho preso
solo il colore degli occhi… Hai mai sentito parlare della Dea
dei Ghiacci…?»
Con soddisfazione vide Dimitri sbiancare. «Tu… tu sei…»
«Già. Hai un ultimo desiderio?»
«Luc, maledizione non vorrai ucciderlo? Dobbiamo arrestarlo!»
«Hans dì soltanto un’altra parola e farai la sua
stessa fine!»
«Non uscirete mai vivi di qui. La tua impulsività finirà
per costarti la vita mia cara.» disse con un sorrisetto soddisfatto.
«Ho attivato una bomba. Il palazzo salterò in aria tra
esattamente tre minuti.»
La donna non si mosse di un solo millimetro, mantenendo fissa la sua
solita espressione glaciale.
«Abbiamo tutto il tempo di fuggire. Ma prima voglio sapere perché
l’hai fatto, perché sei andato via…»
«Io sono destinato a molto di più. Dovevo avere molto
altro dalla vita che una squallida esistenza in quel misero quartiere.
E l’ho ottenuta.»
Allargò le braccia come per mostrare tutta la sua potenza.
Quell’uomo era veramente folle.
Luc strinse gli occhi. «Beh, il tuo destino finisce qui.»
.
Il proiettile partì rapido e preciso.
Il corpo dell’uomo si accasciò a terra con un tonfo.
In quel momento, tutto l’odio, tutta la tensione provata in
quegli attimi di interminabile angoscia svanirono, lasciando Luc completamente
spossata a guardare il corpo senza vita di suo padre.
.
Hans le sfiorò delicatamente la spalla.
«Luc, dobbiamo andare.»
La donna annuì.
Continuava a guardare quel corpo, non aveva la forza per muovere un
solo passo. Dopo tutti quegli anni si era ritrovata faccia a faccia
con suo padre e non aveva esitato un solo secondo per ucciderlo.
Avrebbe dovuto sentirsi in colpa, provare dolore…
E invece si sentiva bene come non lo era mai stata in vita sua. Come
se quella morte avesse portato via l’ombra che l’avvolgeva
fin da quando era una bambina.
Libera…
Ora era finalmente libera di vivere la sua vita…
… con Allison…
.
In quel momento la prima denotazione, il palazzo che si ripiegava
su se stesso come un castello di carte.
Loro due che correvano, colpendo il maggior numero di guardie che
potevano, ma anche loro avevano capito che la fine era arrivata.
Nella mente di Luc sfrecciavano le immagini di tutta una vita, e tutti
i motivi che la spingevano a continuare a correre, a non arrendersi.
Con orrore vide una parete crollare davanti a loro e Hans gridarle
qualcosa che lei non riusciva a capire.
Doveva farcela. Non poteva permettersi di morire in un modo così
stupido.
Aveva ancora delle cose da fare.
Doveva rivedere quello sguardo verde, doveva dirle quanto l’amava
ancora una volta.
Allison…
Si sentì afferrare di peso e spingere da un lato contro una
finestra.
L’aria fredda la investì in pieno, alcune schegge di
vetro le graffiarono la pelle diafana.
Due secondi dopo il buio fitto l’avvolse come un pesante mantello.
L’ultima cosa che vide furono due smeraldi incredibilmente luminosi.
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