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DESTINY

di Carmen

(parte seconda)



Arrivano sotto il palazzo di Al troppo presto. La ragazza non se ne è nemmeno accorta e continua a stringersi in quel contatto così rassicurante.
«Al, siamo arrivati.» dice con immenso dispiacere.
Non vuole interrompere quel contatto, non vuole lasciarla andare.
«Ah, si. Scusami.»
Si stacca e scende dalla moto.
Entrambe sentono freddo.
È la pioggia. Sono bagnata fradicia.
Non mi ero accorta che piovesse.
«Grazie del passaggio.» le dice porgendole il casco e bagnandosi il caschetto biondo.
Luc deglutisce a vuoto. Ha perso la capacità di intendere e di volere. Anzi quello che vuole lo sa benissimo.
È un Angelo!
«Fi… Figurati. Nessun problema.» farfuglia dandosi della stupida. Ma dov’era finito il suo sangue freddo?
Al raccoglie tutto il suo coraggio, non vuole lasciarla. «Che ne dici se ti invito a prendere un caffè. Sta piovendo, prenderai un raffreddore. E poi devo pur sdebitarmi in qualche modo.»
Sul volto di Luc compare un sorriso meraviglioso.
«Certo, mi farebbe molto piacere.»
Anche il viso di Allison si illumina in un sorriso.
«Bene. La moto puoi parcheggiarla lì.» dice indicando un cancelletto con una guardiola. Doveva essere il custode.
Si avvicinano e Allison batte su vetro per attirare l’attenzione dell’uomo all’interno.
«Ben, la mia amica può parcheggiare la moto dentro?»
Un ragazzo sulla ventina alza un sopracciglio in segno d’apprezzamento vedendo Al bagnata fradicia. Luc vorrebbe spaccargli il muso.
«Certo, falla passare.» dice mentre fa aprire il cancello tramite comando automatico.
Ben lancia un’altra occhiata di apprezzamento a Luc e alla moto, ma poi torna a concentrarsi sul fondoschiena di Allison che si allontana ondeggiando, i pantaloni gli sono attaccati addosso come una seconda pelle. Si lecca le labbra secche.
«Che schianto!»
.
Le due donne scendono in un garage sotterraneo e Luc parcheggia tra le auto. Allison è dietro di lei che la guarda mentre posa i caschi.
È agitata. Ha appena invitato una sconosciuta a salire a casa sua.
Improvvisamente le parole che sua madre le ripeteva quando era piccola le ritornano in mente.
Ricordati tesoro, non devi mai accettare passaggi dagli sconosciuti.
Scaccia la voce del genitore dalla mente e torna a fissare lo sguardo su Luc che si sta avvicinando. Gocciola copiosamente sul pavimento asciutto del garage. Vicino ad entrambe si forma una piccola pozza.
«Andiamo.» dice Al facendo strada.
.
Luc si sente stranamente in imbarazzo.
L’appartamento di Allison le trasmette una sensazione di calore. È molto ordinato e semplice. Guarda curiosa in giro cercando di capire il più possibile della padrona. La libreria è piena di libri di ogni genere.
Bella e intelligente.
Sorride.
Lo sguardo è catturato da alcune fotografie. Una in particolare. Lei è abbracciata ad un ragazzo dai capelli marroni e dagli occhi verdi. Sorride spensierata.
Il suo fidanzato.
Questo pensiero le fa uno strano effetto. Come se fosse stata colpita da un ago nel petto.
Allison fa il suo ingresso nella stanza cambiata e con asciugamano poggiato sulle spalle. Indossa pantaloni larghi grigi e una felpa bianca. Porge a Luc quella che sembra una tuta nera simile a quella che indossa lei.
«Tieni, questa dovrebbe andarti bene. Puoi cambiarti in bagno se vuoi, ed asciugarti capelli.»
Le parole escono stentate, proprio lei che ha fatto delle parole la sua arma vincente ora si ritrova in difficoltà a dire una frase di senso compiuto. Luc sorride riconoscente, e si avvia lungo la direzione che pochi minuti prima ha percorso Al.
Indossare qualcosa di asciutto le sembra una buona idea, ma non può fare a meno sentirsi strana. Non è disagio per la situazione. No, assolutamente. Cosa c’è da sentirsi in imbarazzo, proprio nulla.
Sono a casa di un’estranea e la prima cosa che faccio è indossare i suoi vestiti, che profumano così dannatamente di buono! È perché sono bagnata.
Maledizione, non è la pioggia!!!
.
Si chiude nel bagno e inizia a cambiarsi cercando di pensare a qualsiasi cosa tranne a quello che ha in mente in quel momento.
Non sta dando buoni risultati.
Merda!
.
In cucina Allison non si trova in una situazione migliore. Prepara il caffè con gesti distratti. Tutta la sua attenzione è rivolta alla donna che ora si trova in bagno a cambiarsi.
Ma che le sta succedendo?
Lei non è attratta da Luc.
È impossibile!
Eppure lo sente il calore che prova quando la guarda. Sente come un richiamo selvaggio, non può ignorarlo!
Non la conosci da nemmeno un’ora!
Tenta di rimproverarsi, ma non ci riesce.
Sente, sa che è giusto provare quelle sensazioni.
Scuote la testa sconsolata.
Sono nella merda!
.
Il caffè esce producendo il solito gorgoglio. Un profumo piacevole si diffonde nella stanza.
Luc guarda Al preparare le tazze, le da le spalle, appoggiata allo stipite della porta ha una visione meravigliosa del suo fondoschiena che ondeggia mentre si affaccenda per sistemare tutto su un vassoio.
Un sospiro le scappa di bocca, Al si volta e le sorride leggermente in imbarazzo, mentre una sensazione di benessere la invade.
Luc arrossisce vistosamente. Tutto il suo mondo ora ruota intorno a quegli smeraldi meravigliosamente verdi.
«Quanto zucchero?»
«Cosa?» La donna sembra cadere dalle nuvole.
«Ah, lo zucchero certo! Lo prendo senza grazie.»
Al si volta per non far vedere il sorriso che le è spuntato sul viso.
«Tieni.» Gli porge la tazza fumante e va per accomodarsi sul divano.
Si siedono vicine, forse troppo.
Pensa ad altro, pensa ad altro!
Niente l’unico pensiero che aveva in mente era posare le sue labbra sulle sue, e oltre…
Cazzo, cazzo, cazzo!
«Allora, Al che lavoro fai?» tentò di rompere quel silenzio che stava diventando imbarazzante con la prima cosa che non fosse il sesso, che le era venuta in mente.
Il volto della giovane si illumina. «Son un’insegnante di lettere.»
«Bello.» Luc prende un sorso di caffè mentre Al annuisce convinta.
«È un lavoro molto stimolante. Posso insegnare qualcosa a quei ragazzi, renderli persone migliori.
In questo mondo vivono troppi delinquenti. È in mano loro, ma tutti nel proprio piccolo possono fare qualcosa per renderlo migliore.»
«Ai giovani servono delle guide.» afferma convinta con sguardo serio.
«Ma dimmi, non sei troppo giovane per fare l’insegnante?»
«Ho ventiquattro anni. Mi sono laureata l’anno scorso e subito mi hanno offerto la cattedra al liceo, grazie alle raccomandazioni del mio professore. Sai all’inizio non è stato facile non farsi mettere i piedi in testa da quei ragazzini, ma poi li ho conquistati.»
Non avevo dubbi.
«E tu che lavoro fai?»
«Ho una piccola società che aiuta le grandi imprese e le piccole quando ne hanno bisogno. Sai problemi gestionali, o di tipo informatico.» afferma sicura, sentendosi leggermente in colpa. In fondo non è proprio una bugia, ma una mezza verità.
Non può certo dire che è una mercenaria, anche se avvolte collabora con la polizia, è una criminale, un’assassina. Sarebbe una follia. Ma dentro di se sa che è completamente sbagliato mentirle.
Lei non ha mai avuto problemi a mentire alla gente, anzi! Aveva un’innaturale talento. Ma ora…
Ma che mi succede?
Parlano ancora per un po’ dei loro studi e del loro lavoro.
Luc ha una fitta allo stomaco ogni volta che le dice una bugia.
«Cosa mi dici della tua famiglia?» la domanda fatta con tanta innocenza da Al turba non poco Luc, decide di dirle la verità. Infondo lei non si vergogna della sua vita, e se la bionda fanciulla la caccia di casa allora il suo istinto, che le gridava di fidarsi, si sarebbe sbagliato per la prima volta nella sua vita.
«Mia madre gestisce un bar vicino al “giardino delle meraviglie”. Sai io sono cresciuta lì. Ero circondata da poco di buono, ma tutti a modo loro mi hanno dato qualcosa, mi hanno amata. Li considero parte della mia famiglia, senza giudicarli a priori per il lavoro che fanno.
Tutti hanno una storia triste alle spalle, e molti spesso perdevano la via, mia madre era considerata una specie di salvatrice. È stata l’ancora di salvezza per molti ragazzi e ragazze.»
«Deve essere una persona meravigliosa.» il commento la lascia quasi senza fiato, sente le lacrime pungerle agli angoli degli occhi. Non aveva mai parlato a qualcuno della sua vita così facilmente, ma con Al è tutta un’altra cosa. Si sente libera, protetta, completa…
«Si, lo è.»
«E tuo padre?»
Luc si irrigidisce, ma risponde alla domanda.
«Era uno stronzo. Ci ha lasciate quando avevo otto anni.»
Ora è Al a fare forza su se stessa per non scoppiare in lacrime. «Mi dispiace averti fatto rivangare brutti ricordi.» dice sinceramente pentita.
«Non preoccuparti. E poi un padre l’ho avuto. Si chiama John. Lui mi ha insegnato tutto quello che so, e mi ha avvicinata al mondo dei motori.»
«Ecco perché sei così esperta in materia.»
Entrambe abbozzano dei sorrisi sinceri.
Ora non c’è più imbarazzo, ma solo uno strano tepore che le avvolge come una coperta.
«Immagino che la tua famiglia sia abbastanza diversa dalla mia.»
«Oh si» non sembra molto felice. «Mio padre ha un impero finanziario da gestire, e anche se non mi ha fatto mai mancare niente, non era quasi mai a casa. Mia madre e mia sorella sono delle Yacht – club dipendenti. La mia è la tipica famiglia ricca. Vestiti eleganti e sorrisi di cortesia… hai presente?» Luc annuisce e la ragazza continua. «Sai a volte mi sento quasi soffocare da quell’ambiente ristretto. Mio padre voleva che mi laureassi in economia e commercio per poi prendere le redini dell’azienda, o farle prenderle a mio marito, non ho ancora capito.»
La donna fa una strana smorfia. «Non ti ci vedo a fare la moglie di un ricco imprenditore.»
«A no? E come mi vedi?»
«Ti vedo sulle sponde di un lago, la natura esplosa in tutta la sua bellezza ti circonda, con quaderno, a scrivere poesie magari. E accanto a te il tuo vero amore che ti guarda con occhi sognanti.»
L’immagine si forma nitida nella mente delle donne.
I loro occhi si sono incatenati in uno sguardo lucido. Come due magneti di poli opposti si avvicinano.
«Ho sempre desiderato scrivere.» sussurra Al ad un soffio dalle labbra di Luc. Un luccichio passa nel suo sguardo ceruleo, deglutisce a vuoto un paio di volte. «Sono un asso in queste cose.»
Entrambe socchiudono gli occhi e girano la testa da un lato…
.
Il momento è interrotto bruscamente dallo squillo del telefono.
Al corruga la fronte seccata dall’interruzione, anche Luc non è felice.
La bionda si alza di scatto tutta rossa, e si sventola con una mano. Ma che stavo facendo?
Luc non riesce a tenere a freno un imprecazione.
Si stavano per baciare. Mio Dio, ma che diavolo le era preso?
Prima le parlo di me e poi questo! Assurdo! Forse ho preso una strana malattia, o sono completamente impazzita. Non c’è altra spiegazione.
Eppure io lo sento dentro di me che è giusto. Perché prima quando eravamo così vicine mi sentivo così bene, come se fossi completa…
Mio Dio!
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«Pronto?»
Al è costretta ad allontanare la cornetta per non restare sorda. La voce di Jenny è così alta che le potrebbe spaccare senza problemi un timpano.
«Jenny, ma sei pazza. Per poco non mi disintegri l’apparato uditivo!»
«Ma che fine hai fatto? Sono alla festa, sai quella a cui avevamo deciso di andare oggi pomeriggio?»
Al si batte la fronte in un movimento quasi comico, Luc non può nascondere il sorriso che le è salito alle labbra.
«La festa. Me ne sono proprio scordata. Sai ho avuto problemi con la macchina.»
«È inutile che provi a giustificarti. Potevi chiamarmi.»
Al si prodiga in mille scuse, si sorbisce la ramanzina dell’amica sulla sua sbadataggine, in silenzio con aria esasperata.
Quando attaccano è passato un quarto d’ora buono.
«Mi dispiace aver rovinato i tuoi piani per la serata.»
«Non preoccuparti, la mia amica esagera sempre. E poi sono stata io a invitarti, no?»
Si fissano a lungo per un momento che pare interminabile. Tutto attorno a loro svanisce, i loro cuori battono così forte che temono gli possano scoppiare dal petto.
Il ricordo del quasi bacio di poco prima le fa arrossire e voltare di scatto la testa.
Le riflessioni delle due vengono interrotte da un sonoro borbottio da parte dello stomaco di Al. La ragazza arrossisce vistosamente e inizia a farfugliare mille scuse, mentre Luc se la ride alla grande.
«Non è carino prendermi in giro così!» sbotta semi offesa. «Sono le dieci e io non ho cenato.»
Sembra una bambina piccola.
«Hai ragione, scusa. Ma possiamo sempre rimediare no?» dice andando verso la cucina.
Praticamente si era autoinvitata a cena! Al la guarda felice.
«Dammi qualche minuto e potrai gustare la migliore pasta asciutta della città. Allora che ne dici?»
Teme che la ragazza la possa cacciare. Infondo chi si crede di essere, non sono nemmeno amiche.
Si rilassa quando vede il volto scettico di Al che sta appoggiata a braccia incrociate sullo stipite della porta.
«Bene, fammi vedere di cosa sei capace.»
Il tono usato dalla ragazza fa venire in mente molti modi con la quale provarle di cosa è capace, ma scaccia subito quei pensieri aprendo il frigo.
Un po’ di freddo non può farle che bene.
Anche Al è rimasta semplicemente sconvolta di come gli ha detto cosa. Le parole le erano uscite di bocca di getto, senza pensarci.
Rossa come un pomodoro si stacca dalla porta e si appresta ad apparecchiare la tavola, mentre dice a Luc dove può trovare l’occorrente per cucinare.
Prima ci stavamo per baciare! È assurdo. Io ho un ragazzo. Amo lui.
Ma chi voglio prendere in giro. Non mi sono mai sentita così bene.
È come se avessi ritrovato la parte mancante della mia anima, mi sento completa…
.
Venti minuti dopo le due siedono a tavola ben distanti. Il piatto fumante davanti a loro emana un profumino delizioso che si spande per l’appartamento.
Al prende una generosa forchettata. «È buonissimo!»
«Grazie. Cucinare è uno dei miei numerosi talenti.» dice orgogliosa mentre prende un sorso di vino.
«Non vedo l’ora di scoprire gli altri allora.»
Il vino le esce dal naso.
Allison arrossisce fino alla punta di capelli. Ma cosa le era preso quella sera. Da dove le era uscito quel doppio senso, ma lei non era una ragazzina timida? Dov’era la sua timidezza quando serviva!
«Cazzo!» la tovaglia è praticamente irrecuperabile. Al si alza e prende uno strofinaccio che dovrebbe servire per ripulire Luc dal vino che le ricopre parte del viso.
«Scusami.» tenta imbarazzata mentre passa il panno umido sulle labbra carnose della donna.
Quel gesto non fa altro che aumentare l’eccitazione di Luc, chiaramente evidente dello sguardo intenso e dal respiro leggermente affannoso.
Non ce la fa più.
Vaffanculo buoni propositi!
Con un gesto secco lancia il panno lontano e afferra saldamente Al che non ha nemmeno il tempo di chiedersi cosa sta succedendo che si ritrova intrappolata in un bacio morbido e sensuale.
Il tempo intorno a loro è svanito.
Facendo il più delicatamente possibile per non spaventarla, l’afferra per i fianchi e la fa appoggiare con la schiena contro la tavola. Il movimento fa traballare il ripiano, il bicchiere di vino pieno di Al cade e finisce di imbrattare la tovaglia.
Fanculo la tovaglia.
Luc passa morbidamente la lingua sulle labbra di Al che istintivamente le apre, approfondendo il bacio.
Le sue mai viaggiano lungo la schiena immergendosi nel morbido caschetto biondo e poi riscendendo, sente la schiena bruciargli dove le mani della ragazza passano.
Un movimento circolare sul suo fondoschiena la fa gemere.
Però è brava la ragazzina.
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Quando il bisogno d’aria si fa impellente si separano, senza sciogliere l’abbraccio.
Luc poggia la fronte su quella di Al. Hanno entrambe il fiatone, si può vedere negli occhi chiari delle due lo stesso identico sguardo sognante.
L’unico commento che in quel momento la mente confusa di Luc può formulare è Wow.
«Già! Immagino che questo sia un altro di quei talenti che dicevi prima.» articola a fatica Al, mentre vede un lampo di malizia passare negli occhi cerulei.
Le loro labbra stanno per incrociarsi nuovamente quando un barlume di lucidità attraversò la mente di Al.
«No. Non posso.»
Luc spalanca gli occhi mentre una profonda delusione l’assale.
«Io… io ho un ragazzo.»
La donna si separa leggermente per fissare meglio quelle due pozze verdi.
Può leggervi confusione e desiderio.
Annuisce leggermente. «Mi dispiace. Forse è meglio che vada.»
Stenta a riconoscere la sua voce.
Si allontana verso il bagno dove aveva lasciato ad asciugare i suoi vestiti e ne esce dopo cinque minuti.
La ritrova nella stessa posizione. Poggiata al tavolo con lo sguardo perso.
È dannatamente bella!
Una smorfia amara le sale sulle labbra.
Si chiude la porta dietro di lei leggermente. Non voglio andare via.
Il rumore causato dalla porta la sveglia da quello stato di trance in cui è caduta.
I sensi di colpa verso Chris avevano avuto la meglio sulla passione che in quel momento provava.
No, non era passione… Era qualcos’altro…
Una lacrima scivola sulla guancia. Si sfiora le labbra con le dita.
Non volevo che se ne andasse.
.
..
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Cap. 2: In una notte d’inverno…
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Da qualche giorno la pioggia ha lasciato il posto alla neve, imbiancando tutte le strade.
La città sembra magica, tutta illuminata a festa.
Le persone si rifugiano nei negozi per sfuggire al freddo e per fare gli acquisti per Natale, tutte sembrano euforiche, è come se tutti impazzissero in quel periodo dell’anno.
Lei non aveva mai amato quelle feste, quell’anno sembrava più ostile del solito.
Il freddo da cui si doveva riparare non poteva essere sconfitto con l’aiuto dei fuochi scoppiettanti dei camini o con sacchetto di caldarroste fumanti tra le mani.
Il suo freddo partiva dall’anima, e sapeva che l’unico modo per farlo dissipare erano due occhi verde smeraldo.
È passata una settimana, perché ci penso ancora?
Luc era appoggiata al muro di fronte al tavolo da biliardo, mentre osservava attenta le mosse del suo amico, che si stava concentrando sulla traiettoria perfetta per mettere la palla in buca.
Passava il gesso sulla punta della stecca spazientita.
«Cazzo Tony, ci stai mettendo una vita! Tira quella palla!» sbottò infine vedendo l’amico cambiare posizione per l’ennesima volta.
«Luc, mi hai fatto distrarre!» la rimproverò l’uomo con i capelli e gli occhi neri e un pizzetto ben curato.
«Ma che ti prende ultimamente? Sei sempre nervosa!» chiese poi addolcendo il tono e fissando gli occhi cerulei della donna, che non lo degnò di uno sguardo.
«Io non ho niente!» ringhiò quasi.
Una figura snella apparve alle sue spalle, si appoggiò alla spalla di Tony. «Se tu non hai niente io sono vergine.» disse infine con un’alzata di sopracciglia molto significativa.
Luc ingoia una lunga sorsata di birra. Anche se aveva il solito atteggiamento di ghiaccio non poteva nascondere ai suoi amici nulla.
«Ho incontrato una persona.» dice quasi indifferente.
Sul volto di Tony si distende un largo sorriso, così come su quello di Sheila, ma entrambi non dicono nulla e aspettano che la donna continui da sola, sanno quanto è chiusa e quanto odi parlare di se.
«Siamo entrate come in sintonia, quasi subito. È stato strano, le ho addirittura parlato della mia vita.»
Gli sguardi dei due ora sono preoccupati.
«Calma, non tutto. Comunque, mi sono sentita diversa. Non lo so, non so nemmeno io dire che cosa ho provato.»
Sheila ha gli occhi lucidi. «Mio Dio Luc, ti sei innamorata!»
Luc la fulmina con lo sguardo. «No! È impossibile.»
«Perché no?» chiede Tony con aria innocente.
«È assurdo. Non la conoscevo nemmeno da un’ora.» si passa una mano sugli occhi stanca.
«Ed è successo qualcosa?» chiede la donna.
Luc risponde triste. «Ci siamo baciate.»
Sheila non riesce a trattenere un gridolino euforico. «E poi…» la esorta non stando più nella pelle.
«E poi mi ha fermata.» dice sconsolata ingoiando il resto della birra tutto d’un fiato.
«Perché?»
«Ha un ragazzo.» il pensiero che altri possano toccarla la infastidisce non poco.
Tony aggrotta le sopracciglia. È una cosa seria, se sta così.
«Beh, il fatto che sia impegnata non ti ha fermato altre volte.»
«Tony, con lei non ci voglio solo scopare.» si accascia sulla sedia con un sospiro frustato.
Dio, sembro una bambina alla prima cotta! Sono patetica.
«Ancora meglio! Hai un motivo in più per dare il meglio di te.»
«Non dire stronzate. Non la conosco nemmeno.»
«Ma il tuo cuore si.» il commento di Sheila le fa accendere una piccola fiammella di speranza.
«Cosa hai provato quando l’hai baciata?» chiede ancora la donna.
«È stato meraviglioso. Come se fosse la prima volta.» sospira con mezzo sorriso al ricorda della serata.
«Cristo, questo è proprio amore con la A maiuscola.»
«Forse anche lei prova lo stesso. Magari siete anime gemelle.»
L’ultima frase detta da Tony le fa spalancare gli occhi.
Anime gemelle.
Perché quella cosa non le sembra tanto folle? Forse è veramente impazzita.
Si alza sconsolata e lascia i due fratelli senza dire una parola.
Non si era mai sentita così… Sola.
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Rimasti soli nel bar i due si guardano.
«Sta proprio male.»
«Già. Questa è la prima volta che la vedo così. Solitamente è quasi indifferente quando rompe con qualcuna.»
Tony sorride. «Pensa che con questa non è nemmeno iniziata!»
«Ci pensi, la Dea dei Ghiacci innamorata.» soffia Sheila con aria sognante.
«Un vero scoop! Vorrei proprio sapere chi è stato capace di tanto.»
.
Luc cammina spedita lungo le strade dove centinaia di voci allegre si mescolano cristallizzate insieme a quell’aria piacevolmente fredda. Ma lei non ci faceva minimamente caso, tutto quello che desiderava era ubriacarsi fino a dimenticare il suo nome.
Mio Dio Luc, ti sei innamorata.
Le parole di Sheila le rimbombavano nella mente come una cantilena infinita.
No, io non sono innamorata.
Ma ormai non serviva più a niente quest’opera di auto convincimento che si era imposta. Lei lo sapeva, ne aveva la certezza assoluta, eppure non riusciva a spiegarselo.
Era stata con molte persone, avvolte per periodi sufficientemente lunghi per poter dire di conoscerle bene, ma lei non si era mai legata a nessuno. Non si era mai aperta, tranne che con una ristretta cerchia di amici, al quale facevano parte anche Tony e Sheila O’Brein.
Fino ad una settimana fa considerava l’amore una debolezza, un’utopia irrealizzabile. E ora più che mai ne aveva la conferma.
Innamorarsi è una perdita di tempo, non porta a nulla di buono.
Io sono una dura e fredda mercenaria, non posso essermi innamorata di una ragazzina. E poi in un solo giorno!
.
Girò a destra ed entrò in un vicolo buio, non aveva voglia di mischiarsi alla folla.
Un barbone mezzo ubriaco vedendola lanciò in fischio di apprezzamento. Fece ancora qualche passo e poi si fermò.
«Che c’è dolcezza, vuoi compagnia?» l’uomo biascicava, si reggeva a stento in piedi, ma se aveva deciso di mettersi sulla sua strada non era un suo problema. Anzi, avrebbe sfogato un po’ di quella starna rabbia mista a tristezza che le gonfiava il cuore.
Si voltò e lanciò all’uomo uno sguardo gelido. L’uomo rimase pietrificato, sentì chiaramente il ghiacciarsi del sangue misto ad alcol e altre sostanze nelle vene.
Fece istintivamente qualche passo indietro appena vide la donna avvicinarsi, uno strano ghigno la rendeva ancora più minacciosa.
«La mamma non ti ha insegnato che non si devono importunare le ragazze?»
La voce dolce, appositamente studiata, gli provocò un sussulto.
Tentò di balbettare qualcosa come scusa, ma non ne ebbe il tempo. In un istante gli occhi cerulei della donna si animarono di una fiamma, mentre la sua mano destra si piantava sul suo naso, con un pugno che difficilmente si poteva attribuire ad una ragazza.
Luc sentì con piacere il rumore della cartilagine spezzata, e ne provò un piacere immenso.
Il barbone si piegò tenendosi il naso sanguinante con le mani e urlando di dolore.
Stava per continuare nella sua opera di pestaggio bruto quando le vennero in mente le parole di Al
Il mondo è pieno di delinquenti… tutti possiamo fare qualcosa per cambiarlo…
Io sono una delinquente.
Si allontanò, mentre l’uomo la fissava con occhi pieni di terrore.
Luc si sentiva sempre peggio.
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Camminò per circa una decina di minuti tra i vicoli putridi di quel quartiere. Quando usci su quella che doveva essere la via principale, vide sulla sua destra l’entrata del “parco” già affollata nonostante fossero solo le nove.
Proseguì diritto per circa un centinaio di metri quando una leggera musica di sottofondo proveniente da un bar non riempì l’aria.
Sorrise appena.
Alzò gli occhi fino a vedere un’insegna luminosa che aveva conosciuto tempi migliori.
Irene’s
Certo che mia madre ne ha di fantasia.
Pensò allargando il sorriso, mentre entrava nel solo posto al mondo che considerava casa.
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«Ciao Luc.»
Una cameriera le passò vicino con un vassoio stracolmo e le mandò un saluto frettoloso, riprendendo il lavoro velocemente.
Fece un gesto per ricambiare e si accomodò su un scanno di fronte al bancone. Sua madre le dava le spalle, non si era accorta della sua presenza.
«Potrei avere una birra?» disse con tono divertito.
Irene si voltò con sguardo luminoso. «Tesoro. Sono felice che sei passata.»
La donna uscì da dietro al bancone per abbracciarla.
«Allora quella birra?»
La donna guardò il volto sorridente della figlia.
Strano.
L’occhio di madre allenato a carpire le più piccole emozioni che sua figlia celava dietro il suo sguardo freddo e l’espressione da dura, notò la strana tensione ai lati degli occhi.
Corrugò la fronte, fece per prendere due birre e portò sua figlia a sedere ad un tavolo un po’ più appartato.
«Allora?» chiese dopo alcuni istanti.
Luc fece finta di non capire. «Allora cosa?»
«Non fare la santarellina con me. Non attacca più da quando avevi due anni.» la guardò con tono di rimprovero.
«Non è nulla. Una sciocchezza.» buttò giù un lungo sorso di birra.
«Adesso si che lo voglio sapere. Tu non fai mai sciocchezze.»
Luc gli lanciò un sguardo strano che rappresentava un enorme Cosa?, Irene subito lo interpretò e si affrettò a rispondere. «Quelle erano cazzate. C’è una bella differenza.»
Sbuffa infastidita dal fatto che la madre alla fine deve avere sempre l’ultima parola.
Per la seconda volta per quella giornata si apprestava a raccontare di come la Dea di Ghiaccio si fosse fatta rubare il cuore…
.
Dopo dieci minuti in cui ha sintetizzato, il più schematicamente possibile, i fatti salienti, vede la madre con le lacrime agli occhi, in un’espressione simile a quella di Sheila.
«E tu, sei andata via?» il suo tono è incredulo.
«Che avrei dovuto fare. Violentarla su quella tavola!» urla quasi esasperata.
Irene la fissa con sguardo severo. Non è mai stata più felice per sua figlia come in quel momento.
«Luc tesoro, ma ti rendi conto che forse anche la ragazza…»
«Al.» dice seccamente fissando un punto immaginario.
«Come?»
«Al, si chiama Allison.»
Lo sguardo di Irene si addolcisce. «Allison. Non ti è venuto in mente che magari si è sentita confusa. Spaventata magari?»
«E pensi che io non lo sia?» le ringhia contro tutta la sua frustrazione.
Fino a quel momento non aveva mai parlato con la madre di quelle cose. Le sue vicende sentimentali non riguardavano nessun altro tranne lei.
Ma ora, aveva bisogno di un consiglio. Di una guida…
«È normale che tu lo sia. Ma se non torni da lei te ne pentirai per tutta la vita.
In amore è così. Devi saltare, sperando di essere presa e di non cadere. Dovete trovare insieme le risposte.»
«E se magari lei mi considera una pazza. Mi avrà presa per una maniaca che adesca le ragazze per starda…»
«Luc, quando l’hai vista per la prima volta, cosa hai provato?»
«Mi sono sentita strana. Come attratta da un richiamo. Poi quando l’ho guardata negli occhi…» fa un sospiro beato poi continua. «…è stato come se fossi completa. Dio sembro una ragazzina!»
Appoggia pesantemente le mani sulla fronte e scuote la testa.
«Te la sentiresti di lanciarti per lei?»
Una domanda semplice e diretta, alla quale non può che dare una risposta semplice e diretta.
«Si.»
Il volto di Irene si illumina, vede gli occhi cerulei di sua figlia illuminarsi di determinazione.
.
.
È passata una settimana.
Allison è accoccolata sul divano con un cuscino sul petto, alla quale si stringeva in un abbraccio in cerca di conforto, che non sarebbe mai arrivato.
Si sentiva triste, apatica, vuota…
Non riusciva a credere che potesse stare così male per una sconosciuta.
Lei non è una sconosciuta.
Si era irrimediabilmente e indiscutibilmente innamorata di un’estranea.
L’ennesimo sospiro lasciò le sue labbra.
Voleva sfogarsi con qualcuno, ma non sapeva con chi. Dubitava fortemente che la sua famiglia o le sue amiche l’avrebbero capita.
Aveva tagliato i ponti con tutti. Specialmente con Chris, non lo poteva affrontare in questo momento. Si ripromise che una volta fatta adeguata chiarezza gli avrebbe dato le dovute spiegazioni.
E che cosa gli avrebbe detto?
Sai Chris anche se stiamo insieme da sei anni, mi sono innamorata di una donna. Restiamo amici?
Scosse la testa sorridendo. No, decisamente non andava bene.
Come per magia l’oggetto dei suoi pensieri prese vita, animando la segreteria telefonica.
“Ciao tesoro, sono io. È un po’ che non ti fai ne vedere ne sentire. Sono preoccupato. Ti prego richiama non appena senti il messaggio. Ti amo.”
Cancellò il messaggio con un gesto secco. Si sentiva in colpa nei suoi confronti.
È come se lo avessi tradito.
Ma questo non era niente in confronto ai sensi di colpa che provava verso se stessa. Non avrebbe mai dovuto fermarla.
Ora non poteva nemmeno rintracciarla. Non sapeva nemmeno il suo cognome.
.
Improvvisamente le venne in mente una chiacchierata che aveva fatto qualche tempo fa con una sua alunna.
«Prof. posso chiederle una cosa?»
«Dimmi.» la fissò con i suoi occhi ridenti e la ragazzina arrossì.
«Beh ecco, il fatto è che mi piace molto un ragazzo.» abbassò lo sguardo piantandolo sulle punte delle sue scarpe da ginnastica, arrossendo ancora di più.
«Ma lui non sa nemmeno che esisto.» aveva sollevato lo sguardo per guardare negli occhi verdi dell’insegnante, che ora sembravano brillare ancora di più.
«Devi buttarti.»
«E se mi dice di no?»
«In amore non ci possono essere certezze. Devi tuffarti e sperare di non cadere e farti troppo male. Comunque vada, ogni caduta che prenderai sarà per te un’esperienza che ti formerà e ti aiuterà a diventare la donna meravigliosa che sarai.»
La ragazzina allargò i suoi occhi castani in un’espressione che era un misto di gioia, speranza e gratitudine.
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Tuffarsi e sperare di non cadere…
Predichi bene e razzoli male. No, così non va bene.
Un lampo di determinazione le attraversò lo sguardo color rugiada.
Lei non si era mai tirata indietro davanti una sfida. E quella lo era.
Sapeva che se non avesse almeno tentato se ne sarebbe pentita per il resto della sua vita.
Vivi la tua vita, facendo in modo che un giorno guardandoti indietro non proverai nessun rimorso.
Ti troverò Lucies, è una promessa.
E Allison Lovelace mantiene sempre le promesse!
Una nuova energia le montò in corpo. Si sentiva bene ora che aveva deciso di dare quella svolta alla sua vita.
Domani avrebbe iniziato le ricerche, partendo dal posto dove aveva detto di abitare. Una come lei non passa certamente inosservata.
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Si mise il cappotto e uscì di casa. Aveva voglia di cucina cinese!
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La moto procedeva lenta, stando attenta a non farla scivolare sull’asfalto ghiacciato. Se ripensava a quando aveva percorso l’ultima volta quella strada il cuore perdeva un battito.
Mi sto per lanciare, spero solo di non sfracellarmi a terra!
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Allison era arrivata sotto il portone di casa sua e ora si affaccendava a cercare le chiavi senza far cadere nessuna delle numerose buste che le riempivano le braccia. Aveva comprato da mangiare per una dozzina di persone. Non si sarebbe dovuta preoccupare per la prossima settimana.
«Ma dove diavolo sono finite?»
Stava dimostrando doti si equilibrista che non sapeva di possedere!
Una voce alle sue spalle la fece voltare di scatto.
«Vedo che ci rincontriamo. Come stai Allison?»
«Reins, che ci fai qui?» chiese leggermente infastidita da tono usato dall’uomo.
«Io e te abbiamo un conto in sospeso.» un ghigno malefico si forma sul suo volto. Al ha un sussulto.
«Non mi sembra.» nonostante si intimorita, la sua voce resta sicura e ferma.
Reins scuote la testa. «No, no bambolina. Tu mi hai umiliato davanti a tutti.»
Con un gesto lento e fluido fa comparire un coltello a serramanico dai pantaloni.
Un guizzo di terrore passa negli occhi della ragazza. Arretra istintivamente di un passo andando a sbattere contro il portone.
«Che c’è, hai bisogno di un coltello per affrontare una donna?»
Maledetta linguaccia lunga!
Vede una furia cieca deformare il viso dell’uomo in una smorfia. «Le donne non sanno mai quando stare zitte! La bocca dovrebbero usarla solo per una cosa!»
E no, ora sono io che mi incazzo!
Posa le buste della spesa ai suoi piedi e fa un passo nella sua direzione con aria minacciosa.
Senza alcun preavviso Riens si avventa sulla ragazza. Al schiva abilmente un paio di colpi e gli molla una ginocchiata nello stomaco, l’uomo si accascia con un grido soffocato, ma in meno di due secondi reagisce e tenta di affondare i coltello nella coscia di Allison che si sposta senza impedire che la lama le procuri un piccolo taglio sul braccio. Fa una smorfia di dolore e quell’attimo di distrazione le è fatale, perché Reins si alza e le molla un potente mal rovescio che la fa cadere a terra facendo sbatterle la testa. Sente un rivolo di sangue scivolarle sulla guancia partendo dal profondo taglio che si è formato su sopracciglio.
Ora Reins la sovrasta con tutta la sua mole.
«No ti senti più tanto sicura di te vero?»
Sente la testa girarle, la botta è stata più forte di quello che pensava.
Ma nonostante tutto non riesce a trattenersi. «Tu sei pazzo!»
«E tu una lurida puttana!»
Vede con orrore la lama scendere velocemente su di lei, istintivamente chiude gli occhi.






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