DESTINY
di
Carmen
(parte
quarta)
Cap.4: Rivelazioni e altro...
.
Erano le otto meno un quarto e Al era in fermento. Si sentiva nervosa
e agitata, camminava avanti e indietro nell’appartamento senza
una vera ragione.
Tra poco si formerà un solco nel pavimento.
La cena leggera era pronta e in attesa di essere consumata, alcune
candele rendevano l’atmosfera particolarmente romantica.
Al si fermò davanti allo specchio della sua camera e fissò
con occhio critico il jeans e la camicetta che aveva scelto di indossare.
Stava pensando seriamente di cambiarsi, ma il rombo di un motore sotto
al suo palazzo attirò completamente la sua attenzione.
È arrivata.
.
Luc suonò leggermente il clacson della Ferrari per attirare
l’attenzione di Ben, che appena uscito dalla guardiola perse
praticamente gli occhi.
Oh Cristo!
Luc lo fissava con un angolo della bocca sollevato in un imitazione
di sorrisetto soddisfatto. La calma quasi indifferente che mostrava
da fuori non era che una maschera. Dentro stava tremando.
«Ehi Ben, ti ricordi di me?» chiese ironica.
Il ragazzo deglutì più volte non riuscendo a mettere
una parola dietro l’altra per formare una frase di senso compiuto.
«Ehm… io… cioè…»
Luc allargò il suo sorriso.
Ragazzino. Patetico.
«Che ne dici di alzare la sbarra per me.» mormorò
ammiccante.
Ben arrossì all’evidente allusione, anche perché
il suo sangue era già felicemente migrato verso sud creando
un leggero gonfiore nei pantaloni.
Schiacciò l’interruttore e subito l’asta salì
verso l’alto permettendo così a Luc di entrare.
Coperta dal ruggire del motore poté dare sfogo a una risata
liberatoria.
Parcheggiò al posto dell’auto di Al. A proposito le doveva
chiedere se aveva risolto o se se ne era comprata una nuova, cosa
consigliabile date le condizioni di quel macinino, che a chiamarla
automobile ce ne voleva di fantasia.
Sempre se non mi caccia a calci prima.
Salì le scale lentamente con un macigno del quale presto si
sarebbe liberata.
Era arrivata davanti alla sua porta. Cacciò un profondo respiro
e bussò.
Non dovette aspettare nemmeno due secondi che la porta si aprì
dandole la visione più bella che avesse mai visto.
Nella sua semplicità Al risplendeva di una luce propria.
«Sei splendida.» mormorò prima di darle il primo,
di una lunga serie di baci, della serata.
Le porse una rosa rossa a stelo lungo, che Al prese delicatamente
e annusò con un sospiro.
Arrossì leggermente. «Grazie. Anche tu stai benissimo.»
Disse vedendo i pantaloni di pelle nera e la camicetta leggera che
lasciava scoperta un’abbondante parte di decolté.
Si soffermò per un attimo di troppo sulla porzione di pelle
scoperta.
Calma, dopo avrete tutto il tempo. Non puoi saltarle addosso.
.
Si accomodarono sul divano con un bicchiere di vino in mano, che Luc
bevve tutto d’un fiato.
«Cosa c’è?» chiese dolcemente vedendo il
nervosismo prendere il sopravvento sulla compagna. Anche se dubitava
che fosse per il livello che la loro relazione stava per raggiungere,
il dubbio che non fosse quello che realmente volesse la faceva tremare.
Luc sospirò.
Ora o mai più.
«Ti devo dire una cosa. Una cosa importante sulla mia vita.»
cominciò timorosa, lo sguardo di ghiaccio fisso su tavolino
davanti a loro.
Al si sistemò meglio sul divano e restò in silenzio
aspettando che lei continuasse.
«Io ti ho mentito.»
In quel momento Al sentì chiaramente il mondo crollarle addosso.
Mentito?
«Riguardo a cosa?» la sua voce era un sussurro rotto dalle
lacrime.
Luc imprecò tra i denti dandosi dell’idiota. Non aveva
neanche iniziato e Al già aveva gli occhi lucidi.
«Riguarda il mio lavoro.»
La bionda si rilassò e tirò un sospiro di sollievo impercettibile.
Luc continuò. «Avrai notato che sono molto ricca.»
Al le lanciò uno sguardo eloquente. «Vedi quei soldi
derivano da, ecco vedi, io non sono brava con le parole. Sto per raccontarti
una storia. Forse alla fine di questa non mi vorrai più vedere.»
Luc sentì la sua mano stretta da quella di Al in un gesto di
conforto. «Questo non succederà.»
Affermò decisa.
Io non ne sarei così sicura.
«Io avevo un ragazzo un tempo, quando ero ancora adolescente.»
sentì la presa farsi più stretta.
«Lui era un bravo ragazzo, voleva diventare qualcuno nella vita,
andare via da questa città. Lui aveva un futuro. Si chiamava
Marcus. Io credevo che fosse il mio grande amore.» una lacrima
scese lungo la sua guancia, se l’asciugò in fretta con
un gesto nervoso.
Non si era mai sentita così debole e vulnerabile in vita sua.
«Nel mio quartiere c’erano molte bande di ragazzini che
si atteggiavano a grandi boss. Noi tentavamo di stargli alla larga
“meglio evitare i guai, ne abbiamo anche troppi a vivere qui”.
Lo ripeteva sempre. Comunque anche noi sapevamo come difenderci. Pensa
John mi ha insegnato a sparare quando avevo quindici anni.»
abbozza un sorriso amaro e poi continua, lo sguardo si sta facendo
pericolosamente lucido. Sente la presenza rassicurante da Allison
al suo fianco, ma non ha il coraggio di guardarla.
«Comunque un giorno ci troviamo nel mezzo di un regolamento
di conti. Ci fu una sparatoria e Marcus rimase ucciso nel tentativo
di proteggermi. Aveva diciannove anni.»
Al non riesce più a tenere a freno le lacrime. Sente il dolore
di Luc come se fosse presente nella stanza, e questo la fa stare male
ancora di più.
«Da quel momento non fui più la stessa. Cambiai totalmente.
Divenni malvagia. L’odio e la rabbia mi avevano fatto diventare
un mostro sanguinario. Entrai a far parte di un gruppo che terrorizzava
e commetteva atti di vandalismo gratuiti, e ben presto ne divenni
il capo. Avevo perso del tutto la strada. I tentativi di mia madre
e di John di farmi ragionare furono vani. Fu in quel periodo che mi
guadagnai il soprannome di Dea dei Ghiacci. Il mio nome terrorizzava
e divenni nel giro di un paio di anni una delle mercenarie più
ricercate del Paese. Poi un giorno mi arrestarono.
Quella fu la mia salvezza.»
Sente la gola secca, e gli occhi verdi della compagna gelidi sulla
sua schiena. Ingoia un sorso di vino e continua.
«Passai due mesi in prigione, avevo ventiquattro anni. Lì
incontrai un poliziotto, lui mi fece cambiare totalmente. Mi ridiede
la speranza. Decisi di cambiare, dovevo trovare un modo per redimermi
dal mio passato. Così decisi di aiutare la polizia quando si
ritrovava con le mani legate. Sono e rimarrò sempre una mercenaria,
ma ora accetto solo casi giusti. Che possano eliminare la feccia travestita
da esseri umani che vivono in questo mondo. A volte è la stessa
polizia ad affidarmeli. Non so se mi sono riuscita a spiegare.»
Non riusciva a credere che le aveva detto tutto, si sentiva leggera,
come se il macigno che portava sul cuore le fosse appena stato tolto.
Si decise a voltarsi verso Al, che non aveva emesso un fiato durante
tutto il racconto.
La trovò a fissarla intensamente con il viso inondato dalle
lacrime.
«Sei, sei una specie di cacciatrice di taglie.» balbettò,
era a dir poco sconvolta da quello che le aveva detto.
«Posso essere considerata anche quello. Ma la verità
è che sono un’assassina. Se uccido criminali come me
non conta niente.»
Al si stese sullo schienale e si poggiò stancamente una mano
sugli occhi, massaggiandoseli.
«Se non vuoi più vedermi capirò.»
Come se quell’affermazione l’avesse colpita come uno schiaffo
si sollevò di scatto.
«No! Quello che fai, ti rende speciale.»
Luc tento di ribattere, ma con scarso successo.
«Lascia parlare me ora. Tu stai lottando per i principi in cui
credi, fai tutto quello che puoi per aiutare questo mondo a risollevarsi.
Non importa come, lotti per una giusta causa. Aiuti le persone.
Tutti abbiamo un passato alle spalle. Questo ci è servito per
arrivare dove siamo ora. Forse il tuo destino era quello di provare
cosa fosse il male per poi riuscire a combatterlo.» concluse
con un sorriso a mezza bocca.
Luc ora piangeva apertamente, nessuno le aveva mai detto questo, forse
per la prima volta nella sua vita aveva la certezza di stare facendo
la cosa giusta. Non si sentiva più un’ombra, ma una persona
vera con uno scopo. Finalmente aveva uno scopo.
Voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma era pietrificata dalla sincerità
e dall’amore che quelle due pozze verdi le trasmettevano.
È questa allora la felicità?
«Sono rimasta comunque nell’ambiente. Comunque sono la
Dea dei Ghiacci.» afferma sicura. Vuole farle capire bene la
situazione, non vuole che fraintenda.
Un lampo passò negli occhi di Al, iniziò a ridere apertamente,
mandando Luc nella confusione più assoluta.
«Beh mia Dea, vediamo se riesco a farti sciogliere.»
Luc ebbe appena il tempo di registrare le parole di Al che si ritrovò
avvolta in un bacio dolce e incoraggiante.
Con un gemito roco intensificò il bacio e schiacciò
Al sul divano.
Si separò da lei per scrutare in quegli occhi verdi tutto il
desiderio e l’amore che provava.
Sorrisero entrambe, con la certezza che quella notte avrebbero fuso
per sempre le loro anime.
.
Luc passò delicatamente la mano sulla coscia, per poi risalire
sul fianco fino al collo, cercando di imprimere attraverso il tatto
le curve sinuose di quella figura. Un sospiro soddisfatto le lascia
la bocca quando sente Al tentare di si sbottonarle la camicetta. L’indumento
vola e Al si adopera a accarezzare con la lingua ogni centimetro di
pelle esposta. Le mordicchia un capezzolo attraverso la stoffa del
reggiseno, che si inturgidisce al contatto.
Inarca la schiena facendo aderire ancora di più i loro corpi.
Non sa come, ma anche la camicia di Al ora giace a terra accanto alla
sua.
Luc si blocca e la fissa con stupore, sembra un angelo.
Si rende conto di stare un po’ scomode sul divano e così
la solleva di peso e la prende in braccio.
Al allaccia le gambe dietro la sua schiena e le braccia attorno al
collo iniziando a baciarglielo sensualmente.
Luc deve fare appello a tutte le sue forze per non piegarsi sotto
quel tocco.
Si fionda in camera e la butta sul letto per poi crollare su di lei.
Ora si fa sul serio.
Accarezzandole la schiena sgancia il reggiseno che atterra sul pavimento.
Stuzzica con la lingua i capezzoli inturgiditi di Al, che geme di
piacere e inarca la schiena. Con studiata lentezza fa scorrere un
dito lungo la sua coscia fino a raggiungere il basso ventre. L’accarezza
sopra i pantaloni e Al quasi urla di piacere. Luc sorride soddisfatta
contro il suo petto.
Fa scendere la zip e con un gesto lento le toglie i jeans. Risale
con la lingua il contorno delle gambe, lasciando una scia umida che
la fa rabbrividire. Benché sappia che la sua compagna è
completamente pronta decide di continuare ancora un poco a stuzzicarla.
Si concentra sull’ombelico, simulando l’atto della penetrazione
con la lingua. Le mani di Al massaggiavano la testa in segno di apprezzamento.
Il respiro affannoso e le contrazioni del bacino le fecero capire
che non avrebbe retto ancora per molto.
«Luc…» quel nome pronunciato quasi come una supplica
ebbe il potere di mandarla fuori di testa.
Con un gesto secco le strappò le mutandine e la penetrò
con due dita, massaggiando con delicatezza il clitoride gonfio dal
desiderio.
Inarcando la schiena avvicinò i loro corpi. Il contatto tra
le loro pelli sudate e rese più sensibile dall’eccitazione
le fece fremere.
Un attimo prima che venisse Luc tolse le dita.
Al la fissò quasi con le lacrime agli occhi.
Stava sragionando. L’unica cosa che la sua mente confusa sapeva
era che se non avesse concluso il lavoro al più presto l’avrebbe
uccisa.
Luc sorrise vedendo l’espressione di Al. «Sei bellissima.»
disse con voce ansante e leggermente roca.
Con gli occhi lucidi, le guance rosse e l’evidente segno della
sua eccitazione che le colava tra le gambe, appariva agli occhi della
donna come la cosa più bella e preziosa del mondo.
Scese rapidamente e ritornò a stuzzicare il clitoride con la
lingua, alternando anche dei leggeri morsetti. Con un gemito profondo
sentì Al venire sotto il suo tocco esperto.
Risalì su di lei e la baciò con passione.
Con un movimento brusco del bacino Al ribaltò la situazione,
ritrovandosi seduta a cavalcioni sul ventre piatto della compagna,
che la fissavano con occhi brillanti dal divertimento.
«Ora tocca a me!»
Con la lingua andò ad insinuarsi sotto un punto che sapeva
essere sensibile alla base del collo. Un leggero morsetto e Luc si
irrigidì dal piacere che stava provando.
Decise di giocare un poco con i capezzoli che dritti la invitavano
a nozze.
Al sentiva le unghie di Luc penetrarle nella pelle. Questo non faceva
altro che aumentare la sua eccitazione.
«Oh si…»
Scese sulla pelle tesa del ventre e notò con piacere un piccolo
tatuaggio sulla destra.
«Carino.» passò la lingua a tracciarne i contorni,
abbassando contemporaneamente i pantaloni che rimanevano un grosso
impedimento.
Sentì Luc armeggiare per sfilarsi gli stivali, con scarsi risultati.
«Cazzo!»
Al ridacchiò. «Lascia, faccio io.»
Con un gesto fluido glieli tolse insieme ai pantaloni. Ora rimanevano
solo le mutandine.
Al sorrise maligna. Con la lingua la stuzzicò attraverso la
stoffa.
Luc inarcò la schiena in preda all’estasi.
Quando Al le tolse l’indumento e la penetrò piano, Luc
sentì il mondo svanire. Tutto ora ruotavano attorno a quelle
mani che la stavano facendo impazzire.
Con un urlo soddisfatto venne sotto di lei.
Al chiuse gli occhi e portò la testa all’indietro godendo
delle grida di piacere che stava provocando alla compagna.
Risalì per essere accolta nell’abbraccio di Luc.
Nell’aria l’odore di sesso era talmente intenso che ti
stordiva.
Al con la testa appoggiata alla spalla di Luc riprendeva fiato.
Era stremata e appagata in un modo che nemmeno lei sapeva spiegarsi.
Luc era nella stessa situazione.
Mai in vita sua aveva provato sensazioni così travolgenti.
Era stata travolta da una valanga di piacere.
Ora con il respiro di Al che le solleticava la pelle sudata si sentiva
completa.
Sono in Paradiso.
.
Scese un silenzio tranquillo che servì alle due per riordinare
le idee e riprendersi.
Al fu la prima a parlare.
«È stato meraviglioso.»
Luc sospiro soddisfatta. «Si. È stato diverso.»
La strinse ancora di più e le baciò i capelli dorati,
annusando quel profumo che le faceva perdere la testa.
«Amore?» mormorò Al.
Luc quasi pianse. Amore. Dubitava che si potesse essere più
felici.
«Dimmi.» la sua mano le carezzava dolcemente il braccio.
Si sollevò fissandola in quegli occhi cerulei che ora risplendevano
solo per lei.
«Ho fame.»
Luc si piegò verso il suo collo. «Sei insaziabile.»
«Non mi riferivo a questo.» disse inclinando il collo
da un lato obbediente.
«Mmm.» Luc già non connetteva più.
Con delicatezza la spinse giù stendendosi delicatamente addosso
e massaggiandole un seno con i polpastrelli.
«La cena…» tentò di articolare a fatica.
Ma Luc non le diede retta e la zittì con un bacio selvaggio
e umido, che fece perdere quel briciolo di controllo che aveva.
Con un gemito si lasciò andare, trasportata da quel flusso
di piacere intenso che partiva da basso ventre e si espandeva il ogni
cellula.
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Mezz’ora dopo erano sedute sul letto parzialmente rivestite
di due maglie larghe che Al usava per dormire e consumavano quella
che doveva essere la loro cenetta romantica sul letto, chiacchierando.
«Ma allora tu non hai una società?» chiese Al incuriosita.
Luc ingoiò il boccone e rispose. «Si, in effetti ce l’ho.
Mi serve come copertura. È una società di tipo informatico.
Io non ci capisco molto, do solo il nome. A tutto ci pensano Yoko
e Shiro. Sono due hacker, formidabili. Mi passano anche le informazioni
necessarie.»
«Incredibile. E i guadagni?» continua sperando di non
sembrare indiscreta.
Luc risponde quasi con indifferenza. «Quei due sono talmente
abili che la società fattura ogni anno una cifra astronomica.
Non saprei nemmeno contarli tutti quei soldi. Il settanta percento
va a loro e il resto lo do in beneficenza. Come vedi i soldi non mi
mancano.»
«Fai anche beneficenza! Sei proprio perfetta.»
«L’adulazione ti porterà lontano!» dice con
ironia, prendendo un altro boccone.
Al ridacchia e poi guarda l’orologio. Mezzanotte.
«Resti a dormire qua stanotte?»
«Se ti fa piacere.»
«Perfetto!» si accoccola meglio sul petto di Luc, che
la stringe.
«Così domani andiamo a fare un giro.» aggiunge
già pregustandosi ogni attimo.
«Mi dispiace, ma domani devo andare a lavoro.» mormora
dispiaciuta.
Luc aggrotta le sopracciglia contrariata. «Credevo che le scuole
fossero chiuse a Natale.»
«Tesoro, manca un mese a Natale.»
Luc la fissa. «Allora io ho avuto il mio regalo in anticipo.»
Al ha gli occhi lucidi.
Che dolce.
Le da un bacio leggero, e poi con una mano spegne la luce dell’abat-jour
facendo calare la stanza nel buio. Solo il leggero riverbero delle
luci della città e della luna, che quella notte splendeva in
tutta la sua magnificenza, testimone delle promesse silenziose suggellate
con baci di fuoco.